«Salvati da un rene straniero» di Franco Giliberto

«Salvati da un rene straniero» All'estero gli interventi sono facilitati da legislazioni più razionali e incentivi per gli ospedali «Salvati da un rene straniero» In Italia l'attesa media per un trapianto è di 14 anni ROMA DAL NOSTRO INVIATO Farsi trapiantare un rene o viaggiare in autostrada dal casello di Roma Nord a quello di Milano: si corre lo stesso rischio di avere un incidente più o meno grave (lo 0,09 per mille, ossia un infortunio ogni 10 mila persone circa). Il raffronto, apparentemente improprio, è su base statistica ineccepibile. Piccolissimo rischio operatorio dunque, commenta il professor Carlo Umberto Casciani, preside della facoltà di Medicina alla II Università di Roma. Il chirurgo ricorda che un'alta percentuale di malati beneficiari del trapianto di rene — quasi il 97 per cento — è in buone condizioni dopo 18 mesi dall'intervento. Ma anche nel corso degli anni successivi chi ha ottenuto un felice trapianto ha moltissime probabilità di condurre una vita tranquilla; sempre sotto controllo medico a evitare le complicanze del rigetto, ma libero dalla pesante schiavitù del trattamento di dialisi. Le riabilitazioni totali superano il 70 per cento dei casi. E pensare che soltanto 12 anni fa esisteva un mancato attecchimento del rene trapiantato nel 40 per cento degli interventi. Si deve all'affinamento delle terapie antirigetto, alle accresciute conoscenze scientifiche e alle tecniche di controllo e mantenimento, se le prospettive cliniche sono divenute così favorevoli. Oltretutto si sta spostando in avanti l'età «consigliabile» per il trapianto. Fino al 1985, nessun malato che avesse superato i 55 anni andava sotto i ferri. Ora anche chi ha doppiato da poco il capo dei sessanta può essere candidato al trapianto: «Quel che conta è l'età biologica — dice Casciani — ossia le condizioni generali di salute del paziente. Certo, se in persone di una certa età già si sono instaurati processi di arterosclerosi, con indurimento o impoverimento del sistema vascolare, le indicazioni per un trapianto si riducono molto o non si pongono nemmeno». A Torino, il professor Antonio Vercellone ha trapiantato pochi mesi fa un rene a un paziente di 63 anni, che oggi sta benissimo. A Treviso, nella Nefrologia del professor Ciro De Rosa, una signora di 61 anni ha ricevuto un «rene nuovo», dopo 14 anni di attesa e di emodialisi snervante: sembra rinata. Annotavamo in due precedenti articoli sull'argomento il calvario dei 24 mila italiani, malati di grave insufficienza renale, costretti oggi a dipendere dal rene artificiale per sopravvivere. Di questo esercito che non può fare a meno dell'emodialisi trisettimanale, una parte considerevole — diecimila persone — è iscritta nelle liste di attesa per il trapianto. Lunghissime attese, mediamente pari a 14 anni: questa è la situazione dei malati italiani. Per analogo intervento, in Portogallo si aspetta 7 anni, in Spagna 3 anni e mezzo, in Svizzera 3 anni, in Belgio, Francia e Germania 2 anni e mezzo, in Inghilterra 2 anni, in Finlandia un anno, in Norvegia 7 mesi. La dottoreessa Franca Pelimi Gabardini, segretaria generale dell'Aned, associazione degli emodializzati italiani, rammenta che la discussione sui trapianti accomuna tutti in Europa, pur con alcune marcate differenze: «Per esempio, durante un convegno a Vienna, nel sentire che l'Olanda si lamentava perché nel 1988 aveva avuto 600 nuovi pazienti entrati a far dialisi trisettimanale. mentre i trapianti in quello stesso anno erano stati "soltanto" 400, a noi sembrava che gli olandesi fossero abitanti di un altro pianeta». In rapporto alla popolazione, il ritmo dei trapianti di rene in Italia è lento: 491 interventi nel 1985,430 nel 1986, 509 nel 1987, 593 l'altr'anno. «E invece nel nostro Paese ne sarebbero necessari 2300 l'anno — dice Casciani — per far fronte razionalmente alle necessità degli insufficienti renali gravi, popolazione di malati che cresce di circa duemila unità l'anno». Nel 1988, accanto ai 593 «trapiantati» in patria, bisogna contare altre 390 persone che hanno trovato all'estero la possibilità di ricevere un rene: soprattutto in Belgio, Francia, Austria e Inghilterra. Al di là delle Alpi ci sono legislazioni razionali, ispirate da analisi scientifiche indiscutibili quanto a prelievo d'organi da cadaveri. Se vuole il cielo, in Italia la situazione angosciante per i gravi malati di reni non sembra che finora abbia prodotto casi limite, situazioni aberranti. Al di là delle condizioni difficili e qualche volta di indegna speculazione che si rileva nella pratica dell'emodialisi specialmente al Sud, casi di commerci d'organo non sono segnalati. Esistono alcuni «brokeraggi clinici», ovvero qualche intermediazione interessata per sbrigare documenti e pratiche che favoriscano il viaggio e la sistemazione all'estero di chi ha bisogno di un trapianto di reni. Ma l'Aned è così attenta a questi problemi e così capillarmente informata, che in Italia nessuno può impunemente agire sfruttando le disgrazie altrui. Franco Giliberto 81 BELGIO 128 FRANCIA GERMANIA I TRAPIANTI DI RENE ALL' ESTERO I DATI SI RIFERISCONO AL 1987 TOTALE 1987: 323 TOTALE 1988: 390 EGITTO ALTRI IEV TOTALE TRAPIANTI DI RENE ESEGUITI IN ITALIA 1987: 509 1988: 593

Persone citate: Antonio Vercellone, Carlo Umberto Casciani, Casciani, Ciro De Rosa