Le isole danesi fanno gola a Tokyo di Mario Ciriello

Le isole danesi fanno gola a Tokyo DANIMARCA Le Faeroer sono oppresse dai debiti, ma nessuno vuol diventare suddito del Sol Levante Le isole danesi fanno gola a Tokyo Società giapponese cerca di comprare un pezzo d'Europa LONDRA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Lo yen è irrefrenabile, gli investimenti nipponici nel mondo non conoscono più frontiere. L'ultima notizia è quasi incredibile: «Interessi giapponesi vogliono comprare le Isole Faeroer». Incredibile, ma a quanto pare, veridica. La Danimarca, del cui territorio questo arcipelago fa parte, ha negato il suo benestare allo sbalorditivo progetto, ma la vicenda non è chiusa. La società di Tokyo non si è arresa e, tramite una merchant bank della City di Londra, ha informato Copenhagen che desidera riprendere il negoziato. A Thorshavn, la piccola capitale delle Faeroer, tra la Norvegia e l'Islanda, si ride, ma nervosamente. Non si conosce il nome di questa finanziaria nipponica e c'è anzi chi attribuisce la paternità dell'intero disegno a un unico individuo, a un misterioso super-ricco: ma si conoscono le proposte. L'idea è brillante. Le isole Faeroer hanno un pesante e cronico debito estero, circa 6 miliardi e 700 milioni di corone danesi. Il compratore rileverebbe l'intero debito, offrendo 10 miliardi di corone, una somma pari a 1750 miliardi di lire. Così facendo, acquisterebbe lo status e i poteri di creditore unico, una posizione fin troppo gagliarda. D'improvviso, invece di una folla di creditori, per lo più banche e istituzioni danesi, ve ne sarebbe uno soltanto. Residenza: Tokyo. In un primo momento, certi aspetti del progetto non dispiacevano a Copenhagen. Il documento non parlava mai di acquisto, bensì di «consolidamento», di «ristrutturazione» del debito. Poi, gli esperti si sono ricordati di un episodio non dissimile. Nel 1917, le Isole Vergini danesi, nelle Antille (Saint Croix, Saint Thomas, Saint John, più altri 60 isolotti) soffocavano sotto i debiti causati da un declino nelle esportazioni di canna da zucchero: allo stesso tempo, Washington voleva basi militari in quelle acque. Washington premette, Copenhagen cedette: e per 25 milioni di dollari il territorio cambiò proprietario. Le United States Virgin Islands sono tutt'ora americane. Molti sono gli aspetti oscuri in questa storia delle Faeroer: ma soprattutto non è chiaro cosa attragga gli «interessi nipponici». C'è un'unica spiegazione: la pesca. Forse i giapponesi sperano di trasformare l'arcipelago in una grande base per i loro potenti vascelli. La pesca è l'unica vera industria locale, anche se molti giovani trovano lavoro sui pescherecci'della vicina Islanda. Trenta sono le isole, ma 18 soltanto abitate, con una popolazione di 46 mila anime. Amano la propria indipendenza, i Faoresi. Accettano la sovranità della corona danese, ma hanno vasta autonomia; tanto vasta, che hanno preferito restare fuori della Cee. Hanno una propria lingua, una propria bandiera, un proprio passaporto. Hanno anche un proprio Parlamento, il Lagting, più due delegati che li rappresentano nel Folketing danese, a Copenhagen. Come l'Islanda, è terra di lunghissime e tenaci tradizioni, colonizzata prima da eremiti irlandesi, indi, nel IX secolo, da pionieri norvegesi. Nell'anno Mille, il re di Norvegia introdusse il cristianesimo e assegnò le isole a un suo protetto, che fu subito trucidato dagli abitanti, già gelosissimi della propria indipendenza. Non è un posto che accoglierebbe i giapponesi a braccia aperte. Mario Ciriello