FARO' IL SOFTWARISTA

FARO' IL SOFTWARISTA FARO' IL SOFTWARISTA Un'inchiesta sulle nuove professioni del terziario LA società contemporanea si caratterizza, tra l'altro, per l'impossibilità di svolgere da soli un'attività qualsiasi, non soltanto lavorativa. Anche l'artigiano, signore del lavoro indipendente, ha bisogno di qualcuno che lo aiuti quando si tratta di compilare la dichiarazione dei redditi. Nemmeno un'azienda che fabbrica, per dire, profumi o vini può fare a meno di competenze informatiche. E perfino il turista più amante di itinerari liberi può trovarsi in difficoltà ove non intervengano altri che lo aiutino a togliere dal suo percorso il maggior numero di imprevisti sgradevoli. La pressione demografica Le ragioni di questa dipendenza di ciascuno da qualcun altro? Tante e complesse. La natura medesima dei bisogni individuali e collettivi, divenuti troppo sofisticati per poter essere soddisfatti con mezzi amatoriali. L'onnipresenza dell'amministrazione pubblica, con le sue pratiche iniziatiche ed i linguaggi esoterici, che richiedono una lunga preparazione anche soltanto per poter comunicare con essa. La pressione demograficotecnologica, che porta a concentrare troppi individui in spazi ristretti, e richiede quindi competenze specialistiche anche solo per ridurre il rischio di catastrofi. E altre ancora. A questa domanda di aiuto risponde, ;a Italia come altri paesi, il pi ' 'i/erare delle nuove professioni, come mostra vividamente l'ampia ricerca, ora pubblicata da Franco Angeli: è stata coordinata da Gian Paolo Prandstaller (da tempo cultore attivissimo di questo ramo della sociologia del lavoro) e realizzata da una nutrita équipe di ricercatori del Dipartimento di Sociologia dell'Università di Bologna, negli anni '86-87. I settori presi in esame vanno dal commercio al turismo, dalla pubblicità alle biotecnologie, dall'agricoltura all'astrofisica, dalla medicina all'ingegneria, dalla finanza alla moda. Quando si parla di nuove professioni, il pensiero e la parola di nove persone su dieci corrono subito all'informatica. Tuttavia, come provano i dati della ricerco, essa rappresenta soltanto uno degli oltre 160 gruppi professionali di recente origine e in rapida espansione. Tra questi, ci si provi a immaginare, s'incontrano food & beverage managers e valangologi; esperti di effetti visivi in discoteca e astronomi softwaristi; addetti al controllo del contante e registi di sfilate di moda; brand managers e ingegneri clinici; museologi e istruttori di pattuglie sportive. Quanto basta per suggerire alle famiglie, alle prese in questo periodo dell'anno con il problema di scegliere una facoltà per i figli, alternative più ampie di quanto non siano quelle solite tra insegnante o ingegnere, avvocato o bancario. Questa popolazione di oltre 275.000 nuovi professionisti del terziario, metà dipendenti metà esercitanti in proprio, è cresciuta e cresce tra molte difficoltà. In gran parte — oltre quattro quinti — non ha credenziali ufficiali, convalidate dall'iscrizione a un albo professionale. Lo stesso sistema che produce per eccellenza credenziali, l'università, è in crisi dinanzi alla svariatissima tipologia dei servizi richiesti da una miriade di soggetti individuali e collettivi, servizi non riconducibili alle «libere professioni» tradizionali. In lotta contro lo Stato Per quasi tutti questi professionisti gli studi universitari sono stati solamente una base sulla quale hanno costruito, tramite i percorsi lavorativi più diversi, una loro originale qualificazione. I nuovi professionisti si trovano così a combattere su diversi fronti. Contro lo Stato, per ottenere sia il riconoscimento formale della professione — in genere per mezzo dell'istituzione d'un albo, come è avvenuto, a quarant'anni dalle prime richieste, per gli psicologi — sia un adeguamento delle strutture di formazione e di aggiornamento. 160 profili per il futuro Contro il pubblico in genere, i mezzi di comunicazione, e non di rado i gruppi professionali di più antica origine, per ottenere la legittimazione sociale che costituisce il fondamento indispensabile di ogni professione. Infine contro se stessi, nel difficile tentativo di costruirsi una identità culturale che affermi la novità e specificità del corpo di teorie che guida il loro lavoro, senza tuttavia rischiar di perdere i caratteri che definiscono l'essenza soggettiva di una professione: la convinzione di svolgere una funzione socialmente utile, il senso di appartenere a una collettività che condivide, anche sul piano internazionale, valori e norme di comportamento fondati su una lunga quanto rigorosa preparazione. Oltre all'analisi di ventidue settori professionali, comprendenti come s'è detto circa 160 tipi di professione rilevati nel terziario e passati al microscopio dagli instancabili ricercatori bolognesi, il volume contiene due lunghi saggi del curatore, il cui intento primario è quello di fare il punto sugli orientamenti attuali della sociologia delle professioni. Al tempo stesso, essi riescono ad offrire anche al lettore non specialista un'avvincente prospettiva del fenomeno del nuovo professionalismo; uno dei più dinamici e significativi delle società contemporanee. Luciano Gallino Gian Paolo Prandstaller (a cura di) Le nuove professioni del terziario. Ricerca sul professionalismo degli anni '80 Angeli pp. 1003, L. 85.000

Persone citate: Franco Angeli, Gian Paolo Prandstaller, Luciano Gallino Gian Paolo

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