L'Italia è peggio della Colombia

L'Italia è peggio della Colombia L'Italia è peggio della Colombia -w- 9 Italia non è come la Colombia: è peggio. JLrf Provo a spiegare questo che — nonostante le apparenze — è tutt'altro che un paradosso. In Colombia è in corso una guerra: si fronteggiano e si combattono due autorità, due blocchi di potere, due eserciti. La posta in gioco è chiara: è la sovranità. Ovvero la legittimazione a esercitare il controllo su un determinato territorio; il controllo dell'ordine pubblico e della produzione di ricchezza sociale; il controllo del consenso e delle sedi della decisione politica. Su tutto ciò la guerra è dichiarata e aperta: agevole è l'identificazione degli schieramenti. Certo, anche lì ci sono gli infiltrati e i traditori, chi esita e traccheggia: ma la scelta di campo, per chi la intende fare, è possibile e immediatamente riconoscibile. In Italia, invece. In Italia, la sovrapposizione tra Stato e anti-Stato, la reciproca interferenza e infiltrazione hanno raggiunto uno stadio avanzatissimo. Da questo punto di vista, l'assassinio di Lodovico Ligato non è un ordinario omicidio che parla di ordinari intrecci tra politica e malaffare: non lo è sia per il ruolo svolto da Ligato, alla testa di una azienda pubblica cruciale come poche altre nell'economia del Paese; sia per le modalità del suo assassinio. Il fatto che chi ha diretto, fino all'altro ieri, un importante ente statale faccia la fine di un personaggio di Mario Puzo, significa — persino al di là delle responsabilità , personali., dj Ligato — una sóla cosa: che la penetrazione della criminalità nella politica còriosce una irmdva fase: ÓÌ tempo, le mafie non operano più, principalmente, dall'esterno: per il tramite di gruppi di pressione che condizionano le istituzioni e le piegano ai propri inte. ressi; da tempo, le mafie agiscono, in maniera prevalente, attraverso gruppi politico-criminali organicamente interni alla pubblica amministrazione e al sistema dei partiti (specie di quelli tradizionalmente insediati nel governo centrale e locale). Non un «assalto allo Stato» da parte del nemico esterno, dunque (come vorrebbe la retorica nazionale): bensì la trasformazione in senso criminale — e dall'interno — di settori delle organizzazioni politiche e dell'apparato pubblico; e la costituzione di «consigli di amministrazione» dove siedono, a pari titolo e con pari autorità, settori del ceto partitico e del ceto delinquente, fi Sono quei «consigli di I amministrazione», misti e integrati, che — in alcune zone —■ dominano settori come quello edilizio, quello agricolo e quello turistico, che governano l'economia degli appalti e delle sovvenzioni, della spesa assistenziale e delle opere pubbliche (un esempio solo: la logica del subappalto avrebbe regolato sia ì lavori relativi allo stadio di Palermo che quelli relativi allo stadio di Milano). Con un effetto a cascata, la trasformazione criminale di segmenti degli apparati di partito e di Stato condiziona intere aree geografiche, interi settori produttivi, intere classi imprenditoriali. L'effetto è quello di una corruzione generalizzata. Nel senso che, al livello più periferico, l'impresario edile che paga la tangente per costruire un asilo tende a formare con l'assessore complice un sodalizio organico e permanente; nel senso che, col tempo, si tende a fare di quel sodalizio, e delle risorse che amministra, la base di una articolata organizzazione del potere e del consenso sociale; nel senso che si tende a coordinare quell'alleanza e quell'attività, prima di dimensione locale, a un livello territoriale più esteso e complesso; nel senso che si tende ad allargare il controllo su un arco di prerogative e di competenze il più ampio possibile. Da qui la tendenza di quei poteri politico-criminali, quando raggiungono forza sufficiente, a farsi «sovrani» su porzioni del territorio. Questo spiega, tra l'altro, le affermazioni del questore di ^Reggio Calabria, se,^, condo il quale il clan Barreca — che domina la zona — non può ignorare l'identità degli assassini dì' Ligato ; e. spiega anche la tesi dell'Alto commissario Domenico Sica: in alcune aree del Paese non è lo Stato a esercitare la sovranità. La condizione è, piuttosto, quella di un «doppio Stato». Il risultato è che una quota notevole della politica di questo Paese è a elevata densità criminale. Bisognerebbe — perlomeno — non nasconderselo. In altri termini: la guerra, esplosa in Colombia, ih Italia è latente e tale rimarrà; qui, quella guerra, non la si combatte in campo aperto, con schieramenti ed eserciti che si fronteggiano, ma in forma obliqua: in ogni Consiglio comunale, in ogni commissione edilizia, in ogni gara pubblica di numerose zone del Paese. E, dunque, se sia meglio o peggio non saprei. Che si tratti, in entrambi i casi, di guerre cruente e devastanti e certo. Luigi Manconi

Persone citate: Barreca, Domenico Sica, Ligato, Lodovico Ligato, Luigi Manconi, Mario Puzo