«Racket del rene al Sud» di Franco Giliberto

«Racket del rene al Sud» Incredibili odissee per i 24 mila italiani costretti alla dialisi «Racket del rene al Sud» I malati accusano le strutture private MILANO DAL NOSTRO INVIATO A Roma un primario d'ospedale è stato accusato di portarsi a casa i filtri dell'emodialisi (costano 35 mila lire l'uno), per poi adoperarli in una clinica privata diretta dalla moglie. E' finito in carcere e sui giornali. Caso limite, forse. «Ma quante altre vicende simili, un po' meno gravi o un po' più gravi, capitano ai ventiquattromila italiani che hanno bisogno del rene artificale per vivere?», si chiede la dottoressa Franca Pellini Gabardini, segretaria generale dell'Aneti, Associazione nazionale emodializzati. La sua domanda è un invito a sollevare il coperchio di una pentola in cui ribollono mille problemi. L'Aned è un organismo battagliero, bene organizzato, che raccoglie anche dati epidemiologici e statistici, tecnici e scientifici. Se non di quattrini, è ricco di strumenti operativi volontaristici, e si pone quotidianamente al servizio di quelle persone che rimangono in vita solo grazie alla depurazione trisettimanale del sangue. Nella sede milanese dell'associazione, almeno un paio di volte all'anno, tutti i delegati provinciali e regionali si riuniscono per uno scambio di notizie e di esperienze. Quasi tutti sono in trattamento dialitico, perciò scelgono la domenica come giorno di riunione. Hanno poche ore libere: discutono la mattina e il pomeriggio, poi ritornano ai luoghi di residenza in fretta, perché il lunedì la maggior parte di loro dovrà legarsi per quattro ore all'apparecchio che consente di continuare a vivere. Qualche giorno fa abbiamo partecipato a una di queste riunioni, per disegnare la mappa italiana dell'assistenza ai nefropatici in base a testimonianze dirette. Innanzi tutto, ne è uscito un confronto tra due Italie. Al Nord una relativa buona situazione del problema assistenziale: nel 99 per cento dei casi i trattamenti dialitici sono affidati a strutture ospedaliere pubbliche, collegate a divisioni di nefrologia sulla cui esperienza e capacità scientifica non si avanzano dubbi. Si lamenta qualche carenza di personale medico e infermieristico, la scarsezza di posti dialisi. A Milano, per esempio, novanta malati (in Lombardia hanno bisogno del rene artificiale quasi cinquemila persone) sono costretti a cercare il trattamento trisettimanale fuori provincia. Ma al Sud, c'è più d'un segnale di sfacelo. Nel Lazio, in Campania, in Sicilia sono le strutture private (in media nel 75 per cento dei casi) a garanti¬ re l'emodialisi. Spesso senza controlli, e instaurando tacitamente o deliberatamente una specie di monopolio tariffario: con prezzi per ciascun trattamento che, anche se coperti grazie a convenzioni dal Servizio sanitario nazionale, sono spesso doppi e tripli di quelli ospedalieri. Ecco qualche testimonianza degli interessati. Dalla Puglia: «Siamo la regione che nel giro di pochi chilometri ha la maggiore concentrazione di posti dialisi privati. Tra Bari, Bisceglie e Santo Spirito, 500 malati affluiscono a un'unica casa di cura. Da 7 anni aspettiamo la ristrutturazione del Centro trapianti di Bari». E poi un risvolto inquietante: «Tra gli azionisti della casa di cura privata c'è un noto uomo politico. Alle difficoltà che ha incontrato il centro pubblico di dialisi, rimasto chiuso per anni dopo una fìscalissima ispezione, ha contribuito un'inchiesta della magistratura aperta da un giudice, la cui moglie ha finito per essere assunta nella struttura privata». Dal Lazio e dalla Sicilia: «Capita troppo spesso che chi ha bisogno di cominciare un trattamento dialitico, rivolgendosi a un ospedale pubblico, si senta dire che forse non vale la pena di entrare lì: la confusione è troppa, il personale scarso, le apparecchiature così e così... E subite dopo arriva l'invito a rivolgersi a una struttura privata dove, guarda caso, quello stesso medico ospedaliero ha una partecipazione, quando non ne è il proprietario». Dall'Abruzzo: «A volte ci viene in mente che questo stato di cose sia volutamente tenuto così, compreso il mancato impegno per i programmi di prevenzione e per il decollo dei trapianti di reni: così si continua tranquillamente a lucrare sulla pelle di migliaia di malati sia vecchi che nuovi. I nuovi, ormai, in Italia approdano alla penultima spiaggia della dialisi in misura di quattromilacinquecento persone l'anno». Dalla Campania: «L'Aned qui non riesce nemmeno ad avere un comitato o dei delegati, tanto si è incancrenita la situazione, tanti sono i timori di denunciare le anomalie. Quasi tutta l'assistenza è in mano a privati, sovente in situazioni strutturali che superano i limiti di decenza. E per paradossale contrappasso, ci sono ospedali che largheggiano in organici, senza produrre servizi in proporzione. Un esempio per tutti: ad Angri il servizio di nefrologia e dialisi è affidato a 10 medici e 13 paramedici, per dieci pazienti soltanto in dialisi trisettimanale». Franco Giliberto

Persone citate: Franca Pellini Gabardini