PARIGI RICORDA PARISE. LETTERE INEDITE: «LASCIO UN ABBOZZO DI ROMANZO, NON PUBBLICATELO»

PARIGI RICORDA PARISE. LETTERE INEDITE: «LASCIO UN ABBOZZO DI ROMANZO, NON PUBBLICATELO» PARIGI RICORDA PARISE. LETTERE INEDITE: «LASCIO UN ABBOZZO DI ROMANZO, NON PUBBLICATELO» IN occasione dell'uscita in Francia di «Il ragazzo morto e le comete» e di «Sillabari», Parigi rende omaggio a Goffredo Parise, scomparso tre anni fa. Tre le iniziative in programma. Una mostra fotografica (dal 26 settembre al 30 ottobre): duecento immagini di Lorenzo Capellini scattate nei luoghi europei dello scrittore (da Milano a Berlino). Una mostra di documenti. Un convegno, il 27 e il 28 settembre, con interventi di Moravia, Nascimbeni, Valli, Viola, Arbasino, Garboli, La Capria, Mauries, Para, Rasy, Zanzotto). Le mostre sono allestite presso il Centro Georges Pompidou, che ospiterà anche la prima giornata del convegno (la seconda si terrà all'Istituto italiano di cultura). In coincidenza con l'omaggio parigino, Rosellina Archinto manda in libreria le lettere del- lo scrittore vicentino a Nico Naldini: «Il solo fratello. Ritratto di Goffredo Parise» (pp. 80, L.. 16.000). Caro Nico, comincio a disintossicarmi di Milano, nefasta città, un poco alla volta; ma già abbastanza per mettermi al lavoro e soprattutto crederci. Non so se ci tornerò, ma se ci tornerò sarà sempre una perdita di tempo e basta. Qui gli uccelli cantano sempre, il mio orto come già ti dissi fa invidia a Comisso, è bello grande e darà tra pochi giorni insalata novella, piselli, spinaci, prezzemolo, carote, e più tardi zucchini, patate, pomodori ecc. Un bel risparmio tra l'altro. Sono sempre qui su; non mi muovo quasi mai e non ne ho nessuna voglia. Sono chiuso nella cameretta dove tu hai dormito, lavoro, leggo, e riprovo momenti ed emozioni di dieci, quindici anni fa. Sono felice e solo. Sono contento che Mariola lavori perché se fosse qui sempre mi peserebbe. E' cominciato il mio periodo di castità, ho voglia soprattutto di ricordare e poco di vivere (poiché vivo già abbastanza e meglio ricordando). L'ora del crepuscolo è la più malinconica, a quell'ora mi sento veramente solo, sento che con Mariola non ho nulla da spartire, ma non importa, meglio così, vado a passeggiare prima di cena sul vulcano qui vicino e scivolo nei sentieii di tufo, mi pare di essere a Tarquinia e ritornano i dolci pensieri dell'infanzia, quando salivo quel monte di vulcano qui vicino con un certo batticuore per il timore che si aprisse all'improvviso e cominciasse ad eruttare. Ma anche in questa solitudine guardo verso Montecchio, la mia bella estate dell'anno scorso, penso con amore ad Elsa e insieme penso che se avessi sposato Elsa invece di Mariola ora probabilmente guarderei verso la città e penserei con amore a Mariola e alle estati passate con lei a Riccione. Quindi è tutto lo stesso, meglio restare soli e avere nostalgie piuttosto che non essere mai contenti. Ho ripreso anche a.leggere, cosa che non facevo da anni con una certa assiduità, e anche questo è un gran conforto perché un poco alla volta riprendo a credere che quando si scrive qualcosa questo qualcosa non è poi del tutto inutile. Scrivi, vecchia pepia camuffata, come fai con estrema puntualità con le consorelle. Goffredo Vicenza, 29 maggio Caro Nico, (...) Ho preso una cotta di una ragazza piccolo borghese di 25 anni, vergine, idiota e preten¬ ziosa, sono stato con lei una sera di pioggia e di vento e da ciò, aggiungi la primavera, è nato il tutto. I pensieri si accavallano ai pensieri e poiché lei non mi vuole la cosa monta da sola, appunto per questo. Che dirti, perdo un sacco di tempo in fantasticherie inutili di ragazze, mi par perfino, quando glielo dico, di essere sincero, e veramente di non poter più vivere senza di lei. Hai già capito tutto. Momenti intimi di intensissima poesia e languore alla Penna. Vedo tutto, cielo, alberi, pioggia, vento, attraverso di lei e con lei che è piccinina come un passero e con due grandi occhi azzurri (vedi Cambria). Non mi vuole, io soffro, un poco, e anche tanto certe volte, e sono un meraviglioso cretino. Erano anni che non mi capitavano simili infatuazioni. Sono pronto a tutto, ad andare in casa, a fare le peggiori pazzie pur di ottenerla e chiavarla. E poi, cosa c'è di meglio che una vergine a venticinque anni, sull'orlo dello zitellaggio per le sue pretese, che non ha avuto e non ha nessuno, di primavera, con un padre ammalato? Il padre morirà dopo che io l'avrò chiavata, lei tornerà a stare nel suo buchetto di ufficio (è ragioniera) senza sole, invecchierà col ricordo di me e di nessun altro. (...). Goffredo Caro Nico, (...) Io lavoro poco a questi articoli, vado in giro, ho trovato casa piccola ma cara, 45 emme per meglio dire, in piena Roma, in una piazza stupenda e canicolare d'estate, in un vecchio palazzotto da ministero borbonico, ma non l'ho ancora presa. Non vedo quasi nessuno, ad eccezione dei pochissimi che anche tu sai. La Morante spesso è deliziosa, e anche Moravia. Ma in certi istanti, come quando si vedono camminare soli soli, verso la trattoria, lei piccola e inevitabilmente non più giovane, lui triste e fatalmente non più grande, buoni, ingenui, umanisti, con sulle spalle lo sforzo di mettersi in riga con ciò che non sono più, un po' tristi, ogni sera di più. Paolo Milano dice culo col movimento della bocca, pronunciando invece «please», Arbasino balla la giga da solo, invitando invano la Trombetti, disperata di insperato amore per Pier Paolo che vorrebbe sposare a Reggio e stabilirsi presso le raffinerie ravennati, dove Bertolucci ride silenzioso come un uomo dei posteggi. Bassani scrive una novella e vince una millecento, giusta medaglia, io vivo con una nana dai sandali ortopedici che mi sta sempre appresso. Goffredo