L'AMERICA E' UNA TROTA FINTA PAROLA DI BRAUTIGAN, TENERO HIPPIE

L'AMERICA E' UNA TROTA FINTA PAROLA DI BRAUTIGAN, TENERO HIPPIE L'AMERICA E' UNA TROTA FINTA PAROLA DI BRAUTIGAN, TENERO HIPPIE IL 26 ottobre 1984, in una sporca casa di Bolinas, California settentrionale, venne trovato il cadavere dello scrittore Richard Brautigan. Ucciso prima dall'alcol, poi dalla pistola che si era puntata addosso. Con il suo fisico «tra Mark Twain e un airone», gambe lunghe, profilo da uccellacelo, sempre accompagnato da un cappello grigio e sformato, tardo hippy con qualche amuleto. Passeggero strampalato e in ritardo degli Anni Ottanta, aveva percorso come un eroe puro e prodigo di fantasia i più felici Sessanta di San Francisco, quella West Coast che sembrava destinata a restare sempre un Tibet elettrificato e magico. E in questo mondo nuovo aveva lasciato un ricordo originale: una «trota». Il pesce di La pesca alla trota in America, romanze scritto da Brautigan nel '67 e ora tradotto da Serra e Riva (pp. 160, L. 22.000). «Una trota iridata di venticinque centimetri è stata uccisa. Privata per sempre della vita nelle acque della terra dalla somministrazione di un sorso di vin dolce». Con questo libro Brautigan divenne di colpo un simbolo, il romanziere dell'era hippie, un cugino poi dimenticato di Coover e Kosinski, il poeta dei nuovi innocenti. In traiettoria con Bukowski, Miller, John Fante. Anche i guai cominciarono con la «trota». Con i due milioni di copie vendute sulle due sponde del Pacifico. Con un'inutile resistenza all'aggressione della fama. E negli Anni Settanta l'affanno dei sogni non mantenuti venne curato con bottiglie di Calvados e compresse di Stelazina. Ma c'era stato un momento magico. California, 1967. «Ora stiamo per avere il nostro mondo». A Monterey il primo festi¬ val pop con i Beach Boys e Ravi Shankar. A Prisco le letture di Robert Creeley in sale consacrate all'acido. Da Londra la conferma del sogno nei cieli alla marmellata dì «Lucy in the Sky with Diamonds». A quest'onda felice si unì con agilità Brautigan, dimostrando che era possibile scrivere quello che si vuole, per chi si vuole e avere successo, o almeno mantenersi. Brautigan era nato nel '35 a Tacoma, Nord, Stato di Washington. Infanzia mortificante, la famiglia proletaria lo abbandona, vede suo padre solo due volte (ed entrambe le volte il padre lo liquida dandogli i soldi per un biglietto del cinema). Si cura con Sherwood Anderson, Melville, Maupassant. Sceso in California pubblica le prime poesie, scrive i testi delle canzoni di Janis Joplin, pubblica un romanzo. Il generale immaginario. Compaiono i dropouts, gli artisti mancati, queste case fatiscenti aperte sull'oceano o le periferie acciaccate delle cittadine costiere. Finché nel quartiere hippie di San Francisco scrive diciassette versioni di Troutfishing in America. Diciassette traduzioni; nascita di un romanzo culto. Nel libro si parla solo di pesca alla trota sui fiumi americani, eppure non è un romanzo sulla pesca sportiva come L'Ulysses non è l'agenda di una giornata di Leopold Bloom. Nell'America descritta da Brautigan, l'attività più semplice e gustosa, gettare la propria esca in un ruscello e attendere, non è possibile. Il mondo non è più quello dove guizzano i pesa iridati e gli alberi si riflettono sull'acqua cristallina. Tutto ciò non esiste più nel suo senso semplice e compiuto. L'avaria ecologica e spirituale ha cancellato la vera pesca e nel romanzo straripa perversamente e con effetti comici un luogo linguistico, un «tormentone» surreale chiamato «pesca alla trota in America». Prende posto in uno storpio, una baracca, un cimitero, un albergo carico di prostitute. In questa brutta e violenta copia del sogno California l'unico fiume disponibile è quello, di seconda mano, offerto da un «Deposito demolizione»: 17 dollari e 50 al metro. Cascate, animali (finiti, tranne gli insetti), esclusi. Scrissero che Trout fishing in America era composto di frasi corte, spezzettate in modo da poter essere letto agevolmente anche sotto l'effetto dell'acido. Brautigan però fumò solo marijuana, nel '67 smise per paura che gli bloccasse la fantasia. Lo stile fu etichettato da «costa occidentale». Anche se parlava la lingua di tutta la nuova generazione psichedelica. Anche se all'inizio riuscì a reagire con calma e understatement alla fama, fu proprio il successo a intossicare il romanziere dalla faccia triste. Ricco, non riuscì evitare noia ed errori. Con gli Anni Settanta nella sua vita era entrato qualcosa di non salubre. Era sempre più solo, soprattutto quando decise di vivere in un ranch del Montana, senza amici. Restava il vino (tre litri per cena), una crescente fame di soldi. Leggere Lapesca alla trota in America è entrare in una delle camere più irriverenti e felici dell'abbandonato hotel degli Anni Sessanta. E ritrovare uno scrittore presto dimenticato perché lui per primo aveva cercato di cancellarsi. «Finii con l'essere la trota di me stesso e mi mangiai la fetta di pane», scrive, dopo l'ennesimo fallimento, lui con le sue esche di mollica, quando batte le nocche sul vispo torrentello e gli risponde il suono del legno. Michele Neri // romanziere americano Richard Brauligan, autore di «Pesca alla trota in America»