VITE IN BILICO TRA SCIENZA E MORALE di Maria Grazia Bruzzone

VITE IN BILICO TRA SCIENZA E MORALE VITE IN BILICO TRA SCIENZA E MORALE Bioetica: chi è «padrone» di decidere? IROMA N America a un giovane chiuso da anni nel polmone d'acciaio il giudice riconosce il diritto all'auto-eutanasia, in Olanda la blanda sentenza contro l'uomo che ha fatto morire la moglie paralizzata sancisce il diritto a una «dolce morte» anche se a procurarla non è il medico. Ancora negli Stati Uniti il giudice affida alla madre gli embrioni surgelati contesi dal marito, a Londra ha successo l'esperimento che permette di individuare il sesso degli embrioni fecondati in provetta, primo passo verso una procreazione programmata e selettiva. Sono casi di una frontiera che si espande sotto i nostri occhi confusi, allarmati, indifferenti: la frontiera della bioetica. Disciplina recente (ma nei paesi anglosassoni è nata da vent'anni), la bioetica disegna la mappa di un mondo di valori che si trasforma. Più che una disciplina è un territorio. «Un terreno di confronto di saperi e di punti di vista diversi ma anche un campo e un'occasione per un dibattito che deve essere pubblico», la definice Claudia Mancina curatore, insieme a Angelo Di Meo, di un volume antologico appena uscito, per i Sagittari di Laterza (Bioetica, 332 pagine, 28.000 lire). Il progresso della scienza e quello della tecnologia moltiplicano le possibilità di intervenire sulla natura umana, sulle specie animali, sulla biosfera. Spostano i confini fra salute e malattia, fra vita e morte, fra natura e artific'o. La stessa nozione di identità personale diventa più labile. I casi sono ormai quotidiani e i fantasmi si mescolano spesso alla realtà. La fecondazione in vitro evoca popoli di mutanti, terapie intensive e trapianti suggeriscono immagini di morti viventi, le ipotesi di effetto serra e l'incerto destino delle scorie radioattive fanno presagire un pianeta inquinato, surriscaldato, invivibile. Alla coscienza affiorano nuovi possibili rapporti fra uomo e natura, fra specie umana e specie vegetali e animali, fra generazioni presenti e future. Ma per ogni slancio c'è una domanda, per ogni domanda è una certezza che vacilla. E il libro di risposte ne può fornire ben poche. Claudia Mancina, semplice, minuta, senza trucco, nel giardino della facoltà si confonde con gli studenti. Invece è ricercatore di Filosofia all'università di Roma, vicedirettore dell'Istituto Gramsci e uno degli ideologhi del pei occhettiano. La bioetica che propone non può che essere laica e aperta. «In questo momento si tratta di istruire una discussione che sottragga agli esperti temi che toccano tutti da vicino. Risposte oggi non ce ne sono ancora: i valori messi in discussione dalle nuove tecniche sono quelli secolari della convivenza umana». Nel libro in compenso ci sono i tanti temi oggi in discussione. Lo spostamento del dibattito moderno dalla neutralità ai limiti della scienza; la sacralità cattolica della vita alla quale il laico contrappone il principio di una vita autonoma e degna di essere vissuta; la definizione biologica di vita e morte e il riconoscimento che il senso che gli uomini attribuiscono a questi eventi non è astratto ma storico e sociale (lo stesso discorso odierno sul diritto alla vita «in sé» che ne rivendica il carattere sacro, non è forse un esito paradossale della modernità: di quella cultura dell'individualismo che ha rotto il mondo com¬ patto dei valori sociali». Ad affrontare queste domande sono, nel libro, biologi e medici, filosofi, sociologi, giuristi: Grmek e Cosmacini, Bernardino Fantini e Giovanni Berlinguer, Silvia Vegetti Finzi e Mario Galzigna, Stefano Rodotà e Luciano Violante e diversi altri. Ci sono, nel libro, le contraddizioni: si condanna l'arroganza tecnologica ma ci si aspetta che la scienza risolva tutti i problemi garantendo a ciascuno bellezza salute e felicità. La sterilità ossessiona nell'emisfero ricco a natalità zero ma in quello povero e prolifico si chiede la contraccezione coatta. E ci sono i pericoli: la tentazione di tornare indietro verso un indistinto «paradiso naturale» che condanna senza riserve ogni progresso scientifico, verso una procreazione, e una vita che negavano il corpo della donna, la sua autonomia, la sua responsabilità. Domande, scarti, dubbi, paradossi. E un'attenzione di primo piano alle tematiche imposte nell'ultimo decennio dalle donne. Non a caso Mancina è una teorica di quel «pensiero femminile» che ha avuto un ruolo non marginale anche nell'elaborazione del nuòvo corso comunista. Eppure, nel generale disorientamento, molti chiedono leggi, norme, principi a cui fare riferimento. In America proliferano i comitati etici e gli esperti deputati a fornire pareri. Claudia Mancina non è d'accordo: «La linea che proponiamo qui è quella di intervenire legislativamente il meno possibile pur creando dei caposaldi». Per evitare la mercificazione degli organi e delle madri surrogate, per esempio. 0 per proteggere i minori nati dalle nuove tecniche, o ancora per difendere quel diritto all'unicità della persona che potrebbe essere minacciato da una procreazione che eliminasse del tutto il caso. Ma le questioni etiche si pongono sempre realmente solo ai i singoli esseri umani quando sono coinvolti in situazioni particolari. Le norme non possono essere imposta, uguali per tutti, ma devono nascere all'interno di ogni cittadino come del medico e dello scienziato, in piena autonomia. Per questo serve approfondire e discutere. Maria Grazia Bruzzone pvtw -i.* .... ,jn„

Luoghi citati: America, Londra, Olanda, Roma, Stati Uniti