Per Marcos allarme rosso a Manila di Fernando Mezzetti
Per Marcos allarme rosso a Manila Gli amici dell'ex dittatore si ribellano: esigono funerali in patria o scenderanno in piazza Per Marcos allarme rosso a Manila Mobilitato l'esercito: la Aquino teme una rivolta TOKYO DAL NOSTRO CORRISPONDENTE A suo tempo unitesi nel cacciarlo da vivo, da tempo preparate alla sua fine, le Filippine si dividono ora su Marcos morto. Ferma nel rifiuto di permettergli di tornare morente, Corazon Aquino non lo vuole neanche cadavere. Ha ordinato l'esposizione delle bandiere a mezz'asta, ma ha dato disposizioni affinché la salma del dittatore, spirato giovedì a Honolulu, non possa tornare a Manila, nel timore che manifestazioni o ondate emotive dei suoi nostalgici, che sono molti, possano provocare disordini. Ma questi stanno già annunciando dimostrazioni minacciando di rivolgersi anche alle Nazioni Unite. Mentre altre pressioni stanno montando sulla Aquino, le forze armate sono in stato di allerta nella capitale e in altri centri. A esponenti politici che chiedono umana pietà in un gesto di riconciliazione nazionale si sono uniti ieri giornali che con Marcos, a suo tempo, non erano certamente stati teneri. «Qualsiasi cosa egli abbia fatto, qualsiasi danno egli abbia perpetrato alla nostra patria — scrive l'indipendente "Daily Globe" —, Marcos ha gli stessi diritti di un uomo qualsiasi». Poche ore dopo la notizia della morte, la Aquino aveva dichiarato: «Per la sicurezza e l'ordine sociale del nostro Pae¬ se non sarà consentito che i resti di Marcos tornino nelle Filippine finché il governo non deciderà diversamente». Contro questa decisione si è espresso il senatore Salvador Laurei, ex vicepresidente con la Aquino stessa, affermando la necessità di un gesto conciliatorio che serva anche da riap¬ pacificazione nazionale. Lo stesso ha fatto l'ex ministro della Difesa Juan Ponce Enrile, il quale capeggiò la rivolta militare che decise la definitiva cacciata di Marcos dopo le controverse elezioni che si erano tenute nel 1986: «Il defunto è comunque stato nostro presidente per oltre vent'anni, e co¬ me cittadino ha diritto di essere sepolto nel suo Paese». Da parte sua, la Casa Bianca ha espresso sostegno alla posizione della Aquino, vietando a ogni aereo americano di portare la salma di Marcos da Honolulu alle Filippine. Ieri mattina s'è tenuta una riunione dei capi militari pre¬ sieduta dalla Aquino per un esame della situazione, che appare calma ovunque. Il Paese era peraltro da tempo preparato alla morte del dittatore. Gli ambienti economici si dicono convinti che dopo un leggero choc iniziale non si avrà alcuna ripercussione. La morte potrebbe anche es¬ sere di vantaggio negli sforzi per il recupero di centinaia di milioni di dollari che Marcos ha sottratto al Tesoro: scomparso lui, chi vi è stato coinvolto potrebbe decidersi a parlare. Ieri la Borsa ha avuto un ribasso in apertura, ma si è poi stabilizzata su indici lievemente inferiori ai giorni precedenti. Pur non essendoci stati visibili movimenti di truppe, le misure di sicurezza sono severe. «Alcuni gruppi potrebbero approfittare del momento per infuocare passioni», ha affermato il consigliere della Aquino per la sicurezza nazionale, Rafel lieto. Sostenendo il divieto al rientro della salma, egli suggerisce alla famiglia di Marcos di procedere alla cremazione: il governo non avrebbe obiezioni al rientro dell'urna con le ceneri. Queste sue dichiarazioni hanno suscitato aspre reazioni in un Paese in cui i funerali hanno ritualità maestosa, col cadavere esposto sotto vetro per una settimana tra ghirlande di fiori: La madre di Marcos, morta 16 mesi fa, è ancora imbalsamata sotto vetro: il dittatore, da Honolulu, aveva a suo tempo chiesto invano di rientrare per i funerali, che non sono stati finora celebrati aspettando il suo ritorno. I fedelissimi vorrebbero adesso un'unica cerimonia funebre per tutti e due. Fernando Mezzetti
Persone citate: Juan Ponce Enrile
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