Ucciso in carcere
Ucciso in carcere Sanremo: visitato e rimandato in cella, muore dopo 4 pre Ucciso in carcere Tunisino picchiato dai detenuti SANREMO DAL NOSTRO CORRISPONDÈNTE Un ambulante di colore, arrestato per il furto di una macchina fotografica, è stato ucciso di botte nella sua cella da detenuti italiani. Si chiamava Ben Moussa Ben Ali, 25 anni, nativo di Tunisi. Il pestaggio è avvenuto domenica mattina verso le 10 nel carcere Santa Tecla. Il tunisino è morto dopo quattro ore, mentre per la seconda volta un'autoambulanza lo trasportava al pronto soccorso dell'ospedale civile. La prima volta Ben Moussa Ben Ali era stato portato all'ospedale alle 10,55. Il medico di turno, però, dopo averlo visitato, non accorgendosi delle gravità delle ferite, lo aveva fatto riaccompagnare in carcere. Appena rientrato in cella il tunisino ha però accusato nuovi malori. Solo alle 14,15 il responsabile della casa circondariale provvedeva a farlo riportare al Pronto soccorso. Troppo tardi. I referti parlano di «decesso per cause clinicamente non accertabili» e dicono che «ad una accurata ispezione corporale non si evidenziano segni di trauma se si eccettua una modica tumefazione zigomatica destra». Per il momento si ignorano le cause che avrebbero provocato la rissa: razzismo, sgarro, ubriachezza, regolamento di conti tra emarginati o che altro? Il sostituto procuratore della Repubblica Francesca Nanni, che dirige l'inchiesta, nella tarda serata si è limitata a dire: «Sappiamo solo che Ben Moussa ed un suo compagno di cella, un certo Jaled Samel, anche lui africano, sarebbero stati al centro di una rissa furibonda. Sarebbero stati picchiati da due o più detenuti italiani. Le prime indagini ed i primi interrogatori all'interno del carcere sono stati però molto difficili. Ci sono ancora moltissime cose da chiarire. Per esempio perché la cella di Ben Moussa e di Jaled erano apèrte? Non era l'ora d'aria, quindi il cancello doveva essere sbarrato». Dalle poche indiscrezioni trapelate pare che al pestaggio abbia assistito, ma da lontano e quindi impossibilitata ad intervenire per tempo, solo una guardia carceraria. Dov'erano le altre? La salma del giovane tunisino è stata composta nell'obitorio dell'ospedale civile. Il sostituto procuratore per oggi ha ordinato l'autopsia che sarà eseguita da un professore dell'Istituto di medicina legale dell'Università di Genova. Ben Moussa Ben Ali era stato arrestato nella stazione ferroviaria di Sanremo domenica 10 settembre. Due agenti di pubblica sicurezza lo avevano trovato in possesso di una macchina fotografica rubata e di tra- veller cheques di ignota provenienza. Il tunisino era completamente sprovvisto di documenti. E' stato lui stesso a dire di chiamarsi Ben Moussa. Stava scendendo dal treno delle 8 proveniente da Genova, un convoglio che ogni mattina scarica a Sanremo un piccolo esercito di ambulanti. Nella casa circondariale di Santa Tecla il tunisino era stato messo in cella insieme a Jaled Samel. «Nel carcere — ha detto don Giuseppe Stroppiana, il religioso che assiste i detenuti — c'è una specie di separazione tra la gente di colore e gli altri. I primi occupano un'ala, i secondi l'altra. Il razzismo non c'entra, è che a volte popoli diversi hanno necessità diverse. Domenica non c'ero, ero a dir messa fuori. Quando ho saputo, ho pianto. Nei carceri spesso esistono anche pesanti disfunzioni e Sanremo non fa eccezione». Dagli assistenti di custodia è stato impossibile avere notizie. «Non è successo nulla — è stato più volte ripetuto — si è trattato di un infortunio, qualcuno è caduto e si è fatto male». Quando un fotografo ba mostrato la foto di Ben Moussa chiedendo se fosse lui la «vittima dell'infortunio» da dietro lo spioncino alcuni secondini hanno risposto: «Come facciamo a saperlo, i marocchini sono tutti uguali». Roberto Basso
Persone citate: Ben Moussa, Francesca Nanni, Giuseppe Stroppiana, Moussa Ben Ali
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