LA LOGICA DEL MURO PERPETUO di Aldo Rizzo

LA LOGICA DEL MURO PERPETUO DALLA PRIMA PAGINA LA LOGICA DEL MURO PERPETUO zionario il regime tedescoorientale e di auspicarne un'evoluzione, in linea con quella di Budapest e di Varsavia, a sua volta ispirata o consentita dal nuovo corso sovietico di Gorbaciov. Lo stesso auspicio, la stessa speranza, che nutrono i tedeschi di Bonn, e che è il contrario esatto delle attese degli altri regimi duri dell'Est, come la Cecoslovacchia e la Romania. Ma la Germania orientale è modificabile al suo interno? Intanto la sua situazione economica, ancorché appesantita dalla burocrazia di piano, è relativamente solida e comunque non paragonabile con quella polacca o ungherese (dunque le fughe non avvengono tanto per motivi economici quanto per un desiderio di libertà). A parte questo, è diffusa nel gruppo dirigente la convinzione che il giorno in cui si annacquassero, fin quasi a scomparire, i tratti distintivi, politici e sociali, del «socialismo», verrebbe meno la stessa ragion d'essere di uno Stato tedesco diverso dalla Repubblica federale. Beninteso, questo non esclude anche lì fermenti e dissensi. Anche a Berlino Est c'è un partito delle riforme, un partito gorbacioviano, che farebbe capo, dentro il Politburo, a Guenter Schabowski, e che comincia a esprimersi, nella società, in gruppi di pressione anche religiosi, legati alla Chiesa evangelica. Ma, secondo un'analisi del «Wall Street Journal», il successore più probabile del vecchio e malato Honecker è Egon Krenz, capo della sicurezza interna, «almeno altrettanto inflessibile di Honecker, e forse anche di più». Ih favore dei riformisti c'è il «trend» storico, in favore dqi conservatori c'è un imponente apparato di potere, e la convinzione, appunto, di difendere la sopravvivenza stessa del secondo Stato tedesco (e in conseguenza la sopravvivènza di un blocco socialista europeo). Certo, se la Germania orientale evolvesse lungo linee polacche o ungheresi, pensano i tedeschi di Bonn, il problema, se non della riunificazione, di una qualche ricomposizione della nazione germanica farebbe un grosso passo avanti. Problema enorme, che qui si può solo sfiorare, per dire che, schiacciati tra l'ansia della riunificazione e i doveri connessi alla loro integrazione nella Comunità europea occidentale e nella Nato, i tedeschi di Bonn vedono in una Germania orientale liberalizzata una via d'uscita politica e psicologica: una tranquilla convivenza, con legami speciali, aspettando che l'evoluzione dell'Europa orientale nel suo insieme faccia il suo corso. Quest'intreccio di speranze diverse e contraddittorie alla fine si ripercuote sugli stessi equilibri interni dell'Urss. Gorbaciov non può non vedere di buon occhio un estendersi della sua perestrojka al riottoso regime di Berlino Est, ma non può non essere preoccupato dalla prospettiva di una deflagrazione per cause interne del Patto di Varsavia. La prima considerazione lo porta a simpatizzare, o a non infierire, sugli ungheresi e sul loro «sgarbo» agli stalinisti, o ai brezneviani, della Germania orientale; la seconda lo spinge a una manifestazione di solidarietà con uno Stato che difende le ragioni del vecchio blocco comunista. E non si tratta solo di un suo dilemma personale: i conservatori del Cremlino possono trarre vantaggio dalla nuova crisi per aggravare i già pesanti sospetti nei suoi confronti. Insomma le famiglie teder sche dell'Est attraversano il confine austro-ungherese esultanti; ma si è aperta una nuova vicenda europea tremendamente complessa, dagli sbocchi più che mai imprevedibili. Aldo Rizzo

Persone citate: Egon Krenz, Gorbaciov, Guenter Schabowski, Honecker