E L'IMPERO AFFONDA NEL DANUBIO

E L'IMPERO AFFONDA NEL DANUBIO E L'IMPERO AFFONDA NEL DANUBIO LE ultime cose che ho visto sono state l'alfiere e lo stendardo»: così l'ex dragone rammenta le battaglie che hanno sgretolato l'impero asburgico. E sono le parole che ispirano la nostalgia di Alexander Lernet-Holenia che di questo universo, come testimoniano i molti romanzi già editi come «Lo stendardo» presso Adelphi, è il cantore appassionato. Nel corpus narrativo dello scrittore quest'opera, che mette a fuoco giorni conclusivi sul fronte danubiano, è forse la più toccante e insieme quella che mostra il limite di un'epoca. ' Nelle campagne attorno a Belgrado, sui ponti di barche gettati attraverso il fiume in quel punto largo come un lago, si muovono squadroni a cavallo in luccicanti uniformi. Sono i dragoni di vari reggimenti, preceduti da vessilli dove lampeggiano le aquile dorate. Ma le divise, le insegne, uniscono volontà di uomini che ormai hanno smarrito l'idea sovranazionale dell'impero. I loro giuramenti, ossessivamente ripetuti, si perdono nel vento. E, quando giungono gli ordini superiori per riprendere la marcia, è l'ammutinamento silenzioso e la strage consumata all'interno, prima ancora che la fantasia del nemico si concreti. Nel quadro della catastrofe, mentre i magnifici cavalieri e i loro destrieri affondano nelle onde del Danubio, la passione che s'accende tra l'alfiere Menis e Resa Leng, dama dell'arciduchessa, appare quasi una citazione anacronistica. Galoppi sfrenati nelle notti, sino a sfiancare i cavalli, trasgressioni severe alle norme di guerra: e tutto per uno sguardo, per un bacio. E poi il conflitto tra codici d'onore, dedizione all'amata e fedeltà alle consegne militari. In alcuni passi, nel racconto delle peregrinazioni per portare in salvo lo stendardo da ma¬ ni nemiche, sembra di respirare un'atmosfera rarefatta, irreale oltre i limiti ai quali ci ha abituati la più convinta e partecipe letteratura mitteleuropea. Nella retina del dragone Eppure la scommessa e quindi la fatiscente bellezza del testo risplendono, proprio come le decorazioni delle divise e le bardature dei cavalli, in questa tensione indicibile: un desiderio che è sogno disperato di vitalità e che afferra, un fremito d'amore, la sensazione interiore dolorosa che tutto questo è un attimo da contemplare sull'abisso, mentre un'epoca della storia si chiude rapidamente e rovinosamente. L'immagine estrema nella retina del dragone, il rammarico del comandante prussiano morente «son caduti in tanti», le fiamme che inceneriscono le insegne a Schonbrunn rifulgono come i riflessi di un cristallo sub\to offuscato. Le pagine che descrivono la Hofburg affollata di ufficiali senza più strategie, i manifesti della resa imperiale, lo sgomento della città di Vienna, il nuovo lusso di una classe che s'affaccia al mondo indifferente al tramonto dell'aristocrazia, sono documenti essenziali per comprendere la vita e la cultura e le esigenze di scrittura di LernetHolenia e di altri autori della sua generazione. Ma il fascino del libro, che è fascino di emozioni impalpabili e strane, s'affida agli echi di cavalcate notturne, all'intensità fisica di carezze fuggevoli, e naturalmente alla carica quasi ipnotica dello stendardo, mentre l'armata cavalca, ritmico oscillare come un metronomo di una storia ormai senza tempo. Giuliana Morandini A. Lernet-Holenia Lo stendardo Adelphi pp. 309, L. 24.000

Persone citate: Alexander Lernet-holenia, Giuliana Morandini, Leng

Luoghi citati: Belgrado, Vienna