«Quei 3 fratelli devono morire»

«Quei 3 fratelli devono morire» Erano nipoti di un boss, uno di essi qualche anno fa sfuggì a due agguati «Quei 3 fratelli devono morire» Assassinati e sfregiati nelNuorese NUORO. Ancora un agguato nel «triangolo della morte», tre fratelli uccisi, con una tecnica da commando, nel più perfetto stile della malavita isolana. Con un'unica variante: i killer, due, forse tre, hanno atteso le vittime predestinate nascosti dietro la carcassa di un'auto, non dietro il classico muretto a secco. Sul movente dell'omicidio un ventaglio di ipotesi legate soprattutto al cognome degli assassinati, nipoti di un personaggio storico negli annali della criminalità isolana, quel Carmelino Coccone spesso chiamato in causa per sequestri di persona e altri gravissimi episodi di criminalità che sconfinavano nel terrorismo rosso e, quasi con identica frequenza, assolto nelle aule di giustizia. Nicolò, Ciriaco e Luigi Coccone, 33, 31 e 27 anni, di Orune (paese ad una ventina di chilometri da Nuoro), sono stati trucidati, all'alba, mentre si recavano nel loro ovile, a poca distanza dalla strada che unisce il capoluogo barbaricino a Benetutti. Erano da poco trascorse le 6,30. A bordo della «Duna» diesel bianca con la quale avevano lasciato qualche tempo prima Orune, i fratelli Coccone si dirigevano verso il loro ovile, in un pianoro disseminato da grandi querce da sughero. Erano disarmati, segno di grande tranquillità in una regione in cui la doppietta è spesso l'unica compagna di vita. Mettevano forse a punto i programmi di lavoro per la settimana che s'apriva. Gli assassini si sono materializzati silenziosamente alle spalle della vettura: la prima fucilata ha centrato il cristallo della «Duna» e i pallettoni hanno probabilmente colpito l'autista, Nicolò, forse uccidendolo sul colpo. La macchina ha proseguito la sua corsa, ha urtato contro un roccione e si è rovesciata sulla fiancata destra, mentre i killer continuavano a svuotare i caricatori dei loro fucili calibro 12. Dieci colpi, in rapida successione. Con grande calma, i killer si sono avvicinati alla macchina: ancora una fucilata esplosa da breve distanza contro il volto di ciascuno dei tre fratelli. Il delitto è stato scoperto circa un'ora più tardi da un pastore che si recava nell'ovile per aiutare i fratelli Coccone. Il testimone (per «ragioni di sicurezza» le forze dell'ordine si sono rifiutate di fornirne il nome) ha lanciato l'allarme. E' iniziato il solito rituale degli accertamenti coordinati dal sostituto procuratore della Repubblica di Nuoro, Sandro Norfo, e i controlli svolti da carabinieri e polizia; i primi interrogatori. Giunta di bocca in bocca sino al paese, la notizia del triplice omicidio ha scosso Orune: tre morti, in un'unica imboscata, «sono troppo anche per noi, pur abituati a fatti di sangue», ha commentato in piazza un pastore, dove aver ottenuto con una perentoria richiesta la promessa dell'anonimato. In effetti, dal 19 maggio del 1985 (tre persone uccise a Oniferi, non lontano da Nuoro) non veniva registrato in Barbagia un episodio tanto barbaro. Ha colpito poi la volontà dei killer di sfra¬ cellare il volto dei morti. Le prime indagini non hanno chiarito il movente del feroce delitto. La zona è considerata calda, passo obbligato per le bande che sequestrano, o che s'impadroniscono di bestiame. I fratelli Coccone venivano considerati estranei alla faida di Orune, ma nel gennaio di quattro anni fa e poi nel maggio del 1987 Nicolò era sfuggito, quasi incolume, a due imboscate. Le vettura utilizzata ieri come nascondiglio dai killer, una «R-5», era stata inoltre distrutta da una bomba. Vengono infine sottolineati i legami di parentela con Carmelino Coccone (che sconta a Trani una condanna a diciassette anni di reclusione per tentato omicidio e banda armata) e con un altro Coccone, Pietro, coinvolto nel 1981 nell'assassinio del carabiniere Santo Lanzafame, delitto attribuito a Barbagia Rossa, filiale isolana delle ben più tristemente famose Brigate Rosse. Corrado Grandesso