Calmi i tifosi, si picchiano i giocatori di Gian Paolo Ormezzano
Calmi i tifosi, si picchiano i giocatori Il calcio cerca di difendersi dalla violenza: domenica scontri persino tra gli azzurri Calmi i tifosi, si picchiano i giocatori Risse in campo, sospesi quattro arbitri troppo tolleranti Ieri l'altro a Roma nella partita calcistica del giorno, Roma-Napoli, calciatori irrorati di nostro denaro si sono picchiati come rissaioli da poche lire. La posta in palio era grande ma non enorme, e i pestaggi sistematici, nonché tollerati dall'arbitro, sono stati attribuiti a quell'assoluto innaturale che è il campionato: ormai così teso, così carico di significati, di istanze, di urgenze, che la drammaticità è la norma, e la volta che tutto fosse tranquillo ci slogheremmo le mascelle per la noia. Questa è la tesi di Campana, presidente dell'Associazione Calciatori, da noi intervistato in altra parte del giornale. Altro che calcio da intendere come un gioco, secondo l'atteggiamento da «Vispa Teresa» di qualcuno. In una domenica di pausa relativa (ma non a Roma) della violenza sugli spalti e fuori degli stadi, ecco la violenza in campo, e anzi sul terreno del piccolo stadio Flaminio, dove gli spettatori, incombenti sul terreno di gioco, possono vedere tutto bene. Altre violenze sono state segnalate altrove, e il troppo tollerante arbitro di Roma, Magni, insieme con quello di Udine, Luci, sarà sospeso, seguendo in questo destino meritato, e anzi voluto, i colleghi Di Cola e Lanese. A parte Magni, il destino degli altri tre fischietti è legato ai duri interventi di Garella, il portiere dell'Udinese diventato, pare, un mister Hyde del pallone, un cattivone sempre identificato ma non bloccato. Matarrese presidente federale interverrà anche sugli uomini della Nazionale, venerdì a Bologna, vigilia di Italia-Brasile, visto che a Roma ci sono stati calcioni pure fra quelli del Club Italia, il partito azzurro, trasversale ma nobile, voluto dal commissario tecnico Vicini in vista di Italia 90. L'allarme c'è, e si sente. La partita di Roma è stata allacciata alla vergognosa seconda finale di Coppa Italia, giocata alla conclusione della scorsa stagione, fra Sampdoria e Napoli. La lotta alla violenza sugli spalti e fuori dagli stadi — lotta condotta con l'impiego domenicale dimigliaia di agenti e carabinieri, privati del diritto al riposo — rischia di essere vanificata, se i bipedi miliardari, in campo, offrono certi esempi all'incontrario. La demonizzazione soltanto dei calciatori è un errore, sia chiaro, ma l'indulgenza sarebbe un errore peggiore: e più che mai adesso. Riassumendo: lo sdegno c'è, qualche provvedimento concreto viene preso in queste ore, qualche altro arriverà più avanti: forse la squalifica di S. Siro per le intemperanze a Cremona dei tifosi del Milan, i quali hanno colpito con una mone¬ tina l'arbitro Longhi in faccia. Il presidente Matarrese ha anche convocato Labate, il capo dell'ufficio-inchieste della Federazione: l'accusa, un rapporto troppo blando sugli striscioni pro-violenza e sui cori razzisti di Verona. Di qui l'impossibilità di intervenire sulla base di un'istruttoria incompleta, con pene più severe dei 40 milioni di multa alla società scaligera, «torturata» dai teppisti che pure dicono di tifare per i suoi colori. Lo sdegno c'è, la paura anche. Ma erano tutte cose annunciate, con un campionato a diciotto squadre, serratissimo di tempi e fittissimo di motivi, con tante Coppe, con atleti indigeni e stranieri impegnati a non perdere un colpo (e casomai a darne tanti) per far parte del grande gioco mondiale, prossimamente qui. Gian Paolo Ormezzano
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