«Ma quella Cina risorgerà»

«Ma quella Cina risorgerà» Arthur Miller rievoca lo straordinario clima culturale prima della repressione «Ma quella Cina risorgerà» Ha cento giorni la strage di piazza Tienanmen QUEL mese a Pechino, sei anni fa, è stato pesante, ma anche straordinariamente intenso Come primo regista teatrale straniero nella Repubblica popolare, ho diretto «Morte di un commesso viaggiatore» con attori cinesi nel Teatro dell'arte popolare di Pechino, l'equivalente del Teatro dell'aite di Mosca. C'era molto scetticismo attorno al progetto, perché sia fra i cinesi, sia fra gli occidentali, erano in molti a dubitare che il pubblico locale fosse in grado di apprezzare il teatro americano. Visto come andarono poi le cose, avremmo potuto fare a meno di preoccuparci. Il «Commesso viaggiatore» parla di famiglie e di affari, due cose che sono state praticamente inventate dai cinesi. La reazione del pubblico, perciò, risultò poco differente da quella che avevo incontrato a New York o in qualunque altra città occidentale. L'uomo che ha reso possibile tutto questo si chiama Ying Ruocheng ed è un attore e regista (ha recitato anche nel film «L'ultimo imperatore» nella parte del guardiano della prigione), oltre che studioso e linguista. (Ying ha anche recitato nel Marco Polo televisivo. Ndr) E' stato lui a stendere la straordinaria traduzione dall'inglese del «Commesso viaggiatore», una versione così fedele che ero in grado di fermare gli attori in conispondenza di qualunque specifica riga del testo per correggere la loro interpretazione. Ying interpretò brillantemente la parte di Willy Loman, mi fece da interprete con gli attori, e naturalmente assegnò i ruoli. La produzione divenne una delle più importanti del repertorio ed è stata rappresentata in tutta la Cina; mi è stato detto che ha avuto una grande influenza sulla nuova generazione di autori teatrali di quel Paese. Sto scrivendo queste cose per una ragione. Il padre di Ying, che dirigeva l'Università di Pechino, lasciò la Cina quando esplose la Rivoluzione, portando con sé la famiglia a Taiwan. Da adolescente, Ying decise di ritornare sul continente per vivere la sua vita nella nuova Cina. Pur subendo l'esilio in una remota regione interna durante la Rivoluzione Culturale, non smise un istante di essere un patriota appassionato quanto consapevole. Non molto tempo fa, venne nominato vice ministro della Cultura, un sacrificio per un attore impegnatissimo tanto nel cinema quanto nel teatro. Assieme al narratore Wang Meng, che poco tempo prima era stato nominato ministro della Cultura, Ying cominciò l'immensa impresa di aprire la Cina alla letteratura e all'arte mondiali, alle quali era rimasta così a lungo chiusa. Avendo lavorato come attore anche in Europa, Ying aveva l'apertura mentale necessaria a comprendere la necessità, per la Cina, di creare un stile moderno tutto veramente suo, pur conservando la propria specificità. Non sono molti i cinesi con la vasta esperienza di Ying, la sua profonda conoscenza e il suo amore per la tradizione culturale cinese, e insieme la sua sensibilità alle opere artistiche e ai trend culturali stranieri. Lo sviluppo di una cultura cinese contemporanea sarebbe difficile da immaginare senza persone come lui. Nelle settimane successive alla violenta repressione di piazza Tienanmen, ai funzionari cinesi è stato richiesto di fare una dichiarazione di fedeltà all'azione del governo contro gli studenti. Ying Ruocheng non l'ha fatta, e così Wang Meng. Entrambi sono stati rimossi dai loro incarichi. (L'articolo di Miller è stato pubblicato sul New York Times di domenica scorsa. Ancora ieri Ying Ruocheng ha detto, in qualità di viceministro della Cultura, che l'attuale campagna contro la «liberalizzazione borghese» non si trasformerà in un'epurazione degli intellettuali come quella del 1957. Ndr). Per il primo ottobre, la federazione degli studenti cinesi negli Stati Uniti ha indetto una marcia verso l'ambasciata cinese a Washington. Ci si attende che partecipino almeno die¬ cimila dei quarantamila che si trovano attalmente in questo Paese. Questi giovani cinesi, il futuro della Cina, stanno tentando di tener vivo lo spirito di cui ho avuto il privilegio di vedere il risveglio sei anni fa, quando la sola idea di una rappresentazione teatrale americana a Pechino aveva dell'incredibile, e la speranza dell'apertura della Cina alle correnti creative del nostro secolo era qualcosa di nuovo e stupefacente. Senza esserne del tutto consapevole, e nonostante i terribili problemi sociali che la tormentano, l'America è diventata una fonte di ispirazione per i cinesi. Questa dimostrazione degli studenti al Campidoglio sarà una protesta, ma implicitamente anche una testimonianza della loro fiducia nell'appoggio americano allo spirito libertario che la nostra nazione ha aiutato a generare in Cina e nella sua giovane generazione, così ricca di promesse per il futuro. Sicuramente gli artisti, gli studenti e gli studiosi americani li sosterranno nella loro lotta. Arthur Miller Copyright «The New York Times» e per l'Italia «La Stampa» Il drammaturgo americano Arthur Miller rievoca la sua tournée cinese: un'esperienza culturale spazzata dalla repressione del dopo Tienanmen. Una scena dei tragici fatti di piazza Tienanmen: l'esercito fa strage di studenti

Persone citate: Arthur Miller, Miller, Wang Meng, Willy Loman