«La polizia tacque su Contorno» di Giovanni Bianconi

«la polizia tacque su Contorno» Dall'inchiesta per le lettere anonime nuove rivelazioni sulla presenza in Sicilia del pentito «la polizia tacque su Contorno» La denuncia di un giudice ROMA. Non era solo il giudice Alberto Di Pisa a nutrire dubbi e sospetti sull'operazione che portò, il 26 maggio scorso, all'arresto a Palermo del «pentito di mafia» Salvatore Contorno. Un'operazione sulla quale, peraltro, la polizia ha taciuto fino all'ultimo con i magistrati. Ha detto al procuratore di Caltanissetta che indaga sull'autore delle lettere anonime contro Falcone e altri giudici, Salvatore Celesti, il procuratore aggiunto di Palermo Pietro Giani manco: «Le intercettazioni richieste dalla polizia e relative all'operazione che ebbe l'epilogo dell'arresto di Contorno ed altri furono autorizzate, se non totalmente, la maggior parte da me. Malgrado ciò nel caso delle autorizzazioni, più volte prorogate, la polizia non ebbe mai a riferirmi che alcune telefonate erano attribuite a Contorno». L'inchiesta di Caltanissetta sul «corvo» si sta trasformando in un'indagine sul contenuto delle accuse lanciate dall'anonimo sull'«operazione Contorno». Uno dei magistrati chiamati in causa in quelle lettere è proprio Giammanco, il quale si oppose all'apertura di un fascicolo di atti relativi alla presenza del «pentito» in Sicilia. Favorevoli ad un'inchiesta parallela, oltre a Di Pisa, erano l'altro procuratore aggiunto Elio Spallina e i due sostituti Lo Forte e Pignatone, successivamente entrati a far parte del pool antimafia. Dice ancora Giammanco a Celesti nell'interrogatorio del 26 luglio: «L'istituzione di un fascicolo già di per sé, obbedendo ad una ben orchestrata campagna di stampa, avrebbe avuto soltanto l'effetto di far vedere che si era convinti della responsabilità della polizia... della quale avevamo invece apprezzato l'attività sfociata nell'arresto di numerosi criminali». Dell'altra inchiesta, così, non si fece nulla, ma nel palazzo di giustizia continuarono e circolare voci e critiche sul modo in cui Contorno era finito in carcere. Al punto che il capo del nucleo centrale anticrimine della Criminalpol, Gianni De Gennaro, se ne lamentò con un giudice. Ha raccontato a Celesti il sostituto procuratore di Palermo Giusto Sciacchitano: .«Nei giorni immediatamente successivi all'arresto di Contorno il dottor De Gennaro venne negli uffici della Procura. In quell'occasione manifestò una certa amarezza per non aver colto un unanime consenso per la vicenda Contorno... Era molto risentito». Se i giudici palermitani hanno appreso solo dal suo arresto che Contorno era in Sicilia, mólti di loro sapevano invece che il «pentito» era da tempo rientrato in Italia e godeva anche di una certa libertà di mo¬ vimento. Così, ad esempio, un altro giudice del pool antimafia, il sostituto procuratore Giuseppe Ayala, che a Celesti ha detto: «L'8 e il 9 maggio (cioè quindici giorni prima dell'arresto, ndr), trovandomi insieme al collega Falcone per ragioni di lavoro nei locali del Nucleo centrale anticrimine a Roma, ebbi modo di incontrare nel bar interno proprio Salvatore Contorno, con il quale scambiammo un rapido saluto». Ma le critiche sull'operazione che ha portato all'arresto del «pentito» non si limitarono al palazzo di giustizia palermitano. A Roma neanche l'Alto commissario antimafia sapeva niente. E' ancora il giudice Sciacchitano a raccontare al procuratore di Caltanissetta che il 27 maggio arrivarono nel suo ufficio gli «inviati» di Sica Misiani e Di Maggio: «I predetti, venuti a Palermo presumo per la circostanza, mi chiesero se io ero a conoscenza di particolari in ordine all'arresto di Contorno, e lamentarono che l'operazione di polizia non fosse stata coordinata con l'ufficio dell'Alto commissariato». Tra i magistrati siciliani coinvolti nella vicenda, comunque, tutti escludono che qualcuno, all'interno della Procura, possa aver coperto responsabi¬ lità o complicità di chicchessia nel rientro del «pentito» in Italia. Quanto all'unico indiziato di calunnia aggravata che c'è per ora nell'inchiesta, il giudice Di Pisa, l'interessato ha negato ogni addebito nell'interrogatorio reso il 24 luglio. Ed anzi, commentando le notizie di stampa secondo cui poteva essere lui il «corvo», ha parlato esplicitamente di un complotto ai suoi danni: «Sono rimasto profondamente sconvolto dalle suddette notizie, e debbo pensare che ci sia un disegno ben preciso per screditare la mia opera e la mia persona». Giovanni Bianconi L'Alto commissario Domenico Sica (a sinistra) con il giudice palermitano Alberto Di Pisa