LA FORZA DELLA MELA

LA FORZA DELLA MELA LA FORZA DELLA MELA Newton in una monumentale biografia dello storico Westfall Lo scienziato e l'uomo, il fisico razionalista e il mago-teologo PADRE fondatore della scienza moderna ma anche epigono degli alchimisti, persecutore dei falsari e tutore deMa Zecca inglese, teologo in sospetto di eresia, genio talvolta offuscato da disturbi nevrotici. E' Isaac Newton, lo scopritore della legge di gravitazione universale, come ce lo restituisce la biografia di Richard S. Westfall, opera di rocciosa solidità ma non per questo scostante alla lettura, sicuramente un punto di riferimento inevitabile per ogni storico che vorrà occuparsi del pensiero scientifico. (Einaudi, pp. 959, L. 150.000) Westfall è già un nome ben noto agli studiosi di Newton. Un suo saggio è stato tradotto per II Mulino nel 1982, e cinque anni fa lo stesso editore ha pubblicato un altro suo studio sulla rivoluzione scientifica del XVII secolo. Professore di Storia della scienza alla Indiana University, da vent'aftni Westfall scava negli archivi newtoniani. Nessuno come lui ha approfondito il travaglio intellettuale che ha visto nascere il calcolo differenziale, la meccanica celeste e l'ottica, le tre grandi realizzazioni dello scienziato inglese. Eppure, paradossalmente, Westfall dice di aver provato, via via che procedeva nella ricerca, un senso di estraneità crescente: «Più ho studiato Newton, più l'ho sentito allontanarsi da me». In effetti la diversità di Newton da tutte le altre personalità di scienziati, una diversità della statura intellettuale, ma anche dell'impasto umano, prima o poi viene avvertita da chiunque si avvicini alla sua opera. Anche attraverso questo biografia. Tanto che il lettore probabilmente consentirà con l'autore quando conclude: «Il risultato finale dei miei studi su Newton mi ha convinto che, nei suoi riguardi, non vi è misura possibile. Egli è diventato per me qualcosa di totalmente altro, uno di quei genii supremi, estremamente rari, che hanno foggiato le categorie dell'intelletto umano; un uomo non riducibile ai criteri con i quali ci sforziamo di comprendere il nostro prossimo». Direttore della Zecca Si penserà che questo atteggiamento debba approdare a una biografia-monumento, a una canonizzazione. Non è stato così. Westfall non cade mai nell'aneddotico, e tuttavia non tralascia mai un aneddoto. Neppure quello famoso della mela, così popolare da ricordare l'iconografia degli «ex voto». Dunque davvero Newton intuì la legge di gravitazione universale vedendo cadere una mela nel giardino che circondava la casa materna del Lincolnshire? «Le testimonianze sull'episodio sono troppo eloquenti perché sia possibile disfarsene puramente e semplicemente», annota Westfall. Poi però osserva anche quanto possa essere simbolico il legame tra la mela e la conoscenza e chiarisce che, alla luce dei documenti, la scoperta della gravitazione universale—la forza che accomuna la mela, la Luna e ogni corpo celeste — «non si concesse a Newton al primo tentativo», non fu un lampo che rischiara la notte ma una difficile conquista dell'intelligenza, tormentata da dubbi e ripensamenti: basti pensare che se l'intuizione è del 1666, la pubblicazione si avrà soltanto 21 anni dopo, nel 1687. Benché i contributi alla matematica e alla fisica siano i veri e unici motivi a cui si affida l'immortalità di Newton, la scienza occupa soltanto una parte relativamente piccola della sua esistenza. Un capitolo a sé merita soprattutto la direzione della Zecca, che gli fu affidata nel 1696. La finanza inglese era in una fase cruciale. Le vecchie monete, battute a mano e quindi disuguali, venivano sistematicamente «tosate», cioè limate, da una massa di profittatori sempre più numerosi, tanto che molte monete d'argento e d'oro erano state ridotte alla metà del loro peso (e valore) nominale. Si decise allora di coniare altre monete, con accorgimenti anti-tosatura, e questa fu l'impresa alla quale Newton dovette sovrintendere. Gli ultimi decenni dello scienziato (nato nel 1642, l'anno della morte di Galileo, quasi una corsa a staffetta verso la nuova scienza, morì nel 1727) furono rattristati da depressioni psichiche, manie di persecuzione, astiose polemiche sulla priorità delle proprie scoperte (la più nota è quella con Leibnitz, che era arrivato al calcolo differenziale indipendentemente da Newton, ma due anni dopo). Così come in una zona d'ombra si collocano gli studi alchemici (nullo rimane il contributo di Newton alla scienza chimica) e quelli teologici. In questi ultimi la profondità dell'esplorazione newtoniana è paragonabile a quella toccata con le maggiori conquiste scientifiche. Proprio l'originalità della sua prospettiva finì con il portarlo a convinzioni non ortodosse sulla Trinità e a farlo inclinare per l'eresia unitariana: un segreto custodito gelosamente, che tuttavia affiora dalle cosiddette «carte di Portsmouth». Tra gli studiosi delle «carte di Portsmouth» è stato il famoso economista Lord Keynes, che peraltro Westfall, anche in bibliografìa, ostentatamente ignora. Considerando le pagine alchemiche e teologiche, Keynes ha osservato: «A partire dal diciottesimo secolo Newton fu considerato il primo e maggiore scienziato dell'età moderna, un razionalista, un uomo che ci insegnò a pensare lungo le direttrici di una ragione fredda e pura. Non lo vedo in questa luce. (...) Egli fu l'ultimo dei maghi, l'ultimo dei babilonesi e dei sumeri, l'ultima grande mente che guardò il mondo visibile e intellettuale con gli stessi occhi di coloro che cominciarono a costruire la nostra tradizione culturale un po' meno di 1.0.000 anni fa». Thomas Kuhn, storico ed epistemologo, nel suo saggio più famoso fondò la distinzione tra «scienza normale» (quella che accetta come cornice i paradigmi culturali preesistenti) e «scienza rivoluzionaria» (che invece infrange i paradigmi e ne istituisce di nuovi). La realtà, come sempre, è più complessa e ambigua di quanto vorrebbero gli schemi filosofici. E le rivoluzioni scientifiche si riconoscono meglio quando sono compiute da secoli che non mentre avvengono. Viste da vicino somigliano piuttosto a mosaici di parziali riforme, a balletti con piccoli passi avanti e indietro o piroette viziose. La rivoluzione copernicana Neppure Newton sembra sfuggire a questa realtà. Se c'è una rivoluzione scientifica meritevole della definizione di Kuhn, è proprio quella che segna il passaggio dal sistema tolemaico a quello copernicano, sfociando nella scoperta della legge di gravitazione universale. Ma guardando i fatti con cura si stenterà a identificare il vero momento rivoluzionario. Copernico concepì l'idea eliocentrica ma la ritenne una semplice ipotesi matematica e non si preoccupò molto di una sua verifica sperimentale. Tycho Brahe elaborò una cosmologia del compromesso, mezza eliocentrica e mezza geocentrica. Galileo portò innumerevoli prove a favore della nuova cosmologia ma negò che tra i corpi celesti potesse esercitarsi un'attrazione, cioè un'azione a distanza che gli pareva un residuo magico indegno della sua mente razionale. Keplero ebbe una vaga intuizione della forza di gravità e formulò le leggi del moto dei pianeti che implicitamente la contengono, ma non seppe trarre conclusioni universali. Le trasse invece Newton, ma la definitiva prova sperimentale del moto della Terra intorno al Sole la darà soltanto l'oscuro astronomo Bradley scoprendo nel 1728 il fenomeno dell'aberrazione della luce. La mela, la Luna, i pianeti e tutte le stelle mossi da un'unica invisibile forza: forse Newton non ci sarebbe arrivato se in lui non ci fosse stato un margine di irrazionale, una inclinazione alla magia. Proprio come ha osservato Keynes. Piero Bianucci ta e il magoteologo auil omn ua ho ia oa. li orsi a iua be za el aon niwera to ey no e ca on ui di ne osci Newton e la sua celebre mela visti da Irvine A E' \ ntz uel E' Newton e la sua celebre mela visti da Irvine

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