Nyers ricuce il psu, ma è solo tregua
Nyers ricuce il psu, ma è solo tregua Budapest: al presidente, eletto quasi all'unanimità, le felicitazioni di Gorbaciov Nyers ricuce il psu, ma è solo tregua Via falce-martello, sulle tessere esordisce il garofano BUDAPEST DAL NOSTRO INVIATO Il neonato partito socialista ungherese è sopravvissuto allo scontro tra la «destra» e la «sinistra» e un faticoso compromesso ha chiuso il congresso straordinario che inaugura la nuova Ungheria. Da ieri sera il psu non è solo un'intenzione. Ha un presidente, Rezo Nyers, che ha detto di aver già ricevuto un telegramma di felicitazioni di Gorbaciov, eletto praticamente all'unanimità (9 contrari; molti delegati di area cadarista hanno disertato la votazione). Ha un candidato ufficiale per le elezioni della presidenza della Repubblica, Imre Pozsgay (che può contare anche sul consenso del maggior gruppo dell'opposizione, il forum democratico), uno statuto e un Manifesto. Con queste armi il psu affronterà adesso l'offensiva degli orfani del defunto partito comunista, decisi a non lasciare il campo: e neppure le sedi, gli uffici, i telefoni, il nome appartenuti al Posu. Un regime nato 41 anni fa non esiste più: ma il sistema democratico che dovrà sostituirlo non è stato ancora strutturato. In questo rischioso interregno l'apparato del Posu, ufficialmente 4500 impiegati e funzionari, in realtà molti di più, è ufficialmente disoccupato. Palazzi e dacie che il partito comunista «acquisì» dallo Stato o rapinò ad altre forze politiche saranno restituiti. Le 720.000 tessere intestate al vecchio partito dovranno essere stracciate: anche se gli iscritti che continuano a considerare in vita il vecchio Posu sono almeno decine di migliaia. Le nuove tessere, con uno stemma ancora da definire (è stato proposto il garofano) saranno stampate in fretta, perché entro il 31 ottobre il psu si propone di contare i propri iscritti; vogliono contarW anche gli ortodossi, per capire quale futuro avrebbe una riedizione del Posu. Proprio questo rischio, in definitiva, ha ricondotto all'unità, ieri sera, le due anime del parti¬ to socialista. Una, interpretata da Imre Pozsgay, leader dei radical-riformisti, e dal presidente del Consiglio, Nemeth, orientata verso i partili socialisti europei più lontani dalla loro origine marxista. L'altra, di cui Nyers ha assunto la guida durante i lavori del congresso, è una costellazione di gruppi, il più forte dei quali, definitosi dei «democratici popolari», si richiama all'eredità del comunismo riformista occidentale, da Marx a Gramsci, a Lukacs; e progetta di appaiare all'iniziativa privata forme di impresa in cui gli operai siano anche azionisti. Inoltre «destra» e «sinistra» hanno un diverso atteggiamento rispetto al passato. Mentre la «destra» è per la rottura totale con tutti i simboli del defunto regime, Nyers ò più cauto, e sembra cercare un compromesso con la base «tradizionalista» dell'ex Posu. Gli uni e gli altri sono comunque d'accordo sulla necessità di estromettere i quadri più compromessi col kadarismo. Uno degli strumenti sarà il «comitato etico», che però ha un mandato vago. Di fatto la «questione morale» è un'arma molto difficile da impugnare per un partito in cui quasi tutti i leader, di «destra» o di «sinistra», hanno avuto un qualche ruolo durante l'era di Kadar (su questo versante Nemeth e Pozsgay son'o comunque molto meno esposti degii altri, a cominciare da Nyers). Trovare un accomodamento tra queste due anime già ieri sera non si è dimostrato facile. Le prime avvisaglie di un possibile scontro risalgono a domenica, quando Nyers ha condotto il congresso a bocciare una proposta appoggiata da Pozsgay per lo smantellamento delle strutture del vecchio Posu nelle fabbriche (la questione comunque rimane aperta). C'è stato bisogno di una riunione segreta del quadrumvirato che conduceva il congresso (Nyers, Pozsgay, Nemeth, Horn) per sanare i contrasti che stavano lacerando il neo-partito e concordare una lista unica per i candidati agli organismi di vertice. Ma questa segretezza ha irritato i peones, che con una maggioranza di due terzi hanno imposto ai «quadrumviri» di spiegare all'assemblea i motivi per i quali stavano litigando. E' iniziata così, nel pomeriggio, una lunghissima e concitata seduta a porte chiuse, conclusa dopo sei ore. Durante il dibattito ad un certo punto uno dei pochi delegati di area kadarista rimasti in aula avrebbe gridato polemicamente all'indirizzo dell'oratore in quel momento sul palco: «Il Posu non è morto, vive ancora». E probabilmente proprio la certezza che lo scontro con gli «ortodossi» non è concluso ha indotto la maggioranza a ritrovare, infine, l'unità. Le questioni più spinose (scioglimento della milizia del partito, con quali modalità ridistribuire il patrimonio che non deriva dalle quote degli iscritti, e la presenza delle cellule nelle fabbriche) saranno risolte comunque in un secondo tempo.
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