«Sica controlla i Cavalieri»

«Sica controlla i Cavalieri» LAlto Commissariato respinge l'accusa di aver favorito imprese catanesi sospette «Sica controlla i Cavalieri» Falcone sulle accuse a Lima parla di depistaggio PALERMO DAL NOSTRO INVIATO Salvo Lima — sì proprio lui — in netto quanto insperato recupero d'immagine. Domenico Sica al contrattacco. Giuseppe Campione, presidente dell'antimafia regionale, nuovamente in ascesa dopo il mezzo scandalo dell'altro ieri: gli sarà pure toccato in sorte un cognato in odore di mafia, ma la dignità di presentare le dimissioni, quella l'ha trovata da solo. Può sembrare una logica da bookmaker quella che porta a descrivere così la più recente situazione palermitana, eppure è solo l'istantanea di uno scontro, il «display» di una partita che si gioca con sempre maggiore accanimento. Se quella dell'altro ieri era stata la «giornata degli scandali», le ultime ventiquattr'ore paiono segnare la rivincita del fronte opposto, quello della Palermo in doppiopetto. Le accuse a Salvo Lima sull'assassinio Dalla Chiesa? «I «pentiti» non sono sacri '■— ribatte il giudice Falcone —. Se le loro dichiarazioni sono false o costituiscono un depistaggio, vanno colpiti». E Sica? Davvero l'alto commissario favorì in passato l'impresa Costanzo? «Le segnalazioni che avrebbero potuto condurre a una misura di prevenzione contro i cavalieri del lavoro — spiega il rappresentante di Sica a Palermo — furono presentate nell'88, quando alto commissario era un altro». Qui conviene fare un passo indietro, non già nella pretesa di spiegare cosa stia accadendo fra Palazzo dei Marescialli e i palazzoni catanesi, ma nel tentativo di chiarire come la «guerra dell'antimafia» si stia vivendo nella città che dovrebbe esserne il fulcro. Uno scontro che sta per giungere ,al momento dello «splash down». Partiamo da lunedì. In un'intervista il ministro degli Interni Gava butta lì fra l'altro un'affermazione sorprendente. Parla di «narcotraficantes», poi d'un tratto, riferendosi a Sica dice: «L'alto commissario sta indagando su un delitto politico, quello del segretario provinciale della de di Palermo, Rejna. E mi auguro che possa indagare anche su altri, come quello del segretario del pei siciliano La Torre. Un delitto che dopo anni non è stato ancora chiarito. Potrebbe costituire un elemento importante per seguire filoni giusti, capire alcune cose». C'è una parte dello «schieramento antimafia» che prende questa frase come uno schiaffo, quasi Gava annunciasse che la meteora-Sica si appresta a condurre un'operazione di chissà quale segno. Ancora poche ore e «l'Unità», sulla base dei rapporti dell'ex questore di Catania, scatenerà una polemica che parte dai «cavalieri» per dirigersi contro Sica. In questo quadro, così come a Palermo viene ricostruito, forse è più agevole collocare i piccoli avvenimenti di ieri. Il «giallo» delle accuse a Gava si direbbe chiarito. Ieri mattina, nell'aula bunker, il collegio che ad Alessandria aveva appena interrogato il «pentito» Giuseppe Pellegriti avrebbe dovuto far ascoltare in aula la registrazione delle accuse. Poi il registratore ha cominciato a gracchiare: se ne riparlerà lunedì, anche se è chiaro che dall'accusa di aver orchestrato il delitto Dalla Chiesa, un politico come Salvo Lima può trarre solo. grossi vantaggi. Il solo elemento di novità riguarda le date: Falcone, il giudice che già aveva ascoltato il «pentito», ha chiesto la sua incriminazione il 2 di ottobre. Cioè la sera prima che la corte d'assise d'appello lo sentisse a sua volta. Capitolo Sica. Nell'assenza di risposte dell'alto commissariato alla polemica che si è scatenata a Catania, un'operazione di polizia ha consentito ieri, a Palermo, qualche puntualizzazione. E' successo che l'alto commissariato avesse convocato una conferenza stampa per riferire sul «blitz» compiuto in 26 imprese (tra cui due dei fratelli Costanzo) per garantire il rispetto delle norme sui subappalti. Il racconto del prefetto Francesco Marino, «vice» di Sica a Palermo, è inevitabilmente scivolato sulle polemiche. Il pei attacca Sica, si chiede come mai l'alto commissario avesse autorizzato un appalto al gruppo Costanzo per il carcere di Bicocca nonostante i rapporti con cui l'allora questore di Catania, Luigi Rossi, aveva sollecitato per i padroni della città misure come il confino. «Quelle del questore non erano proposte, ma solo segnalazioni alla Procura — ribatte l'alter ego di Sica —, spettava ai giudici avviare o meno una misura di prevenzione. Sulla base di quella richiesta la Procura svolse un'istruttoria, chiedendo nuovi elementi ad altri organi, compreso l'alto commissiariato, che li trasmise a fine luglio '88, cioè prima dell'insediamento di Sica». Una questione, insomma, che restò tutta nelle mani del predecessore di Sica, Pietro Verga. C'è un seguito, naturalmente. Una volta insediato, Sica «chiese copia di tutti gli atti giudiziari relativi agli imprenditori catanesi. Questo incartamento è ancora'all'esame dell'alto commissario, che dovrà decidere se nell'ambito del suo potere-dovere vi siano elementi per presentare autonomamente richiesta per misure di prevenzione». Resta, per la verità, un dettaglio grottesco: anche una volta «insediato», Sica rivolse al ministero della Giustizia un sollecito per il carcere della Bicocca. Lo fece su insistenze «di un solerte funzionario». Sui motivi di tanta solerzia sarebbe forse il caso di indagare. Il risultato fu comunque quello di ammettere la ditta Costanzo alla costruzione di due «stanze blindate» a ridosso del carcere. Proprio quelle in cui avrebbe preso alloggio il «pentito» Calderone, l'uomo che del gruppo Costanzo accusava il patriarca. Giuseppe Zaccaria Calunnia. Il procuratore aggiunto Giovanni Falcone ha stroncato con un'incriminazione le accuse del pentito Giuseppe Pellegrini (nel riquadro) contro l'on. Salvo Lima

Luoghi citati: Alessandria, Catania, Lima, Palermo