L'ultimo asserito di Berlusconi di Valeria Sacchi

L'ultimo assalto di Berlusconi Nuovi colpi di scena nella lunga battaglia tra i big per il controllo della Mondadori L'ultimo assalto di Berlusconi 77 re delle tv private è disposto a una grossa spesa per assicurarsi la quota dei Formenton Sempre più lontana l'intesa con Carlo De Benedetti che sembra ormai inattaccabile a Segrate MILANO. L'autunno ha riportato venti di guerra sulla Mondadori. Questa volta all'attacco è partito Silvio Berlusconi con un'intervista concessa a Fortune di settembre (mensile Mondadori). In essa egli afferma di sperare «nella ragionevolezza degli altri partner. Soprattutto del gruppo Formenton che stringendo adesso un accordo con me manterrebbe la maggioranza con un pacchetto di grande valore. E soprattutto continuerebbe a contare nelle decisioni sulla linea editoriale». L'intento è chiaro: far saltare l'accordo tra De Benedetti e i Formenton, inducendo questi ultimi ad assumere una posizione di equidistanza, o addirittura convincendoli ad un rovesciamento di alleanze. Trattandosi di guerra editoriale non stupisce che si proceda a suon di dichiarazioni. La tesi è stata ripresa da altre due interviste, la prima rilasciata a «Milano Finanza» da Leonardo Mondadori (sempre contro De Benedetti), la seconda da Giorgio Mondadori il quale, pur non possedendo un solo titolo della holding di Segrate (dalla quale venne estromesso 13 anni or sono), ha dichiarato al Corriere: «Io sto con Berlusconi». Tatticismi o dichiarazioni di belligeranza? I più prudenti dicono «guerra psicologica». Perché? Perché l'asse De Benedetti-Formenton tiene fuori dalle stanze dei bottoni tutti gli altri azionisti, Berlusconi com- preso. E poiché Berlusconi in Mondadori ha investito un bel po' di miliardi (si sostiene abbia già pagato le azioni Amef di Leonardo 140 miliardi e, recentemente, ha alzato la sua presenza in Amèf dal 9 al 12,76%), ovviamente ci tiene a non trovarsi spiazzato. Ricordiamo tra l'altro che alla fine del prossimo anno scade il patto di sindacato di Amef, la finanziaria nel cui portafoglio c'è il 51% di Mondadori. Ma mentre Silvio Berlusconi rafforzava il suo investimento in Amef, Cario De Benedetti rafforzava la sua presenza nel capitale della Mondadori, acquistando privilegiate, ossia quelle azioni che servono per le assemblee straordinarie e per le delibere straordinarie (come ad | esempio gli aumenti di capitale). Cosicché, se Berlusconi può lasciar intendere (ma non esplicitamente per via dei patti parasociali) che, sommando i suoi titoli con quelli di Leonardo, è il singolo maggior azionista di Amef con circa il 39%, De Benedetti nella Mondadori è qualcosa di più di un azionista di riferimento, avendo da solo il 42% del capitale totale, composto dal 71 % delle privilegiate e dal 17,3% delle ordinarie, senza contare il 26,3% di Amef. Se poi aggiunge il 3,2% di Ciancio Sanfilippo, il 2,2% di Caracciolo e Scalfari e, perché no, il 2,2% di Mediobanca e lo 0,8% delle Generali, arriva vicinissimo al 50%. Se anche Berlusconi, alla scadenza del patto Amef (fine 1990), acquistasse o portasse dalla sua la quota Formenton, si troverebbe a comandare nella finanziaria di controllo e a non contare nulla in Mondadori. Una situazione schizofrenica. E i Formenton? E' noto che essi sono legati a De Benedetti da dettagliati accordi, stipulati nella primavera del 1988 per por fine al braccio di ferro con il cugino Leonardo, e riportare la società ad una gestione unitaria. Da allora il gruppo ha navigato in acque tranquille, rafforzandosi su tutti i fronti e concludendo nell'aprile scorso un clamoroso affare: l'acquisto dell'Espresso, che ha confermato la sua leadership come il maggiore polo editoriale italiano. Oggi Berlusconi richiama in causa gli eredi Mondadori, offrendosi da spalla contro il possibile strapotere dell'ingegnere. Per il momento, non ci sono motivi per ritenere che Luca Formenton, i fratelli e la madre Cristina accettino questo invito, né che la loro intesa con De Benedetti venga meno. Usciti da poco da una dolorosa vicenda di liti famigliari, difficilmente potranno essere indotti a ricacciarsi in un clima di tensioni e di rissa. Una nuova epoca di incertezze nuocerebbe all'immagine della casa editrice la quale, per restare al passo con le sue dimensioni, ha bisogno di sviluppi internazionali e di investimenti, di stabilità e certezze proprietarie. E' loro interesse che si proceda in pace e d'accordo. Ma la guerra tra i due «big» è in certo senso al di sopra di loro, al di fuori dall'azienda. E' in Borsa, nei patti parasociali. Entrambi hanno carte in mano che potrebbero diventare carta bollata. A meno che non si arrivi ad una composizione, unico logico sbocco. Nell'attuale clima avvelenato, è però una ipotesi che non sembra vicina. Dietro al fronte editoriale un altro fronte è in movimento: l'opzione zero, la legge sulle televisioni. Un bel campo di battaglia che può scomporre, o ricomporre, le più disparate alleanze. Valeria Sacchi

Luoghi citati: Milano, Segrate