Quaderni pieni di paura

Quaderni pieni di paura Come i ragazzi vivono quotidianamente l'Intifada: l'incubo degli spari, la minacciosa presenza dei soldati israeliani Quaderni pieni di paura A Roma i disegni di bimbi palestinesi ROMA. Sono sassi: tutti i disegni sono pieni di sassi. Anche di bandiere. Righe una di fianco all'altra: rosso, nero, bianco, verde. Sagome a terra, di caduti. Inferriate. Case che crollano. Copertoni incendiati. «Quando tornano all'asilo dopo settimane di coprifuoco, bisogna assolutamente fare in modo che esternino paure, incubi, fantasmi», spiegano i maestri. E' nata così, la mostra «I disegni e le foto dei ragazzi dell'Intifada», che si apre oggi nella sede dell'Accademia d'Egitto. Un'ospitalità significativa, in un momento che vede l'impegno della diplomazia egiziana per la pace in Medio Oriente. Prima di arrivare in Italia, questi fogli hanno viaggiato per 3 mesi, trasportati a mano, clandestinamente: «via Turchia», rispondono senza aggiungere altro Marisa Musu e Sergio Tavassi, presidente e segretario nazionale del Coordinamento genitori democratici, che ha curato l'iniziativa. La rassegna (a Roma per una settimana) è nata come itinerante, destinata ad ampliarsi con altro materiale; ai disegni, si affiancano le fotografie di Patrizio Esposito, Sergio Ferraris, Rino La Rocca e Maurizio Torti. Tutti al di sotto dei 6 anni, coloro che hanno disegnato la loro realtà e i loro giochi. «Il» gioco è diventato a «palestinesi e israeliani»: nel ruolo dei soldati, sempre i più piccoli; a mano a mano che crescono, lo ri- fiutano. Cadenze sempre uguali: i piccoli fingono di sparare, i grandicelli li accerchiano e fingono di picchiarli, poi li lasciano andare. Una maestra ha chiesto perché. «Perché le prigioni le hanno solo gli israeliani; i palestinesi, no», è stata la risposta. C'è il quotidiano rischio prima di tutto fisico, per questi bambini. Nelle aule e nei cortili delle loro scuole, raccolgono bossoli di lacrimogeni, pallottole di gomma con interno in metallo, biglie di vetro pieno. A tanti quelle armi hanno spezzato la vita. Tanti altri sono rimasti paralizzati, accecati, mutilati. Pazienti che stipano gli ospedali, a Nablus per esempio. Poi c'è il quotidiano richio psicologico. Musu, giornalista, e Tavassi, ingegnere informatico, hanno a lungo parlato con alunni e educatori palestinesi. «Bisognerebbe poter intervenire con urgenza, per evitare, fra 10 o 15 anni, una generazione di adulti imbevuti di una violenza ingovernabile», dicono. Un'associazione assistenziale per la prima infanzia ha cercato di studiare i segni lasciati da 22 mesi di Intifada sui bimbi dai 4 ai 6 anni delle scuole materne di Hizma, Shu'fat, Hebron, Sa'ir. Prima, alla richiesta di elencare dei rumori, rispondevano «il clacson di un'auto», «l'abbaiare di un cane», «le grida di un venditore ambulante». Adesso, «i lacrimogeni», «una fucilata», «delle raffiche di mi- tra». Prima, a suscitare maggiore paura erano «i cani», «gli animali feroci», «il buio». Adesso, «i soldati israeliani», «i coloni». Pochi colori, in questi disegni. Forme irregolari, cupe e chiuse, esseri umani senza faccia, con piedi e mani enormi. Un altro tremendo risultato hanno avuto questi 22 mesi di furia distruttiva: disegni e ricerche di insegnanti rivelano che, oggi, bambini non riescono più a vedere gli israeliani quali individui, persone singole che possono evidentemente essere buone o cattive, simpatiche o antipatiche, generose o crudeli. Adesso li vedono come aggressori, tutti, indistintamente. Negli asili, trova posto al massimo l'8% dei piccoli. Né certamente il personale è specializzato; per lo più, casalinghe che badano anche ai figli dei vicini, ragazzi che hanno appena finito il liceo. Le chiusure ordinate dagli israeliani per tutte le scuole sono frequenti. Poi ci sono anche i frequenti periodi di coprifuoco. A impartire un minimo di nozioni provvede un'organizzazione capillare, a piramide: gli adulti che insegnano ai più giovani, e gli universitari ai liceali, i liceali ai ragazzini delle medie, questi ultimi ai bambini delle elementari. Ma sono tutti corsi clandestini, con la relativa precarietà: si rischia l'arresto, la sospensione, il licenziamento. Ornella Rota v li ■A Un disegno esposto a Roma: una bambina picchiata dai soldati israeliani piange mentre alza una bandiera palestinese

Persone citate: Marisa Musu, Maurizio Torti, Musu, Ornella Rota, Patrizio Esposito, Rino La Rocca, Sergio Ferraris, Sergio Tavassi, Tavassi

Luoghi citati: Egitto, Italia, Medio Oriente, Roma