Niente vu cumprà a Tokyo di Fernando Mezzetti

Niente vu cumprà a Tokyo Guerra aperta agli stranieri, tra le proteste delle aziende affamate di manodopera Niente vu cumprà a Tokyo i/ ricco Giappone sbarra le porte agli immigrati TOKYO DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Sempre più ricco e sempre più chiuso. Con un'economia in continua espansione e rosee prospettive per il futuro, trionfalmente in regime di pieno impiego e afflitto da una seria mancanza di manodopera in un continente tormentato dalla disoccupazione, il Giappone rimane determinato a tenere le porte sbarrate a lavoratori di altri Paesi. Nell'unicità nipponica non si aprono spiragli né per un'immigrazione di lungo termine né per i Gastarbeiter. Lo conferma la decisione di rispedire a casa un primo gruppo di cinesi giunti illegalmente via mare come profughi, in realtà in cerca di lavoro, confusi con i «boat-peoples vietnamiti. Per uno scaglione di circa 150 su un migli aio sono già state avviate le pratiche. 12500 tra cinesi e vietnamiti giunti da maggio a oggi saranno sottoposti al vaglio, per verificare se si tratta di rifugiati politici o di semplice povera gente in cerca di lavoro. In questo caso, sulla scia di quanto sta facendo Hong Kong per i circa 40 mila giunti negli ultimi mesi, si procederà al rimpatrio. Dei vietnamiti potrebbero restare solo quelli effettivamente riconosciuti come profughi politici, essendosi il governo impegnato con l'Onu ad accoglierne diecimila: finora ne ha accolti 6500. Mentre sta avvenendo tutto ciò, si inaspriscono i controlli sugli stranieri che lavorano illegalmente, non si apre alcuna breccia per lavoratori temporanei, e si blocca ogni iniziativa in tal senso, anche se presa da enti pubblici. L'altro giorno la città di Ichikawa, un grosso centro industriale nella regione di Tokyo, ha annunciato un accordo con Medan, città dell'Indonesia con cui è gemellata, per far venire lavoratori sulla base di un meccanismo curato dai due municipi per evitare sfruttamenti Ichikawa ha 1154 imprese che soffrono quasi tutte di carenza di manodopera; Medan, come tutta l'Indonesia e altri Paesi dell'Asia, è tormentata dalla disoccupazione. Ma appena si è saputo dell'accordo, il ministero del Lavoro ha annunciato che bloccherà l'iniziativa: le richieste di immigrazione per i lavoratori indonesiani da parte del Comune di Ichikawa saranno inesorabilmente respinte. Malgrado il suo benessere e il suo primato economico, il Giappone non sarà per Filippine, Thailandia, Bangladesh, Pakistan, Malesia, ciò che la Germania è stata, nei decenni scorsi, per l'Italia, la Spagna, la Grecia, la Jugoslavia, la Turchia. Né vuole essere quello che stanno diventando l'Italia e l'Europa tutta per molti Paesi dell'Africa. «I giapponesi — riconosce il professor Yasuhiko Saito, già rappresentante del suo Paese presso l'Alto Com¬ missariato dell'Orni per i rifugiati —tendono ad aver pregiudizi contro altri asiatici». In realtà ne hanno contro tutti quelli che giapponesi non sono: anche i pochi stranieri legalmente residenti sono per definizione sospetti. Essi debbono infatti sottoporsi al rilevamento delle impronte digitali non appena chiedono la residenza. Decine di migliaia di immigrati illegali lavorano clandestinamente nell'edilizia e nelle mansioni più faticose: ma tutto avviene di nascosto. Salvo per alcuni tardi-hippies americani che vendono cianfrusaglie sui marciapiedi d'una via del centro, eccezionalmente tollerati Le restrittive leggi sull'immigrazione risalgono al 1951, quando il Paese non era ancora uscito dalla povertà del dopoguerra. Esse permettono solo l'ingresso di forza lavoro altamente qualificata. Gli stranieri legalmente residenti sono oltre 40 mila, in gran parte mandati qui dalle loro aziende o assunti da imprese locali per rapporti con l'estero. Di essi, quasi 8 mila sono uomini d'affari, 13 mila professori universitari, 7200 insegnanti di lingue, soprattutto d'inglese, 1700 lavoratori specializzati (molti i cuochi cinesi e delle grandi cucine europee, l'italiana e la francese). I più numerosi, 14 mila, sono impegnati nello show-business, che comprende giocatori di baseball, cantanti, intrattenitori, complessi musicali, modelle. Molti i clandestini, che il governo combatte con tutti i mezzi, respingendo ogni richiesta dei settori più in crisi. Mesi fa, i costruttori edili si rivolsero alla Cee affinché protestasse i veti posti all'ingresso, anche temporaneo, dalla Corea del Sud di specialisti di messa in opera di marmi e altro materiale da costruzione pregiato. Gli esperti locali sono pochi, il completamento di molti stabili è in ritardo. Le imprese chiedevano alla Cee di sollevare il problema come barriera indiretta alle importazioni, perché tale materiale viene soprattutto dai Paesi comunitari Secondo calcoli prudenziali, il numero dei lavoratori stranieri illegali è di oltre centomila. Molti di loro arrivano con la scusa di studiare la lingua, iscrivendosi a scuole compiacenti per mascherare il lavoro. Sono pagati meno dei giapponesi, ma molto rispetto ai loro Paesi. Mentre gli uomini sono impegnati nell'edilizia e in lavori pesanti le donne finiscono in maggioranza nei locali notturni, un settore in cui si ha autentico e ignobile sfruttamento. Con la scusa di voler tutelare gli studenti stranieri di lingua giapponese, sono stati stabiliti severi controlli nelle scuole contro iscrizioni di comodo. L'anno scorso sono stati espulsi 14 mila lavoratori stranieri illegali. Le statistiche sono pignole: 5386 filippini, 2942 del Bangladesh, 2497 pakistani, 1388 thailandesi, e altri. Tra i filippini, 3698 erano donne: di esse, 3169 hostess nei locali notturni e 143 professioniste di striptease senza regolare contratto. Dei 1388 thailandesi 1019 erano donne, di cui 936 lavoravano nei locali notturni. La morsa ora è più stretta: in tre settimane sono stati espulsi 2174 illegali. Va da sé che i controlli non sono per impedire lo sfruttamento, ma per punire gli immigrati clandestini. La divisione nel mondo economico tra il senso di tutela dell'unicità nipponica e il fabbisogno di manodopera si riflette a livello governativo. I ministeri del Lavoro e della Giustizia sono per il rifiuto totale di immigrati. Il ministero degli Esteri vorrebbe aprire, ma solo a specialisti altamente qualificati: in questo teme però accuse di drenaggio di cervelli dai Paesi poveri. La gente non ha dubbi. Gli stranieri vanno respinti. Secondo un sondaggio governativo, solo un terzo dei giapponesi desidera amici stranieri. La maggioranza non ne vuole. Due terzi sono contro i matrimoni misti. E il solo fatto che un governo faccia fare una tale indagine indica quanta xenofobia vi sia. Nessun sondaggio, finora, sui lavoratori stranieri. Non ce n'è bisogno. Tutti li vorrebbero. Ma a lavorare per i giapponesi all'estero, non in Giappone. » Fernando Mezzetti [

Persone citate: Ichikawa, Mesi, Saito