Il presidente illustra il prossimo sbarco in Borsa del club e le strategie del suo gruppo flnanziario-industriale

Il Torino tra calcio e business Il presidente illustra il prossimo sbarco in Borsa del club e le strategie del suo gruppo flnanziario-industriale Il Torino tra calcio e business Borsano copia il «modello Berlusconi» TORINO. Da pochi giorni ha avuto via libera dalla Consob per far partire il primo fondo immobiliare italiano; tra febbraio e marzo vuole portare in Borsa il Torino Calcio SpA. Nel quartier generale di Gian Mauro Borsano c'è gran fermento. Tutto il suo gruppo industrialefinanziario (32 aziende, 355 miliardi di fatturato nell'88) è in movimento. A capo del gruppo c'è la Gima, la finanziaria di famiglia, che dentro ha un po' di tutto: ci sono le attività immobiliari, il piatto forte, dove ora è entrata anche la Miller & Benson, che anticipa di fatto la nascita dei fondi di settore; c'è la componentistica auto; ci sono le vendite per corrispondenza («Con Selemoda, le Fattorie Toscana e l'oggettistica da collezione — dice Borsano — siamo il terzo o quarto gruppo italiano: in tutto abbiamo 600 mila clienti»); c'è molto terziario (compresa la catena di negozi Amerage, il «franchising multimarca», che raggruppa i big della moda: presto saranno 100 negozi) e dal 7 marzo c'è anche il Torino Calcio SpA, comprato per poco meno di 8 miliardi nel pieno della crisi, di cui Borsano s'è fatto nominare presidente e amministratore delegato («Credo solo nelle società che hanno un padrone», è la sua filosofia). Fino a due anni c'erano anche due finanziarie (la Ipifim, che fatturava 114 miliardi, e la Bofina, attiva quasi esclusivamente nell'acquisto di immobi- li gravati da ipoteca) ma Borsano se n'è liberato realizzando un bel po' di quattrini. Qualcuno allora sostenne che fu costretto a vendere per far fronte a scadenze pressanti. «Macché difficoltà — spiega — la verità è, che oggi le banche danno servizi che non davano dieci anni fa. Ai privati non restano che briciole, la battaglia s'è fatta impossibile, tanto vale andarsene». Borsano, perché questo fondo sulla casa? «Per una ragione molto semplice: perché la casa è un business, il settore tira e si presta a operazioni di trading molto rapide, tutte frazionate. Basta saper cogliere le opportunità. A Usinate, ad esempio, alle porte di Milano, stiamo per fare un campo da golf, a cui sarà affiancato un complesso residenziale. Un'operazione da 50 miliardi». In sette mesi, spiega Borsano, la «Miller &• Benson» ha già avuto un utile consistente, ma il giro d'affari «è destinato a crescere rapidamente». Obiettivo primario è trovare almeno un migliaio di soci-azionisti. Tanti quanti dovrebbero sottoscrivere i 9,8 milioni di azioni (a mille lire l'una) che stanno per essere immesse sul mercato. E il Torino? I progetti sono ambiziosi. Borsano, che è nato 42 anni fa a Domodossola da genitori insegnanti, è soprattuto convinto che «una squadra di calcio è prima di tutto una società di capitali che, se gestita bene, può dare risultati sorprendenti». Anche se è in B? «Certo, e lo dimostrerò. Gli abbonamenti, nonostante la crisi, sono cresciuti a 16.500. Un record assoluto, che ci porta al quarto posto dopo Inter, Milan e Napoli. L'appeal popolare del Torino, insomma, è ancora molto forte. E la conferma l'avremo a febbraio o marzo quando la squadra sarà quotata al Ristretto di Torino». Le procedure sono già avviate». Ma come si fa a quotare una società che perde quattrini e che non dà dividendo? «Anzitutto le cose, sul piano finanziario, non vanno poi così male: l'anno scorso il bilancio ha chiuso in rosso, quest'anno tornerà in nero. Per fare questo ho dovuto usare il bisturi, tagliare stipendi. Ma era inevitabile, la società sembrava un ministero e io non l'ho comprata per perdere soldi». Ma è convinto che i tifosi risponderanno in massa all'operazione-Borsa? «Ne sono convinto. Anzitutto perché il loro legame con la società è molto radicato. Per sapere quanti sono abbiamo anche avviato un censimento: i "fedelissimi", quelli iscritti ai club, sono 200 mila: in tutto pensiamo che i "granata" possano essere un milione. Ed è gente che se compra un'azione lo fa per amore di squadra, non per speculazione. Il Barcellona e il Real Madrid hanno 180.000 soci, anche il Toro può averne tanti». Il modello a cui Borsano si ispira è molto chiaro: Berlusconi e il Milan. Come Berlusconi, anche il nuovo «patron» del Torino viene dal nulla. Vent'anni fa faceva il perito delle assicurazioni e il riparatore di radio e tv. Poi si mise a produrre marmitte per la Abarth e creò la Alcom, un'azienda che in tre anni è passata da tre a ottanta dipendenti. Oggi controlla un gruppo che marcia verso i 400 miliardi: una trentina piovono dal settore immobiliare, 55 da quello commerciale, 30 dal settore industriale, 6 dai servizi, il resto da residue attività rimaste in carico alla Gima dopo la vendita delle finanziarie. Poi c'è il Torino Calcio SpA che nell'esercizio '87-88 ha «fatturato» 24 miliardi contro i 26 dell'esercizio precedente. Ma quanto «vale» veramente la squadra granata? Borsano fa qualche conto: ha preso il 78% delle azioni a un valore indubbiamente inferiore al loro valore effettivo, in più la società ha in «cartellino» 150 calciatori e un vivaio di 300 ragazzi. «Non è certo poco — dice Borsano — ma si può fare molto di più. Credo nel calcio come business del tempo libero e noi abbiamo la fortuna di poter gestire imo stadio, che permette di offrire un prodotto globale: la domenica allo stadio, dove si possono anche vendere prodotti e offrire intrattenimenti». E poi? «Poi c'è Borgaro, dove oltre al centro di addestramento costruiremo piscine e un campo da golf, di cui la Torino Calcio venderà quote. Senza dimenticare che il Torino ha un know-how tecnologico di prim'ordine da sfruttare». Che cosa vuol dire? «Che abbiamo enormi spazi nel settore giovanile. Solo in Piemonte ci sono 2200 squadre di calcio giovanile a cui possiamo offrire tutto. Le prime convenzioni, anzi, sono già partite: in pochi mesi abbiamo già iscritto 1200 ragazzi, l'obiettivo è di arrivare rapidamente a 12.000. Ognuno paga 200 lire l'anno: la metà viene a noi, il resto alla squadra a cui sono iscritti. Altri fondi, insomma, che entrano nelle casse della società». Cesare Roccati Gian Mauro Borsano, presidente del Torino e del gruppo Gima

Luoghi citati: Borgaro, Domodossola, Madrid, Milano, Napoli, Piemonte, Torino, Toscana, Usinate