Pallavolo, un trionfo non annunciato di Giorgio Barberis

Pallavolo, un trionfo non annunciato La prima vittoria dell'Italia ai campionati europei rilancia uno sport da sempre popolare Pallavolo, un trionfo non annunciato In cinque mesi la rivoluzione dell'argentino Velasco STOCCOLMA DAL NOSTRO INVIATO Quattro azzurri (Bernardi, Zorzi, Lucchetta e Gardini) nel sestetto ideale degli Europei (gli altri due sono svedesi che giocano in squadre italiane, Hedengard e Gustafson), votato tra l'altro prima che si giocasse la finalissima, testimoniano come anche gli osservatori neutrali avessero visto nell'Italia la formazione più dotata, degna quindi di conquistare il titolo europeo così com'è poi accaduto sul campo. Peccato che non fosse previsto anche un allenatore per questa formazione: Julio Velasco avrebbe infatti ampiamente meritato di sedere sull'ideale panchina. Il tecnico della nostra nazionale, in carica da meno di cinque mesi, ha ottenuto un risultato che va oltre alle previsioni, confermando quelle qualità vincenti che gli avevano permesso di conquistare gli ultimi quattro scudetti con la Panini Modena. Argentino di nascita e italiano di adozione, Velasco non è comunque il primo allenatore straniero della nazionale, avendo come illustri predecessori — non tutti però legati a momenti felici e nessuno a squadre vincenti — lo slavo Trinajstic, il ceko Kozak, i polacchi Skorek e Skiba. Parlare di (e con) Velasco è piacevole per la dimensione dell'uomo, ancor prima che del tecnico. Se Velasco lasciò la sua patria, fu anche per le conseguenze del colpo di Stato militare del 1976, un fratello desaparecidos, lui stesso nel mirino per essere stato per un anno presidente del Circolo degli Studenti, quando inseguiva una laurea in filosofia. E adesso, da sei anni nel nostro Paese, si sente abbastanza italiano da volere la cittadinanza perché «l'Argentina è come la mamma, che non si deve mai giudicare; l'Italia è la bella ragazza di cui mi sono innamorato e con la quale voglio vivere in futuro». Pallavolisticamente Velasco è nato in una squadra di quartiere, il Defensores de Banfiel. Giocava palleggiatore. Aveva 15 anni e fu allora che conobbe Tabuata, giornalista sportivo e allenatore di dieci anni più vecchio di lui («Oggi è il mio migliore amico»), che gli insegnò i fondamenti di quella che sarebbe poi stata la sua professione. A 27 anni guidò il Ferrocarril allo scudetto, il primo dei quattro che ha poi vinto con la squadra di Buenos Aires. Vice allenatore della nazionale argentina (il titolare della panchina era il coreano Toung Van Sonn), sei anni fa sentendo sempre più pesante il fardello del regime militare accettò l'offerta di. Jesi. Due stagioni ed ecco la chiamata della Panini, preludio ai trionfali quattro scudetti in altrettante stagioni. «Sì, sono anche un uomo fortunato — sorride —, se per fortuna si intende il trovarsi al posto giusto nel momento giusto. Se cinque anni fa Nannini non avesse perso lo scudetto nella finalissima con Bologna, io non sarei finito a Modena. E adesso ho raccolto una nazionale nel momento che era assetata di successi...». Detto così pare tutto logico, consequenziale. Ma non tiene conto dei meriti legati alla serietà e alla modernità con cui Velasco imposta il proprio lavoro: «Da Tabuata — riassume lui — ho appreso il gesto tecnico e l'importanza di giocare in funzione delle caratteristiche degli avversari. Poi c'è stata la fase dell'approfondimento alla quale ha contribuito frequentare l'Isef. Il terzo stadio è venuto con l'esperienza internazionale fatta a fianco di Van Sonn, quindi ecco l'Italia: prima Jesi basilare per il carattere passando io dalla nazionale argentina a una neo promossa dalla serie B, quindi Modena fondamentale per conoscere a fondo l'elite della pallavolo italiana». Con la nazionale il discorso è stato basato tutto sulla mentalità: «Mancava solo quella per salire al top — dice —. Adesso occorre non fermarsi. Lavorare e studiare sempre meglio gli avversari. Per l'inverno ho chiesto di avere tutte le cassette delle gare di campionato: voglio seguire gli azzurri, rendermi conto di quello che fanno. Perché il loro rendimento deve essere pari a quello dei migliori stranieri, per Zorzi ad esempio il riferimento naturale devono essere Quiroga e Gustafson. Se questo successo europeo è arrivato troppo presto? Vincere è sempre meglio, ha ragione chi dice che il potere logora chi non ce l'ha». Trentasette anni compiuti il 9 febbraio, sposato con Nora, due figlie (Lucrezia di 13 anni e Veronica di 8), Velasco adesso proseguirà la sua avventura azzurra in novembre nella World Cup a Tokyo. Poi ci sarà da pensare ai mondiali '90 in Brasile a ottobre, con l'obbiettivo di gustare più a lungo possibile l'inebriante nettare del successo. Giorgio Barberis Festeggiamenti. Il titolo europeo è dell'Italia, onori del trionfo per Julio Velasco: e Modena, riconoscente anche per i quattro scudetti vinti con lui allenatore, gli vuol dare la cittadinanza onoraria