L'Europa dei «forti» favorirà la mafia? di Michele Pantaleone

L'Europa dei «forti» favorirà la mafia? li PENSANDO AL'93 -1 L'Europa dei «forti» favorirà la mafia? Recentemente alcuni giornali hanno pubblicato la notizia che a Roma circa 35 mila impiegati di dieci ministeri — molti dei quali funzionari e dirigenti — sono abitualmente «fuori posto» per motivi che vanno dai permessi sindacali (1200) a impegni di segreterie (4300), da vere e presunte gravidanze (5050) a cure termali (18.000) ed altre analoghe giustificazioni molte delle quali fanno il paio con certa certificazione Hlasciata a Palermo ed a Catania a boss per consentire loro di trascorrere mesi ed anni in cliniche private e non «ristretti entro le mura di case mandamentali». Fra i dieci ministeri, vi sono anche quelli della Giustizia e degli Interni, cioè i due dicasteri preposti alla tutela di tutti e di ognuno, e in questa loro veste dovrebbero essere esempio di dovere civico. Altra notizia, che ritorna sempre più con frequenza sulla stampa, riguarda le «bustarelle del 10 per cento» pagate da operatori economici e da imprenditori di opere pubbliche per «ungere ruote» di partiti e comitati elettorali per ottenere sacrosanti diritti sanciti in provvedimenti legislativi ed esecutivi promulgati nell'interesse della collettività. Quanto ha influito, ed influisce, questa scandalosa realtà negativa su un certo tipo di violenza giovanile commessa da giovani la cui vita è tormentata dalle preoccupazioni per un avvenire senza prospettive e dalle sollecitazioni provenienti da individui senza scrupoli, dediti a traffici illeciti, verso il male? Quali effetti devastanti hanno avuto queste illegalità crescenti sui «ragazzi del '68», la cui lotta contro baronie universitarie, cosche politiche cammuffate in porrenti dipartito ha prevaricato i limiti della legalità ed ha sacrificato numerosi «cadaveri eccellenti»?. Se oggi redigessimo un cartogramma riportando su colonne separate, gli scandali per le illegalità, le corruzioni e le prevaricazioni commesse nel mondo politico, nei governi, nel sottogoverno e nel settore finanziario (prima colonna); e nell'altra i delitti di stampo mafioso commessi dalle numerose e diverse cosche della criminalità organizzata, noteremmo che, tra i due tipi di illegalità e delitti, esiste una comune, uguale linea ascendente sulla quale si sovrappone lo stesso «spirito di mafiosità», inteso come solidarietà fra tutti gli autori delle diverse illegalità per non dar conto alla giustizia. «Lo spirito di mafiosità» della nuova mafia è riuscito a coinvolgere una nuova classe di mafiosi che usa il computer e il telefax in sostituzione della lupara, ed ha sostituito la giacca di velluto e la coppola con la grisaglia e il pettinato. Questo nuovo aspetto della presenza mafiosa e del suo prepotere nei diversi settori economici, imprenditoriali e finanziari è stato recentemente denunciato dal governatore della Banca d'Italia Carlo Azelio Ciampi e dal presidente del Banco di Sicilia Giovanni Parravicino. Essi hanno richiamato l'attenzione dei poteri dello Stato sull'esistenza di «nuovi sistemi societari a strati», a diversi livelli, che rendono facile la mimetizzazione dei «soggetti operativi», dei quali i grandi boss fanno largo uso nelle diverse piazze finanziarie per riciclare il denaro sporco e per investire i loro immensi capitali. A sua volta, il prefetto Vincenzo Parisi, capo della polizia, nel corso di una conferenza stampa tenuta non molto tempo fa presso la scuola di polizia tributaria della Guardia di Finanza, ha qualificato la criminalità organizzata «un vero e proprio antistato». Cosa avverrà nel 1993, quando anche le aree di sviluppo ritardate, come il nostro Meridione, dovranno adeguarsi alla libera concorrenza con l'inevitabile risultato della crisi dell'artigianato e delle piccole e medie imprese, le quali dovranno adattarsi alle forche caudine del più forte, nel nostro caso al capitale della droga s.p.a? Quali conseguenze si avvertiranno nei Paesi di immigrazione ove l'arrivo di nuove e giovani forze di lavoro saranno costrette a scontrarsi con i giovani del luogo, molti dei quali vittime della droga? Ci si rende conto che il maggior pericolo delle «illegalità crescenti» è nella scarsa trasparenza della gestione della cosa pubblica: degli apparati come della politica, del pubblicò" impiego come delpotere, ove i fatti di corruzione spesso non sono solo tali, ma vanno collegati ed inseriti in una strategia complessiva di controllo mafioso? Quali comportamenti di responsabilità e di dovere terranno i funzionari e i dirigenti abitualmente «fuori posto», nel caso i poteri del nostro Stato dovessero partecipare ad una mobilitazione contro la criminalità organizzata, visto che la nostra classe dirigente e la commissione anti-mafia continuano a negare l'esistenza del terzo livello delpotere mafioso, sul quale ricade la colpa dell'illegalità crescente? Può il cittadino onesto sentirsi moralmente obbligato a partecipare a tale lotta, e nel contempo essere testimone di tanto lassismo, di tanta' decadenza del costume? E' a questi interrogativi che la nostra classe dirigente deve dare risposta, se veramente intende partecipare con impegno alla crociata contro la criminalità organizzata. Michele Pantaleone tne^J

Persone citate: Carlo Azelio Ciampi, Giovanni Parravicino, Vincenzo Parisi

Luoghi citati: Catania, Europa, Palermo, Roma