Ceramica, è l'ora dei colossi di Valeria Sacchi

Ceramica, è l' ora dei colossi Dopo una stagione di acquisizioni emergono tre grandi gruppi: Marazzi, Iris e Zanoni Ceramica, è l' ora dei colossi Passata la crisi ritorna il boom di Sassuolo nel mondo MILANO. Anche a Sassuolo va di moda la concentrazione. La scorsa settimana Filippo Marazzi, presidente e padrone del gruppo omonimo, ha annunciato di aver comperato le Ceramiche Ragno, un impegno valutato 150 miliardi e nel quale Gemina ha agito da sostegno finanziario e merchant bank. Il gruppo Marazzi balza così da 260 a 450 miliardi di fatturato, tanto da firmare una pubblicità a piena pagina dal titolo «Marazzi da oggi la più grande realtà italiana nel settore delle piastrelle». In realtà, a Sassuolo, come fatturato di gruppo rimane in testa Iris, che chiuderà l'89 con un consolidato di oltre 500 miliardi. Ma il consolidato Iris contiene il fatturato Maffei (azienda mineraria quotata in Borsa), mentre il fatturato Marazzi è «solo di piastrelle». Le operazioni Marazzi-Ragno e, prima ancora Iris-Maffei, non sono isolate. Tre mesi fa ha cambiato proprietà anche la Cisa Cervida, terzo gruppo in graduatoria con un fatturato di 250 miliardi: è passata ad azionisti che fanno capo alla famiglia Zanoni, già proprietaria delle Ceramiche Smov. E recentemente Acif (fatturato 40/50 miliardi) è entrata nell'orbita di Emil Ceramica (120/130 miliardi, famiglia Sassi). Del resto il presidente di Assopiastrelle, Antonio Camellini, ha detto di prevedere, nel futuro prossimo, un «processo di concentrazione in pochi gruppi di grandi dimensioni, e l'emergere di piccole aziende innovative a caccia di nicchie di mercato». Tutto questo fermento nasce da una stagione di vero e proprio boom. Superata la crisi, l'industria italiana della piastrella ha registrato un 1988 da primato: 386 milioni di metri quadrati di piastrelle, un fatturato di 4550 miliardi di cui oltre il 51% all'esportazione, e la conferma di essere un polo incontrastato, con il 30% della produzione mondiale. Tra i segreti del successo: un fortissimo impegno di investimento (540 miliardi nel 1989, pari all'I 1% del fatturato globale), una ricerca sofisticata, un target qualitativo sempre più alto. Nonostante le molte cose in comune, i grandi gruppi di Sassuolo mantengono caratteristiche ben distinte. Le strategie di crescita dei due leader, Marazzi e Iris, sono assai diverse. Marazzi affianca, a sette stabilimenti in Italia, due unità produttive all'estero: in Spagna (vicino a Valencia) e negli Stati Uniti (Dallas). Entrambi gli stabilimenti sono stati costruiti direttamente dalla Marazzi negli Anni Ottanta, per poter garantire la tecnologia della casa madre (come il brevetto della monocottura). Così oggi, pensando ad un rafforzamento della presenza su alcune aree, co- me quella del Pacifico, i progetti di Marazzi puntano non soltanto al rafforzamento dell'export e della rete di servizi ma esplorano possibili alleanze con produttori locali, soprattutto nel Far East. Diametralmente opposta la filosofia di Iris: il gruppo che fa capo a Romano Minozzi produce solo a Sassuolo, poiché ritiene che nella terra natale esista una «professionalità» della piastrella che non è esportabile. Se mai, Iris punta al controllo della materia prima. Per questo motivo è stata acquistata la Maffei, che estrae le crete adatte per le ceramiche di alta qualità ad alta temperatura. Proprio nei giorni scorsi, in Sardegna, la Maffei ha aperto due nuove cave. Iris, quindi, ha un indice di esportazione altissimo: il 71% del fatturato su 71 paesi. Valeria Sacchi