Shamir boccia il piano Mubarak di F. A.

Shamir boccia il piano Mubarak Peres rimane al governo ma si dissocia dal premier (e accetta l'invito di Gorbaciov) Shamir boccia il piano Mubarak «Non possiamo trattare con gli uomini Olp» TEL AVIV NOSTRO SERVIZIO Il gabinetto ristretto israeliano ha respinto ieri il progetto del presidente egiziano Hosni Mubarak di organizzare il mese prossimo al Cairo un incontro con una delegazione palestinese per discutere le modalità di elezioni politiche in Cisgiordania e a Gaza. Ha tuttavia confermato ancora una volta il proprio impegno a portare avanti l'iniziativa di pace approvata dal governo di unità nazionale nel maggio scorso e ha implicitamente incoraggiato gli Stati Uniti a formulare proposte atte ad avvicinare le posizioni israeliane e quelle degli arabi. Al termine della seduta i ministri laboristi, che pur avendo votato in blocco a favore delle proposte egiziane non sono riusciti a far approvare la loro mozione, hanno accusato il premier Yitzhak Shamir di «aver respinto il gesto di buona volontà dell'Egitto» e di lasciarsi ancora una volta sfuggire un'importante occasione per mettere in moto il processo di pace nella regione. Il leader laborista Shimon Peres ha però evitato di minacciare un'immediata crisi di governo. Nel corso del dibattito, protrattosi per due giorni, Shamir e altri ministri del Likud hanno accusato Mubarak di voler in effetti fare incontrare la delegazione israeliana con esponenti palestinesi scelti dall'Olp. «Non possiamo certo trattare con questa organizzazione — ha ricordato il ministro Moshe Nissim — non solo per il suo carattere terroristico ma anche perché il suo obiettivo minimo è la costituzione di uno Stato palestinese indipendente che metterebbe a repentaglio la nostra sicurezza». Invano i laboristi Peres e Rabin si sono sforzati di convincere i loro colleghi di governo che la proposta egiziana consentiva ai palestinesi dei territori occupati di incamminarsi lungo la strada indicata nell'iniziativa di pace israeliana, e che comunque Gerusalemme poteva impedire l'inclusione nella delegazione palestinese di esponenti dell'Olp. Ieri, al termine della seduta del gabinetto ristretto, Peres ha invitato i ministri laboristi a perseverare nella ricerca della pace. Occorrerà verificare infatti se esista la disponibilità americana a una mediazione, preannunciata nei giorni scorsi dal segretario di Stato James Baker al suo omologo israeliano Moshe Arens; a novembre bisognerà poi attendere l'esito della missione di Shamir negli Stati Uniti e della importante visita a Mosca — la prima di un ministro israeliano negli ultimi 22 anni — dello stesso Peres (il quotidiano laborista «Davar» ha rivelato ieri che è anche in programma un incontro con Michail Gorbaciov). I laboristi accusano comunque apertamente il premier Shamir di aver sacrificato l'interesse del Paese a quello del suo partito, il Likud, in cui la corrente dei «falchi» continua ad avere un peso determinante. Ariel Sharon, ha ricordato che «Israele potrà raggiungere un accordo con gli arabi solo a condizione che sia prima riuscito a soffocare del tutto le manifestazioni di violenza nei territori occupati». Ma, a quasi due anni dall'inizio, l'Intifada non accenna a perdere intensità. Da due giorni la Cisgiordania e Gaza sono paralizzate da uno sciopero generale indetto dal comando clandestino della rivolta per inasprire la lotta contro l'occupa¬ zione. Nonostante le autorità abbiano imposto estesi coprifuoco preventivi, lo sciopero (che durerà altri tre giorni) è stato accompagnato da violenti scontri in cui due palestinesi sono stati uccisi da soldati. Reparti militari hanno isolato fra l'altro Betlemme e la vicina cittadina cristiana di Beit Sahur, da mesi impegnata in una tenace campagna di disobbedienza civile basata sul rifiuto di pagare le tasse pretese dal governo militare che, secondo gli abitanti, sarebbero in contrasto con il diritto internazionale. Nelle ultime settimane Beit Sahur si è venuta a trovare al centro di un braccio di ferro fra le autorità di occupazione e la direzione della rivolta. I lunghi coprifuoco e i ripetuti «raid» degli agenti del fisco hanno portato alla requisizione di automobili, macchinari, mobili e anche masserizie per un valore di centinaia di milioni, ma non hanno apparentemente spezzato la volontà della popolazione. Ieri sette consoli di Paesi europei a Gerusalemme Est (fra cui l'italiano Marino Fieri) che intendevano recarsi a Beit Sahur per rendersi conto della situazione con i propri occhi sono stati fermati all'ingresso di Betlemme da un posto di blocco dell'esercito israeliano. Un ufficiale li ha informati che non potevano entrare nella zona in quanto era stata chiusa «per motivi operativi». [f. a.]