Radice ha conquistato Roma di Marco Mazzocchi

Radice ha conquistate Roma L'opera del tecnico e non solo il calendario spiegano l'attuale secondo posto Radice ha conquistate Roma Due mesi fa l'anonimo arrivo, oggi la gloria ROMA. I casi della vita: poco più di due mesi or sono, Gigi Radice sbarcava a Roma in parziale segretezza e nel completo disinteresse della tifoseria giallorossa. Sobillati da una campagna di stampa denigratoria nei confronti dell'ex tecnico granata, i sostenitori giallorossi, già delusi da una stagione terminata nel peggiore dei modi, identificavano Gigi Radice con il ritorno alla Rometta dei tempi che furono e i successivi acquisti di Berthold, Cervone e Comi con il crollo delle ambizioni di un ex grande club. Ora, la Roma si trova a un passo dalla vetta della classifica, subito dietro la squadra del figliol prodigo Maradona a riaffermare il predominio del Centro-Sud nel calcio italiano. Sottovoce si sente addirittura parlare di chance-scudetto e, dalle stesse pagine romane che all'inizio della scorsa estate preconizzavano per la squadra giallorossa un avvenire da aspirante retrocessa, giungono gli echi della «magica Roma». Eppure, in campo, domenica dopo domenica scendono con la maglia di titolari anche Berthold, Cervone e Comi: i primi due da primattori, il terzo ancora da comparsa ma sempre più a suo agio nella parte assegnatagli. Eppure, in panchina, va ancora il tanto vituperato Radice, adesso issato a Salvatore della Patria. Già, la Roma non è Rometta. Complice una straordinaria serie di fortunate circostanze la Roma è lassù, in attesa di esami probanti. In effetti, un certo aiuto dal Fato Gigi Radice non può negare d'averlo ricevuto: l'imperativo di dover giocare lontano da casa e dalle eventuali contestazioni le prime tre partite ufficiali della stagione nel momento in cui la squadra non girava certo alla perfezione; il sorteggio di Coppa Italia che ha concesso ai giallorossi l'opportunità di affrontare in due turni altrettante formazioni di serie C; l'invidiabile calendario di campionato che gli ha proposto incontri con neopromosse o formazioni di classifica medio^bassa; le imprese di Ge¬ nova e Bari dovute all'abilità tra i pali di Cervone ma anche all'ingenuità e all'imprecisione degli avversari. Coincidenze che portano oggi la Roma a ospitare il Cesena con la speranza almeno di agganciare in testa alla classifica il Napoli, prima di affrontare il tremendo trittico Inter-NapoliMilan in serie. A parte i meriti del caso, non si può certo nascondere la bontà del lavoro svolto finora da Radice. In primis, va dato atto al tecnico lombardo di aver subito fatto chiarezza nello spogliatoio: basta con le formazioni da inventare giorno per giorno, basta con le maglie sospese tra questo e quel giocatore fino a cinque minuti dal fischio d'inizio. Gli undici sono questi, i panchinari questi altri. Addio quindi a rivalità, antipatie e clan, figli primigeni della lotta per il posto in squadra. Ma non si può dimenticare il nuovo entusiasmo, la carica che Radice ha impresso ai suoi giocatori. Nemmeno un anno fa, di fronte ai veementi attac¬ chi del terribile Genoa di Scoglio, la truppa giallorossa si sarebbe defilata in pochi minuti; così come sotto di un gol a Bari non avrebbe mai avuto la forza di ribaltare il risultato. Radice ha rilanciato Rizzitelli, rimesso al mondo del calcio Gerolin e Desideri, dato a Giannini i compiti che più gli aggradano. E non solo. Nonostante in questo momento tutto vada al meglio si è proposto come parafulmine della squadra nel momento in cui ha accettato, anzi imposto, al presidente di rinunciare al terzo straniero non potendo arrivare al «traditore» Vanenburg. Così, se questo idillio dovesse prima o poi interrompersi sarà lui a portare la croce, a patire gli inevitabili attacchi della stampa capitolina che ora lo accudisce come un figlio. Intanto, si gode le ovazioni del Flaminio e gli applausi dei 2000 tifosi tornati dopo tanto tempo a Trigoria, per seguire gli allenamenti dei propri beniamini. Marco Mazzocchi

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