Quando l'arte scende in strada

Quando l'arte scende in strada «Quadri in vetrina»: a Ferrara 40 dipinti escono dalle sale del museo Quando l'arte scende in strada A passeggio tra Boldini, Metti e De Pisis I FERRARA «quadri in vetrina» tirano, sono riusciti a richiamare la gente al museo. A Palazzo Massari, galleria civica d'arte moderna, c'è soddisfazione, da 5 visitatori al giorno si è passati ad una media di 60, con punte di 140. Nella biglietteria, dove si allineano cataloghi di vecchie mostre accanto ad un quaderno zeppo di firme fresche, c'è movimento, entusiasmo: «Non si vedevano tante persone da anni». «Ma è solo l'inizio», spiega nel suo ufficio a pochi passi Andrea Buzzoni, vicedirettore e promotore della insolita iniziativa appoggiata dalla Amministrazione comunale e dalla Soprintendenza, quella di esporre una quarantina di prestigiosi dipinti di Palazzo Massari, dell'800 e '900, nelle vetrine dei negozi e nei luoghi pubblici (16 settembre - 29 ottobre). «Ci saranno altri interventi, una serie di conferenze di grandi specialisti sui pittori esposti. Inoltre il Comune si è assunto l'impegno della schedatura e del restauro delle opere del museo, del censimento delle fotografie e dell'elaborazione di due grandi progetti (restauro dell'edificio e creazione di un grosso polo museale, che colleghi i quattro Palazzi Massari, dei Diamanti, Prosperi e Caserma Bevilacqua), che saranno presentati al Fio per un finanziamento il prossimo autunno». Insomma, l'idea di mettere i quadri in vetrina ha smosso le acque. Forse a prima vista discutibile, è stata a lungo meditata: si trattava di ritrovare il rapporto tra città e museo in un Paese, come il nostro, dove pullulano le mostre, ma i musei, salvo eccezioni, giacciono in stato precario: ricchi i tesori che vanno in malora, con pochi quattrini, disertati dalla gente, considerati quasi inutili. «Come si fa a far capire che sono invece l'unico mezzo per far conoscere la storia artistica di una città?». E Ferrara ha una grande tradizione in questo senso: i maestri del '400 e '500, da Cosmé Tura a Ercole de' Roberti, da Mazzolino a Dosso, con i colori smaglianti e metallici, i paesaggi trasparenti, sono tra i più affascinanti del Rinascimento, immortalati da Longhi nelle pagine dell'«Officina ferrarese». Questa tradizione la città se l'è portata dietro, in sordina, sino all'800 e '900, quando è riemersa prepotente con pittori come Boldini, De Pisis, Previati. Funi, Melli, Mentessi e Bonzagni. Diversi tra loro, ma accomunati dalla cultura del passato, dai legami storici con l'arte veneta, da un certo tipo di percorso tra Firenze, Parigi e Milano, dalla luce e dal colore magici. Artisti noti, ma non sempre apprezzati quanto meritano. A Boldini, ad esempio, sono state dedicate recenti mostre, libri (Piero Dini, Boldini Macchiatolo. 156 disegni di Casa Banti, Allimandi 1989), ma agli occhi della gente passa ancora per un pittore della «Belle Epoque». E' invece un artista complesso, ricchissimo, dalle tematiche varie: non solo donne chic ma paesaggi che sono veri e propri stati d'animo, ritratti psicologici, nature morte dai tagli audaci ed inediti sino agli schizzi informali vicini a Turner. Lo dimostrano le oltre dieci sale di Palazzo Massari (in parte inagibili) dedicate all'artista, che raccolgono alla rinfusa decine di oli ed acquerelli, incisioni, disegni (da un fondo di oltre 900), della collezione Boldini, dai primissimi autoritratti al periodo macchiaiolo alle esperienze parigine. Ed intere casse di documenti — l'archivio completo — «mai consultati». «Potrebbero rivelare il vero artista, invece servono soltanto come riserva per mostre», sottolinea Buzzoni di fronte ad uno straordinario «Notturno a Montmartre». «De Pisis, poi, è noto agli specialisti, ma chi tra il pubblico conosce i suoi capolavori ferraresi?». Poca attenzione per i luminosi dipinti «neoquattrocenteschi» di Melli (1885-1958), i paesaggi brumosi di Mentessi (1857-1934), i personaggi emarginati di Bonzagni (1887-1918, tutto da scoprire), i volti intensi e sospesi di Funi (1390-1972), gli angeli preboccioniani di Previati (1852-1920), che sfilano tristi nelle sale ottocentesche. A rappresentarli nelle strade di Ferrara sono stati scelti pezzi tra i meno noti, ma significativi, illustrati da brevi didascalie e da un dépliant con le biografie degli artisti che viene distribuito ai passanti. Un percorso curioso, fatto per illuminare al di fuori dei clichés. Eccoci nel centro della città, a due passi dal Castello, tra case rosse «metafisiche» e atmosfera autunnale. Su, per la lunga scala del Municipio, nel gran salone proprio di fronte alla porta del sindaco, il primo incontro: «Il piccolo Subercaseuse» di Boldini, del 1921, un bambino smilzo ed elegante, che guarda con gli occhi neri al di fuori della cornice, uno dei più bei ritratti dipinto dopo aver ammirato Goya, Velàzquez, El Greco, in Spagna con Degas. Lungo il Duomo imponente e rosato, attraverso bancarelle piene di libri arriviamo ad un vicolo medievale dal nome pomposo «Contrada Bersaglieri del Po - Canonica». Lì, dietro le vetrine dei negozi, protetta da vetri infrangibili, è raccolta la maggior parte dei dipinti, con tutto il suo fascino. A dominare è Boldini, il più rappresentato anche a Palazzo Massari. I quadri appartenevano alla collezione del pittore acquistata dal museo ferrarese negli Anni 60. «L'uscita da un ballo mascherato a Montmartre» del 1874 si staglia piccolo e prezioso nella vetrina di un ottico, un colpo di pittura impressionista dei primi anni parigini, che ci porta nel brio della grande città. Di fronte, in un negozio di abbigliamento, la splendida «Si- gnora nello studio di un pittore di fronte al proprio ritratto» del 1888-89 rivela un artista raffinato, che della tumultuosa e brillante metropoli coglie tutti gli echi, anche il simbolismo. Poi i paesaggi veneziani, il «Molo di San Marco» del 1907 circa e le «Gondole ormeggiate» del '10 con quei legni appuntiti simili ad ali di rondini cadute in mari verdi e azzurri: un'interpretazione moderna delle vedute settecentesche sulla scia del pittore romantico inglese Turner. Bellissime le «Nature morte» con mele gialle e verdi, o con selvaggina, colte «in lampi di vita fuggevole» per dirla con Soffici o ridotte a linee e materia pittorica grigia, che sbucano qua e là tra calzini e pezzi di stoffa. Ad un incrocio, Boldini stesso in un autoritratto del 1911, imperioso ed indagatore, sembra scrutarci e, chissà, rimproverarci. Qualche passo avanti, tra gli orologi di Carrier, una minuta «Piazza San Marco a Venezia» ( 1888) di Mentessi, è carica di atmosfera, impregnata di vedutismo veneziano del '700, quasi in contrasto con l'aria di Ferrara. «La sorella» di Funi ricorda, severa, da un'oreficeria, che nel 1921 c'era chi si sentiva moderno riprendendo i maestri del '400. A darle una. mano in questo senso ecco subito un «Autoritratto» del 1933 di Melli, il sognatore di Piero Della Francesca. Lungo la via compare De Pisis, con le strade parigine del '38, tutte fremiti di luce, le nature morte del '43, interni pieni di angoscia come quello di Villa Favorita del 1951, dove l'artista malato passa gli ultimi anni. Ecco, in quattro linee, il tavolo, la finestra, la pipa. Una sorpresa è Aroldo Bonzagni, pittore dalla vita breve ed intensa, vissuto tra Ferrara e Milano, partecipe di vari movimenti d'avanguardia, dai futuristi alla «pittura e scultura rifiutata». Il «Ritratto di Lina Poretti de' Stefani» del 1913, quasi aggressivo dietro il vetro, con la sua forte espressività si stacca dal ritratto tradizionale. Il «Bonalumi pensieroso» riflette invece il mondo degli emarginati della periferia milanese e l'interesse dell'artista per la realtà sociale, trattati con ironia e finezza nelle caricature sull'«Avanti!». Altra tappa, corso Giovenca, a schiacciare il naso contro il vetro della banca per vedere i «Fiori» di De Pisis. Infine, per via Romei, sino alla Comunità israelitica, come si legge sulla vecchia porta. Lassù, in una tipica stanza scura da ghetto ebraico è arrivato un fiotto di luce chiarissima, una «Composizione di oggetti» di Melli, vasi e bottiglie pieni di pennelli, del '34. Strana sensazione: quei dipinti dentro la vita sembrano le anime dei pittori scese per un attimo tra noi. Forse sono loro che ci guardano. E chissà, rivedendoli al museo, li tratteremo con maggior rispetto. Maurizia Tazartes Due dipinti di Giovanni Boldini: «Paesaggio con pino marittimo» ( 1915) e, più sopra, «Il molo e S. Marco a Venezia» (1907) «Autoritratto» di Roberto Melli (1933)