«Intoccabili i confini tedeschi» di Emanuele Novazio

«Intoccabili i confini tedeschi» Fermo discorso del Presidente sovietico, Honecker non fa concessioni «Intoccabili i confini tedeschi» Gorbaciov: ma le riforme vanno fatte BERLINO EST DAL NOSTRO INVIATO Il messaggio di Michail Gorbaciov non poteva essere più chiaro, pur con una formulazione cauta, attenta alle sfumature della diplomazia: i confini tedeschi non si toccano, pena la destabilizzazione dell'Europa. Mosca sosterrà quindi il suo importante alleato, anche se tra le misurate parole del capo del Cremlino le condizioni non mancano: la Ddr, guardiano della tradizione, dovrà imboccare quella strada delle riforme già inaugurata da Mosca. «Conosciamo molto bene i nostri amici tedeschi, conosciamo le loro capacità, sappiamo come imparano dalla storia e come sanno progettare la politica e fare correzioni, se necessario. Abbiamo fiducia in loro», dice Michail Gorbaciov alla piccola folla che lo assedia davanti al monumento alle vittime del militarismo e del fascismo, sulla Unter den Linden grigia di pioggia incombente. «Chi prende impulso dalla vita e dalla società e sulla vita basa la sua politica, non deve aver paura delle diffi¬ coltà». Il Presidente sovietico è appena arrivato da Mosca per la festa dei 40 anni della Repubblica Democratica Tedesca, e l'esordio di un viaggio annunciato da tanti imbarazzi pare un richiamo all'ordine, uno schiaffo quasi, per l'ospite Honecker arroccato al passato, ostile alla perestrojka, diffidente delle riforme avviate al Cremlino: «La cosa più importante — insiste Gorbaciov — è che i cittadini devono decidere da soli». Invece, il realismo del Presidente sovietico si afferma poco più tardi, nella cerimonia solenne al «Palast der Republik»: davanti a Honecker, davanti ai dignitari del comunismo mondiale e a qualche «eroe popolare» come Ortega o Arafat, Gorbaciov ha letto un discorso molto più cauto, più attento alle suscettibilità del regime. Una copertura, quasi, colma di elogi per i successi, «i grandi progressi» e «le profonde trasformazioni economiche e sociali» di questo Stato-bastione del blocco orientale. «Nulla potrà minare la solidarietà e la fiducia fra i nostri due Paesi e i nostri partiti fratelli», ha detto per esempio Gorbaciov fra gli applausi. Oppure: «Esistono le condizioni per un nuovo slancio alla nostra collaborazione», dal momento che già «un tedesco su due e milioni di sovietici sono direttamente coinvolti in essa». E ancora: «Questi quarant'anni hanno provato che la Ddr è un Paese amico e un alleato sicuro e fedele... Oggi possiamo dire che le nostre speranze si sono realizzate». Senza mai grandi slanci in favore del riformismo all'interno del blocco, senza espliciti riferimenti al travaglio del nuovo, a parte un solido plauso alla «democratizzazione» e alle «riforme che rinnovano la società sovietica», da leggere dunque come un messaggio cifrato per l'ultimo regime stalinista d'Europa, Gorbaciov ha piuttosto badato all'enfasi nelle garanzie per l'alleato, impegnato in un'aspra denuncia delle «strumentalizzazioni» di Bonn alla grande fuga dei suoi cittadini: «Ogni volta che si è tentato di cambiare la carta geografica dell'Europa, si sono corsi dei rischi», ha detto per esempio; l'ordine uscito dalla seconda guerra mondiale «ha garantito la pace in Europa»; «Le riforme in Urss spingono qualche politico occidentale a rispolverare vecchie esigenze sulle frontiere», e c'è perfino chi «chiede all'Urss di abbattere il muro per provare definitivamente la sua volontà di pace». Su moniti e richiami sono prevalse dunque le preoccupazioni per l'immediato, è prevalso il fastidio per le «indebite pressioni» occidentali sul malessere del comunismo mondiale già denunciate dalla Tass, forse in attesa che il Congresso di maggio liberi Mosca di un alleato difficile e scomodo. E' prevalsa la necessità di salvare l'immagine ed unità nel blocco dell'Est, già incrinata da Honecker col suo rifiuto di accogliere di persona, al mattino, il presidente Bruno Ferenc Straub, rappresentante del Paese che ha «aperto le frontiere ai profughi». Di certo la gran festa di Honecker, avviata nella prospettiva di un'imbarazzante rassegna delle fragilità del regime, si è affermata al meglio, e il vecchio leader ha potuto confermare, dalla tribuna, che «la Repubbli¬ ca Democratica sarà cambiata nella continuità», consentendosi anche una polemica con l'ospite arrivato da Mosca a proposito della «proprietà di Stato», che «ha retto la prova dei tempi» e non va troppo affiancata da quella cooperativa e privata, come Gorbaciov invece si propone di fare. Honecker ha ammonito il governo di Bonn, a proposito dell'esodo all'Ovest di migliaia di cittadini orientali, che «non sarà consentito a nessuno di abusare del trattato di Helsinki per destabilizzare il socialismo» nel suo Paese. Ha accusato l'Occidente e la Nato per la sua «conferma della politica della forza e la tendenza ad ammodernare gli armamenti». E ha disegnato alla fine, con la foga della denuncia etica più che ideologica, un paragone dai tonanti guizzi retorici fra i due Stati tedeschi: perché se «la fondazione della Ddr è stata una necessità storica», la Germania dell'Ovest «è stata fondata senza il supporto popolare». Una scomunica quasi, o il suo messaggio alla Storia. Emanuele Novazio