«Un cenno di Bush e Noriega era spacciato» di Ennio Caretto

«Un cenno di Bush e Noriega era spacciato» Sotto accusa il Presidente americano: due ore dopo l'inizio del golpe ha deciso di non appoggiare i ribelli «Un cenno di Bush e Noriega era spacciato» Baker: non era il momento giusto WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Bush è sotto accusa. La maggioranza del Congresso e alcuni membri dell'amministrazione avrebbero voluto un suo intervento armato a Panama, sulla scia dello sfortunato golpe di martedì. «Se avessimo agito in fretta e bene — ha protestato il senatore democratico Boren, capo della commissione per i servizi segreti — ci saremmo liberati di un dittatore e di un narcotrafficante che infanga il continente». Secondo le tv e i giornali, i golpisti panamensi erano in contatto con l'alto comando Usa nella zona del canale da domenica, e contavano sul suo appoggio. Bush invece prese la decisione di non intervenire una o due ore dopo il golpe: «Non era chiaro — hanno riferito fonti bene informate — dove si trovasse Noriega, se i golpisti fossero isolati, e comunque per gli Usa l'impiego della forza sarebbe stato un errore politico gravissimo». Accuse in senso contrario provengono da Panama. Dopo una notte di coprifuoco, Noriega è riapparso in pubblico, le braccia in alto e i pugni chiusi in segno di vittoria, proclamando «la sconfitta dei cattivi». Il dittatore ha affermato che il golpe fu organizzato dagli Stati Uniti : «La prova è che le truppe Usa sul canale bloccarono le strade di accesso alle caserme», ha detto. L'alto comando ame¬ ricano ha risposto: «Fu sbarrato temporaneamente un solo ponte, per la sicurezza dei nostri soldati». Ha smentito anche la Casa Bianca: «Le voci di un nostro coinvolgimento nel golpe sono false», ha dichiarato Bush, auspicando però subito la rimozione di Noriega. Le polemiche sono scoppiate l'altro ieri sera, quando a Panama il dittatore ha sventato il golpe. Furente, il leader della destra, il senatore Jesse Helms, ha proposto una legge speciale che autorizzi Bush a rovesciare Noriega. Quasi nessuno gli è andato dietro. Ma quando il presidente del Costa Rica Arias, a New York per l'assemblea dell'Onu, ha osservato in diretta alla tv «che forse sarebbe bastata una presa di posizione pubblica di Bush per mobilitare altri reparti dell'esercito panamense contro il dittatore», la maggioranza del Congresso ha protestato per «l'indecisione della Casa Bianca». Il senatore Boren è uscito pallido da un colloquio con il capo della Cia Webster: «Non posso violare il segreto di Stato — ha detto — ma se fossi stato al posto di Bush avrei ordinato di attaccare: a Panama abbiamo truppe per qualsiasi evenienza». Testimoniando al Congresso in questo clima di tensione, il segretario di Stato Baker ha ieri asserito che «l'intervento militare americano contro Noriega non è escluso, resta una delle I opzioni aperte al Presidente». Ma tocca a Bush e a nessun altro decidere se, come e quando compierlo. Martedì le condizioni non erano propizie, ha aggiunto Baker. «Noriega non ha vinto — ha commentato il segretario di Stato —. Ha la popolazione contro, il suo isolamento nelle Forze Armate aumenta». Il leader dell'insurrezione, il maggiore Giroldi Vega, era lo stesso che nel marzo '88 aveva salvato il dittatore da un precedente golpe. «Il tempo — ha concluso Baker — è dalla nostra parte». Nella sanguinosa insurrezione panamense c'è però un passaggio che potrebbe spiegare la riluttanza di Bush a ricorrere alle armi. Sembra che martedì mattina Noriega sia stato sorpreso dai golpisti nella sua villa nella «commandancia», il ministero della Difesa a Città del Panama scena dei combattimenti, e che sia rimasto in mano loro per quattro o cinque ore. In questo breve periodo di tempo, i rivoltosi avrebbero rifiutato di consegnare il dittatore agli Usa, dove è incriminato per traffico di droga. Il motivo del «no» è sconosciuto. Intense discussioni si sarebbero svolte vanamente, non si sa a quale livello. La notizia non è stata confermata ufficialmente: si dice che senza la certezza di ottenere l'estradizione di Noriega, Bush abbia preferito lavarsene le mani. A Panama, Manuel Antonio Noriega, il dittatore dalle sette vite, ha fatto del suo meglio per apparire saldamente in sella. Uno dei suoi portavoce, Enrico Lopez, ha dichiarato che sei leaders dell'insurrezione sono morti, Giroldi Vega sembra combattendo. Stando all'opposizione, gli altri due firmatari del comunicato di martedì, che dava Noriega per deposto, i capitani Javier Licona e George Balma, si sono rifugiati nella base militare Usa di Clayton. Su ordine del dittatore, sono stati arrestati alcuni uomini politici, tra cui il vicesegretario della de Ossa: il segretario Calderon e l'ex candidato alla presidenza Eldara sarebbero al sicuro nella nunziatura. Bruciata dalla sconfitta, la Casa Bianca rifiuta di fare ipotesi sugli sviluppi a Panama. Il portavoce Fitzwater ha difeso l'operato di Bush dicendo che i rivoltosi «non hanno mai chiesto aiuto agli Usa. Abbiamo comunque subito capito che non avrebbero consegnato Noriega alla giustizia americana». All'Onu, il presidente panamense Rodriquez ha promesso «le prove della complicità americana». A Città del Panama, il numero due di Eldara, Guillermo Ford, ha ammesso che l'opposizione «non scenderà in piazza, è intimidita dai soldati». Non è escluso che altri retroscena della tragedia emergano dal dibattito in programma al Congresso oggi. Ennio Caretto Il generale Noriega esce esultante dal quartier generale delle Forze armate dopo II fallito golpe