Abbagnale, chiediamo scusa di Gian Paolo Ormezzano

Abbagliale, chiediamo scusa CANOTTAGGIO Dopo la settima medaglia d'oro riscopriamo due grandi campioni Abbagliale, chiediamo scusa Perché sarà notizia quando non vinceranno Questa faccenda degli Abbagliale canottieri che vincono spesso e volentieri dovrebbe mettere in crisi mezzo sport italiano, dividerlo fra domenicani, cioè grosso modo maradoniani, e francescani, cioè abbagnaliani, provocare pentimenti, flagellazioni, confessioni, abiure, revisioni di vita anche giornalistica. Invece siamo ormai «spavaldamente» abituati ai loro successi, e gli Abbagnale, Giuseppe e Carmine, faranno notizia quando non vinceranno. Tutto il resto è fasullo, recitato. Compreso l'atto di dolore fr contrizione al quale noi ci associamo. Abbiamo passato (ecco la nostra preghiera/confiteor) un'estate come cretini a seguire e talora creare la scia di Maradona, lo strascico di Maradona. La storia semplice e gaglioffa di uno che cercava di fare un po' più di ferie con scuse varie, cosmiche (che ne è delle storie di camorra, droga, minacce, querele eccetera?), e forse niente di più. E adesso siamo qui a scusarci con gli Abbagnale della nostra disattenzione. In uno degli sport più perfetti, più completi, più tremendi e nobili, hanno vinto il quinto titolo mondiale, e unendolo ai due olimpici hanno ottenuto il record assoluto di vittorie nel remo. Ma se non avessero vinto ieri l'altro a Bled, anche a Bled, in Jugoslavia, **cosa avremmo scritto detto pensato? E' questo il quesito al quale bisogna avere il coraggio di rispondere. Oppure di non rispondere, che è una forma di risposta: non rispondere perché sugli Abbagnale non siamo preparati, neanche noi cronisti sportivi specializzati. Cosa sappiamo delle loro fatiche, del loro lavoro, dei loro sacrifici? A Seul dopo il successo olimpico li crivellammo di domande insipide, e ci soffermammo sul macchiettismo di Peppiniello Di Capua, anziché sul suo valore come timoniere che assembla l'armo. In questi giorni rifioriranno le storie della famiglia emerita di Pompei, una famiglia che, con l'addentellato dello zio La Mura, medico e allenatore, batte il mondo. E ci chiederemo ancora se è proprio vero che il clan Abbagnale fa federazione nella federazione e non accetta manco una sillaba da Nilsen, il tecnico norvegese. Ci intrigano i guadagni dei due: più o meno, insieme e nell'anno, di un discreto giocatore di calcio di B? Sosta più veloce sul terzo fratello, Agostino, anche lui oro a Seul, ma adesso tormentato da un male tremendo al braccio. E' tutta informazione, ma la coltiviamo male, come a orpellare un quadro di cui, se lasciata sola, ci inquieterebbe l'essenza. Eppure gli Abbagnale sono profondamente nostri in tutta la loro vita che non sia quella di allenamenti e gare. Li conosciamo, potrebbero essere vicini di casa di tutti noi. Non c'entra neppure la nascita vicino all'acqua: in tanti, troppi giorni dell'anno, non c'è campo di allenamento per il canottaggio più infame del mare. Sono dei nostri per come sentono la famiglia, vivono ancora insieme (tutti e tre, anche Agostino) tanti giorni dell'anno, ammettono candidamente di scambiarsi nella camera, al buio e nell'intontimento del primo mattino, quando vanno a piedi a Castellammare di Stabia per fare footing pre-remo, i pantaloni della tuta. Sono dei nostri per come tornano sempre al paese, anche per come cercano soldi. Sono dei nostri perché, in rapporto al gigantismo del canottaggio moderno, gli 1,86 del trentenne Giuseppe, gli 1,82 del ventisettenne Carmine sono niente, davvero i due sono due italianuzzi. Sta meglio Peppiniello che con i suoi 156 centimetri è timoniere di stazza internazionale, lui ha tanti omologhi in tutte le nazioni. Sono italianuzzi e debbono mettere in crisi i razzisti di casa nostra, quelli che hanno sempre spartito l'Italia, e che a priori rifiutavano al Sud certe performances. Insomma gli Abbagnale sono tanto normali, e anche per questo disturbano. Meglio se avessero ali, aloni luminosi intorno alla testa, muscoli d'oro zecchino, e insomma non fossero così simili al ragazzone che chiede un posto di lavóro. A proposito: a Seul Giuseppe lo chiese per Carmine e noi lo chiedemmo per lui, usando un'amicizia antica, ad un ente ora nella bufera. Carmine, a servizio militare concluso, dovrebbe cominciare in questi giorni, se già non ha cominciato: mica dovrà patire anche lui il momentaccio, come fosse un canottiere irakeno? Gian Paolo Ormezzano

Luoghi citati: Bled, Castellammare Di Stabia, Italia, Jugoslavia, Pompei, Seul