Le sette vite del padrone di Panama

Le sette vite del padrone di Panama La carriera di Noriega, ex agente Cia e ora nemico di Washington, spericolato e crudele equilibrista del potere Le sette vite del padrone di Panama / legami con North e l'Irangate Ora cavalca l'odio anti-yankee WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE E' un personaggio degno di Graham Greene, un re del doppio gioco. Non esiste un solo Manuel Antonio Noriega, generale e dittatore a Panama, ne esistono dieci, cento, mille, e nessuno sa quale sia quello vero. C'è Noriega autore di un libro sul potere, dove mescola Machiavelli e Hitler. C'è Noriega uomo di fede, che dichiara di ispirarsi alla Bibbia, ma che legge trattati di filosofia orientale, e che pratica un misto di buddismo e di voodoo, i riti della magia nera, facendosi predire il futuro da uno stregone brasiliano. C'è Noriega «Casanova», che accanto alla casa con la moglie Muneca e le tre figlie, tiene la «casita», la garsonnière dell'amante che è anche l'amministratrice dei suoi beni, e che sogna di essere interpretato in un film, lui alto 1,60, da Clint Eastwood. C'è Noriega il torturatore, che uccide sadicamente il leader dell'opposizione Hugo Spadafora, e fa bastonare dai gorilla delle sue «brigate dignità» i candidati alla presidenza del Panama nelle ultime elezioni, ma che riesce a incantare gli altri governanti sudamericani. Persino la sua nascita è avvolta nel mistero, per non parlare della sua scalata al trono panamense. Manuel Antonio Noriega dice a tutti di aver visto la luce 1' 11 febbraio del 1938 in una buona famiglia, ma i documenti scolastici indicano che ha 55 anni ed è figlio illegittimo di una povera india. Di certo vi sono solo gli esami al liceo di Città di Panama nel '52 e la successiva borsa di studio all'Accademia Militare El Chorrillo di Lima. Il suo ingresso nella Guardia Nacional risale al '64, che segnò l'inizio della sua fortuna: lo prende sotto la propria protezione il capitano Omar Torrijos destinato a imporsi come l'uomo forte del Paese nel golpe del 1968. Torrijos gli evita il carcere per stupro e Noriega lo ricambia con assoluta dedizione: con sistemi da SS, dirige gli interrogatori dei ribelli e previene un controgolpe nel '69. Il premio è il comando del G2, l'odiato servizio segreto militare. In pochi anni, Noriega diventa colonnello, e offre i suoi servizi contemporaneamente alla Cia, a Castro e ai narcotraficantes. Tra i delitti più gravi che gli vengono imputati dall'opinione pubblica, c'è l'omicidio del prete dissidente Hector Gallegos, gettato da un apparecchio in volo nel '70. Due anni dopo la morte di Torrijos in un incidente aereo nell'81 — questa volta, Noriega è ingiustamente accusato di attentato — il potere assoluto. Il generale dal volto butterato, (è soprannominato «faccia d'ananas»), sogna invano la popolarità del suo predecessore. Il braccio di ferro con gli Stati Uniti incomincia, quasi clande¬ stinamente, nell'85. Il direttore della Cia William Casey si stanca del doppio gioco di Manuel Antonio Noriega e lo convoca a Washington. In tutti quegli anni il «re di Panama» è riuscito ad appoggiare i contras in Nicaragua — è uno dei collegamenti del colonnello North — e a fornire armi ed alte tecnologie a Castro; a spiare i guerriglieri comunisti nel Salvador e a fare gli interessi dei narcotraficantes. Noriega non si è solo co¬ struito un impero finanziario, ha stretto ottimi rapporti con il servizio segreto israeliano e con Gheddafi, due nemici mortali. Casey intende dare una strigliata al suo agente, ma viene ricattato. Saranno tre avvenimenti in quel momento imprevedibili, lo scoppio dell'Irangate alla fine dell'86, la morte di Casey per cancro nell'87, e la rivolta del vice di Noriega, il colonnello Roberto Diaz Herrera subito dopo, a mettere il dittatore con le spalle al muro. Nel giugno dell'87, Diaz Herrera svela che il generale è implicato con la Cia e i narcontraficantes, e ne denuncia gli assassini politici. Il presidente Reagan gli chiede di dimettersi: la risposta è che «nessun ammiraglio abbandona l'equipaggio nel momento del bisogno». Gli Stati Uniti non interferiscano a Panama. La rottura aperta tra la Casa Bianca e il dittatore risale al febbraio '88, quando a Miami un gran.giurì lo incrimina per traffico di droga. Reagan invia a Panama 1300 soldati, sperando di intimidirlo, ma senza esito. Sebbene imbarazzato dall'amicizia, sia pure superficiale, tra il vicepresidente Bush e Noriega, che risale agli anni in cui Bush era direttore della Cia, il Presidente impone sanzioni economiche alla piccola repubblica centroamericana. Cessa il flusso dei dollari, le banche e i Truppe statunitensi si preparano a circondare gli uffici amministrativi della società del Canale di Panama supermercati chiudono i battenti, la gente protesta per le strade. Il risultato è che Panama finisce ko, ma Noriega non cede alle pressioni degli Stati Uniti. Sfrutta anzi il forte risentimento popolare contro la superpotenza, presentandosi come un altro Sandino, eroe dell'indipendenza dell'America Latina. Lo finanziano temporaneamente Castro e Gheddafi, e un tentativo di golpe fallisce in un'ora e mezzo. La campagna elettorale Usa dell'autunno '88 è costellata di critiche a Bush, che promette che si libererà del dittatore. Bush prova con le elezioni panamensi dello scorso maggio, mandando altri 2000 uomini a Panama, finanziando con 10 milioni di dollari l'opposizione, ma è un nuovo fiasco. In un bagno di sangue, Noriega annulla il responso delle urne, nonostante la presenza di osservatori come l'ex presidente Carter, e la condanna dell'associazione degli Stati americani. Da quel momento, Washington incita apertamente le forze armate panamensi all'insurrezione. E' una strategia molto pericolosa. Washington ha 12 mila soldati nella zona del canale, e circa 30 mila civili vivono a Città di Panama. Washington potrebbe trovarsi coinvolta in combattimenti che non vuole. Ma Noriega sa che un passo falso renderebbe inevitabile un suo intervento. Ennio Carette