Un fungo di gas fa tremare la Loira
Un fungo di gas fa tremare la Loira Dal sottosuolo, col frastuono di un Concorde, si sprigionano 150 mila metri cubi l'ora Un fungo di gas fa tremare la Loira Parigi chiede aiuto al pompiere volante texano Joe Bowden PARIGI NOSTRO SERVIZIO Chémery è un piccolo villaggio nella Loira, non lontano da Orléans. Da 21 anni gli abitanti convivono con un potenziale vulcano sotto i piedi. Le verdi colline, le distese di querce interrotte da ruscelli coprono il più grande deposito di gas naturale del mondo: 5,8 miliardi di metri cubi, in buona parte metano, nascosti nella falda sottostante il Paese. Lunedì mattina il gas ha rotto il suo silenzio e la quiete di Chémery. Un boato ha segnalato l'incidente, al pozzo numero 13. Una squadra di tecnici stava effettuando un'operazione di manutenzione quando — per motivi imprecisati — il tubo si è rotto. Grosso modo è ciò che succede nel nostro bagno quando «si rompe» un lavandino e l'acqua esce a fiotti, inarrestabile. In quel caso si deve cerca¬ re di stringere il sifone. E' ciò che hanno tentato di fare le squadre di soccorso di Gdf. Ma un conto è lottare con l'acqua, un altro è fronteggiare un nemico invisibile ed insidioso come il gas. La sua formula è CH4, molecole di carbonio e di idrogeno che danno origine ad un composto non tossico e «assolutamente innocuo per l'uomo», come si è affrettata a dichiarare la prefettura di Loireet-Cher. Il CH4 si diluisce nell'atmosfera, a duecento metri di altezza. Ma c'è un dettaglio che fa rabbrividire: basta una scintilla vicino a quella «fuga», un getto alto 40 metri, per scatenare il finimondo. Il prefetto ha vietato il'sorvolo aereo della regione ed imposto un perimetro di sicurezza di 300 metri. Per 36 ore il gas è uscito dal tubo rotto col rumore di un Concorde al decollo. Poi è arrivato, dal Texas, l'uomo della provvidenza: Joe Bowden, 57 anni, il «pompiere volante» erede del mitico Red Ader. Bowden ieri pomeriggio è salito sulla piattaforma del pozzo numero 13. Accanto aveva il figlio e tre tecnici di Gdf. Davanti una grande macchina «a pinza» per cercare di stringere il tubo e riempirlo poco alla volta di un impasto di fango speciale e biglie d'acciaio. Un tappo definitivo per ricacciare il gas nel serbatoio naturale. Sono cinque uomini soli che lottano col gas, che fuoriesce a 150.000 metri cubi ogni ora: il fabbisogno quotidiano di una città di duecentomila abitanti. Intanto nella sede parigina di Gdf si fanno i calcoli: in quasi due giorni di fuga si è perso nell'aria quanto basterebbe per riscaldare Torino per un inverno. Il deposito sotterraneo è stato adottato da Gaz de France (Gdf) fin dagli Anni Cinquanta. Si basa sulla constatazione che in certe falde occupate da ac¬ qua e sormontate da uno strato di argilla impermeabile di almeno 150 metri (come a Chémery) il gas si può fare strada grazie ad un'elevata pressione, può respingere il liquido più lontano e sistemarsi tra gli stati rocciosi. In pratica, un enorme deposito naturale sotterraneo. Molto più sicuro, ecologico ed economico dei silos metallici in superficie. Fer inserire il gas nella falda, a 137 bar di pressione, si utilizzano lunghi tubi infilati nel sottosuolo, 1100 metri sotto i prati. In superficie solo una quindicina di grandi valvole segnalano la presenza dei pozzi del sito di stoccaggio. La riserva indispensabile per i lunghi inverni del Nord della Francia. Allora il gas-metano scorre silenzioso nella rete di distribuzione per portare calore in case lontane centinaia di chilometri. Paolo Potetti
Persone citate: Bowden, Joe Bowden, Paolo Potetti, Red Ader
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