Guerriglia tra viet e giovani russi di Enrico Singer
Guerriglia tra viet e giovani russi unione sovietica w Vecchi rancori, interessi, malcelato razzismo: decine di feriti in un quartiere di Mosca Guerriglia tra viet e giovani russi / cooperanti asiatici accusati di accaparramenti MOSCA DAL NOSTRO INVIATO Tutto è cominciato la sera del 20 settembre. Una rissa nel quartiere Orekhovo-Borisovo, alla periferia di Mosca: da una parte una banda di giovani russi, dall'altra degli operai vietnamiti. Un centinaio di persone che in meno di un'ora hanno trasformato le strade in un campo di battaglia, hanno lanciato bottiglie, sassi, hanno eretto addirittura delle barricate attorno ai due palazzi dove vivono quasi 1600 «cooperatori» sbarcati dal Vietnam nella fabbrica di automobili «Zil» che sorge poco lontano. La polizia è riuscita a riportare l'ordine a notte fonda. E con un bilancio pesante: decine di feriti, compreso un agente della Milizia colpito da una coltellata. Ma questa prima esplosione di violenza non è stata che l'inizio. Il giorno dopo un altro ac¬ coltellamento, un altro intervento della polizia con un ispettore ferito e un arresto: un vietnamita portato via sotto una pioggia di bottiglie lanciate dalle finestre dei due palazzi ormai saldamente barricati. A questo punto la «crisi interetnica» nel sobborgo moscovita è arrivata al suo apice. Un altro centinaio di operai vietnamti ha preso d'assalto il commissariato di zona per liberare l'arrestato. La battaglia è stata accanita: cinque agenti di polizia sono stati feriti, uno è stato colpito con un accetta e si è salvato soltanto grazie al suo giubbetto protettivo. Alla fine sono arrivati reparti di Milizia in rinforzo, la «banda» di vietnamiti è stata dispersa e il prigioniero è rimasto nella cella del commissariato. Ma a Mosca una guerriglia di strada tanto feroce e sanguinosa non c'era mai stata. E ieri il giornale Moskovskaja Pravda, nel raccontare tutta la vicenda in un articolo intitolato «Barricate nel quartiere dei vietnamiti», non nascondeva la sua sorpresa e la sua indignazione. Anche perché la «guerra di Orekhovo-Borisovo» ha avuto uno strascico sindacal-diplomatico: gli operai vietnamiti dello stabilimento «Zil» si sono messi in sciopero ed è intervenuta l'ambasciata di Hanoi che ha ottenuto la libertà provvisoria dell'arrestato per calmare, almeno temporaneamente, le acque. Ma perché tutto questo? Il giornale moscovita ha una sua tesi. I quasi ot.tocentomila russi che abitano nella zona di Krasnogvardejskij — una specie di città-dormitorio che comprende il quartiere di Orekhovo-Borisovo — non ne possono più dei diecimila vietnamiti che sono installati in una serie di palazzi a loro riservati. Li accusano di fare incetta di tutto quello che si trova nei pochi negozi di questa parte moderna della periferia di Mosca per spedirlo, poi, in Vietnam. Anzi, c'è chi sostiene che la piccola comunità vietnamita di Mosca comprerebbe tutto quello che può non solo per spedirlo in patria, ma anche per rivenderlo a prezzi maggiorati in mercatini improvvisati. E i russi del quartiere avrebbero anche paura, perché gli operai vietnamiti che arrivano con contratti di sei anni sono, in grandissima parte, ex combattenti: ex «vietcong» abituati a farsi rispettare. Dietro la «guerra di Orekhovo-Borisovo», insomma, c'è un intreccio di rancori, c'è uno scontro d'interessi, forse anche un punta di razzismo che ogni tanto emerge nonostante la retorica dei «popoli fratelli». Una miscela che resta esplosiva anche se, adesso, le barricate non ci sono più. Enrico Singer
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