Esploso in volo il DC-10 francese di Paolo Poletti

Esploso in volo il DC-10 francese Difficile l'opera di recupero delle 171 vittime nel deserto del Tenere, in Niger Esploso in volo il DC-10 francese Quasi certo un attentato, 9 italiani tra i morti PARIGI NOSTRO SERVIZIO Una bomba, e foise della Jihad islamica. Centosettantuno morti in nome, ancora una volta, della spietata logica del terrore. Ieri sera a Parigi ci si sforzava di non credere a questa terribile ipotesi. Ma i dati sono tutti lì, concordi, ad avvalorarla. E la compagnia privata Uta la indica chiaramente. Il suo DC-1Ò — dicono gli esperti — è esploso in volo, 650 chilometri dopo il decollo da N'Djamena, in Ciad. Un'esplosione improvvisa, che non ha nemmeno lasciato il tempo di lanciare un Sos al comandante Georges Raveneau, uno dei decani dell'aviazione francese, istruttore di volo proprio sui DC-10. Un'esplosione di questo tipo — aggiunge Michel Pecorini, presidente dei piloti della Uta — si verifica solo per un attentato. Altrimenti c'è sempre il tempo di lanciare l'allarme. Ieri le prime squadre di soccorso hanno trovato i rottami del trireattore francese, sparsi su una vasta zona. La cabina di pilotaggio era intatta, a dieci chilometri dalla coda, pure intatta. Ma in mezzo non c'era più nulla, se non minuscoli detriti e qualche cadavere di passeggero ancora legato alla poltrona con la cintura di sicurezza. Lo stesso scenario di Lockèrbie, quando il B-747 della Pan Am venne fatto esplodere con una carica di Semtex. Sempre ieri, a mezzogiorno, è giunta una rivendicazione. Lascia perplessi i francesi, ma va registrata, Un uomo, che si esprimeva in inglese con forte accento straniero, ha telefonato alla redazione di Londra di un'agenzia di stampa. A nome della Jihad Kà rivendicato l'attentato al volo 772 dicendo che «i francesi d'ora in poi dovranno smettere di scambiare informazioni con gli israeliani a proposito dello sceicco Qbeid», E' il capo religioso sciita sequestrato da un commando di Israele nel Sud Libano. L'interlocutore ha aggiunto che «la Jihad chiede la libertà dello sceicco Obeid, altrimenti a Parigi ricominceranno gli attentati, come quelli del 1986». Il bilancio, allora, fu pesante: 14 morti nelle strade della capitale, in una de- cina di esplosioni di bombe «alla libanese». Certo il periodo scelto dai presunti attentatori lascia scettici. La Francia sta riallacciando le relazioni con l'Iran, due anni dopo la «guerra delle ambasciate» legata proprio agli attentati parigini dell'86. La squadra navale al largo del Libano dovrebbe rientrare a Tolone nei prossimi giorni. Con la Libia il Ciad, protetto da Parigi, ha firmato il trattato di pace proprio venti giorni fa. È anche i rapporti con la Siria sono in via di miglioramento. Ma in Africa centrale — è noto da tempo ai servizi segreti occidentali — è ben attiva una rete clandestina sciita. L'aeroporto di N'Djamena, capitale del Ciad, è poco protetto. Nella zona civile nessuno controlla con attenzione i bagagli dei passeggeri che si imbarcano sul volo quotidiano per Parigi, monopolio della Uta da venti anni. Martedì 9 passeggeri erano sbarcati a N'Djamena dal volo 772, sul quale erano saliti nello scalo d'origine, Brazzaville in Congo. Ora la polizia ciadiana li ricerca. Tra di essi poteva tranquillamente nascondersi un attentatore, che avrebbe lasciato a bordo la valigia al plastico, imbarcata a Brazzaville. E c'è anche il precedente. Nel 1984, in pieno conflitto CiadLibia, un DC-8 della Uta esplose al suolo, a N'Djamena, mentre si trovava vuoto su una piazzola di sosta. Allora si disse che era stato un «avvertimento» dei servizi segreti libici ai francesi. Ma alla luce della catastrofe di martedì potrebbe essersi trattato di un fallito attentato in volo. Dopo quell'episodio la compagnia decise di impiegare, a N'Djamena e in altri scali africani, personale di sorveglianza fornito dall'agenzia «KO International», ben nota nell'ambiente dei guardaspalle dei Vip. Un filtro di relativa efficacia perché le autorità ciadiane vietarono la presenza dei «gorilla» francési all'interno dell'aerostazione, tanto che i controlli dei bagagli dovevano essere effettuati all'esterno, sui marciapiedi. Da alcuni mesi il controllo della «KO International» è stato soppresso dalla Uta, per ragioni finanziarie. E anche questa è una coincidenza notata dagli inquirenti. Compresa l'equipe Usa, da ieri nel Ciad per collaborare all'inchiesta. La lista dei 171 passeggeri (tra cui 5 bambini e 3 neonati) non è ancora stata fornita dalla Uta. Si sa che la maggior parte erano di origine africana. Tra di essi il ministro della Cooperazione del Ciad, Soumaila Mahamat. Ma a bordo c'erano anche 9 italiani e 46 francesi, inclusi i 14 membri dell'equipaggio. C'erano l'attore Jean-Pierre Klein e la moglie del capitano della nazionale francese di tennis. C'erano anche alcuni americani (tra cui la moglie dell'ambasciatore Usa in Ciad) e due vescovi svizzeri. Paolo Poletti

Persone citate: Georges Raveneau, Michel Pecorini, Obeid, Pierre Klein