IL TAPPETO PARLANTE

IL TAPPETO PARLANTE CORSI ESOTICI IL TAPPETO PARLANTE Come «interpretare» ipezzi d'arredamento PER diventare discreti conoscitori e (perché no?) attenti collezionisti del tappeto orientale, imparare a «leggerlo», capirne a fondo i segni e i simboli, i nodi e i passaggi della trama, a Torino il posto c'è. Si chiama Ghalibaf, una galleria d'arte in corso V. Emanuele 40 che presenta, nei suoi saloni articolati su quattro piani, preziosi tappeti tessuti in tutte le principali aree produttive orientali. Ghalibaf è anche sede del Cato, il «Club amatori del tappeto orientale», unico in Italia, che organizza corsi di «tappetologia» con lo scopo di promuovere l'interesse verso questa millenaria «opera delle mani che, calpestata — come dicono i persiani — rifulge». Titolare della galleria e docente dei corsi è Taher Sabahi, 49 anni portati con disinvoltura, persiano, ma torinese di adozione (nella «più bella città del mondo», come lui la definisce, vive dal '61). Una laurea in farmacia, a Bologna, accantonata senza troppi rimpianti, Sabahi è oggi uno dei massimi «tappetologi» a livello mondiale; autore di testi pubblicati dalla De Agostini, è consulente di tessili orientali per musei in tutto il mondo. Ciononostante «vent'anni fa ero certo di sapere tutto sui tappeti orientali — dice —, dieci anni fa di saperne parecchio, oggi mi inginocchio davanti a certe opere d'arte, umiliato dalla mia ignoranza». Sua anche la «scoperta» dei «vaghiregh», sconosciuti (pur se diffusi in Oriente), antichissimi tappeti da appendere al muro come quadri, modello per la tessitura di altri più grandi. La sua passione è di lunga data: «Da piccolo — rammenta — passavo ore a giocare e a parlare con i fiori dei tappeti di casa». A 13 anni «con pochi risparmi, comprai a Teheran due tappeti bellissimi», oggetti- simbolo, che ancora oggi occupano un posto privilegiato nella sua collezione. «n tappeto è un mondo — dice —, racconta la storia dell'uomo orientale, il suo passato, il dolore, la gioia e il sorriso. Ha calore, armonia, disegno, perfezione d'insieme». L'idea di tenere corsi di «tappetologia» gli venne nell'83, alla «Conferenza Internazionale sui Tappeti Caucasici» in Azerbaigian. Numerose, da subito, le adesioni. Attualmente sono previsti due diversi cicli di studio: uno di base che inizierà non appena costituito un gruppo di 35-40 persone (6 lezioni per 14 ore dedicate alla storia del tappeto, alla tecnica, alle zone di produzione, alla valutazione e al restauro). E uno di specializzazione (2 o più lezioni, riguardanti un aspetto particolare dell'arte del tappeto). Accanto alla parte teorica, il corso comprende anche esercitazioni al telaio verticale sotto la guida di assistenti e maestri tessitori. I corsi sono rivolti a tutti: agli appassionati e ai curiosi, «a chi si avvicina, per la prima volta a questa disciplina — dice Sabahi— e a chi desidera approfondire conoscenze già acquisite». Nei progetti futuri, il desiderio di condurre gli alunni alla scoperta delle «vie del tappeto» e dei luoghi sacri di produzione, non per creare dei super-esperti, ma dei convinti estimatori. «L'argomento tappeti — conclude Sabahi — è come un grande mare: più vi si naviga e meno si vede la riva». Gianni Milani La quota di iscrizione al corso (che si terrà, in base alle esigenze, in orario pomeridiano o serale) si aggira sulle 150 mila lire. Per ulteriori informazioni ed iscrizioni rivolgersi a: Cato, corso Vittorio Emanuele 40, telefono 87.80.93-83.98.940. Taher Sabahi maestro «tappetologi)» durante una lezione

Persone citate: Gianni Milani, Sabahi, Taher Sabahi

Luoghi citati: Azerbaigian, Bologna, Italia, Teheran, Torino