Matrona regina di Palazzo Pitti
Matrona regina di Palazzo Pitti Esposti cento dipinti e disegni: le ultime acquisizioni della Galleria d'Arte Moderna di Firenze Matrona regina di Palazzo Pitti Quando il Novecento ricorda Giotto FIRENZE RIA di Ottocento a Palazzo Pitti: un'ottantina di dipinti e disegni dalla fi- I ne del '700 ai primi 30-40 anni del nostro secolo. Altri 20 si dipanano nei raffinati ambienti dell'adiacente Galleria d'Arte Moderna, inseriti nelle ricche collezioni e segnalati da ima scheda particolare. Sono le opere acquistate dal '74 a oggi dalla Galleria Fiorentina, che le espone sino al 30 settembre nella mostra «Ottocento e Novecento. Acquisizioni 1974-1989» (catalogo Centro Di). «La Galleria — spiega il vicedirettore Carlo Sisi — gode del privilegio speciale di poter acquistare opere d'arte con i proventi dei biglietti». Le scelte sono fatte da una Commissione formata da soprintendente e sindaco di Firenze, due membri nominati dallo Stato, due dal Comune e uno dall'Accademia di Belle Arti. I metodi, vari: acquisti da antichi proprietari, sul mercato antiquario o presso gli uffici d'esportazione, dove si riesce ad averli al prezzo conveniente dichiarato dagli esportatori. Molto spesso però si tratta di doni, di singoli pezzi o di interi nuclei, come il recente Legato Marchi che ha permesso l'ingresso in galleria del famoso dipinto di Lega, II canto dello stornello o delle Confidenze di Armando Spadini. «In questi casi siamo molto rigorosi sulla qualità, per evitare speculazioni». E i criteri? «Si preferiscono opere toscane, ma vengono comprate o accettate anche opere di altre parti d'Italia o straniere. Importante è sempre la qualità, ma se toscane interessano anche le minori o di artisti sconosciuti, perché utili a ricostituire il panorama storico dell'epoca». Non è facile aggiungere tasselli mancanti alle già imponenti raccolte, ma l'impressione è che ci siano riusciti. Girando in par ticolare per le due belle sale sto riche, restaurate e riaperte al pubblico — il Salone da Ballo e la Sala della Musica del Quartie re da Inverno fatto fare nel 1792 da Ferdinando III — ci si accorge subito che è possibile seguire la storia della pittura toscana di quel secolo e mezzo. A rappresentare il tardo Sette cento e le tendenze stilistiche in cui matura il Neoclassicismo ci sono due dipinti, uno pendant dell'altro, acquistati nell'81. Il sacrificio di Calcante di Sante Pacini, autore oggi dimenticato ma di rilievo ai suoi tempi, diret tore nel 1794 dell'Accademia di rigati di luce, sul tipo di Poussin e Lorrain. Una quarta tela (4 metri per 6), in restauro, con Giovanni dalle Bande Nere al passaggio dell'Adda, del 1852, un tempo discussa e oggi ritenuta un capolavoro, rappresenta un vero e proprio giallo: sparita dopo l'esposizione fiorentina del 1861, ricompare nel 1953 presso un antiquario bolognese, che la offre inutilmente alla Soprintendenza di Firenze. Scompare di nuovo e riaffiora presso un mercante della città, da cui viene acquistato un anno fa. E' un drammatico esempio di pittura di storia con quelli postunitari — che vediamo sfilare — di Fabbrini, Ademollo, Gatti, Cabianca: flash luminosi su costumi medievali e quattrocenteschi o scene di vita risorgimentale. Anche la pittura macchiaiola ha degni rappresentanti: Il canto dello stornello di Lega, del 1867, con quelle tre belle donne in un interno borghese (al piano c'è l'amante dell'artista), un dipinto che ebbe molto successo alla Promotrice fiorentina di quell'anno e di cui si è trovato recentemente il bozzetto. Ulncontro per le scale tra bambino e cane di Adriano Codoni, una vivace scultura ricomparsa sul mercato nel 1978 dopo quasi cento anni di silenzio. Era sparita nel 1884, ci si chiede adesso: replica o originale? E ancora due tele del quasi sconosciuto Ferdinando Buonamici [Gli orfani del 1856 e Veduta del colle di Fiesole del 1868) che riflettono una poetica Italia contadina, profumata di bucato. Non mancano testimonianze dell'arte accademica contemporanea in polemica con i macchiaioli, come La Flora di Giovanni Dupré, un marmo prestigioso della maturità dello scultore, che verso il 1860 mescolava disinvoltamente naturalismo e arte antica. Recuperata da un collezionista privato veneto, che nel 1972 l'aveva acquistata da un antiquario di Praga, è forse da identificare con la prima versione per Ferdinando di Lorena. Curioso, più che ricco, è il panorama di fine Ottocento, che unisce storia, motivi di genere e sociali nelle sculture di Ximenes (Le marmittoni o di Barzaghi [Fanciullo a cavallo di una scopa) o nel Fondo di disegni di Pietro Saltini, donato dagli eredi nel 1986 e che comprende ben 350 tra cartoni, taccuini, studi preparatori, legati alla cultura del Caffè Michelangelo. Tra le opere simboliste del primo Novecento spicca una bella Mascherata di Mario Cavaglieli, già appartenuta alla raccolta Longhi, che illustra un interno con comò, ninnoli, quadri e una variopinta marsina. I cupi, tristi quadri di Antony de Witt [L'autoritratto con sfondo di case a Lucca, del 1916 e La salita) rivisitano la pittura toscana del Trecento e Quattrocento alla luce delle esperienze macchiaiole. «Ma il ritorno all'ordine — spiega con soddisfa¬ zione Sisi — è rappresentato soprattutto da questo bel dipinto di Giovanni Colacicchi, maestro ancora vivo»: La Donna di Anagni, una grande matrona con bambino, simbolo di fertilità che ricorda Piero della Francesca. E' al centro di un piccolo drappello, in cui si impone rossa, ingenua, prepotente, una giottesca Natività del pistoiese Piero Bugiani del 1905. Maurizia Tazartes Giovanni Dupré: «La Flora» ( 1869, Firenze, Galleria d'Arte Moderna)
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