QUELLA VENEZIA DI MARIESCHI

QUELLA VENEZIA DI MARIESCHI QUELLA VENEZIA DI MARIESCHI "HI JBT GORIZIA H /H ICHELE Maneschi n |H| fu un grande pitto- ■ I i I ci accompagna vi■u I I sitando la bella I mostra «Marieschi H I tra Canaletto e I | I Guardi», che il coJL ■ -BL mune di Gorizia ha organizzato al Castello fino al 15 ottobre. Fu un grande pittore, certo, e famoso durante la sua breve vita (1710-1743), ma oggi pressoché sconosciuto al pubblico: non firmò infatti mai le proprie opere, che già nel '700 vennero confuse con quelle di Canaletto e di altri vedutisti, e fu subito imitato dall'allievo Francesco Albotto, individuato solo di recente, che proprio la rassegna goriziana permette di confrontare con le qualità molto superiori del maestro. Tanto più è utile, quindi, questa mostra, corredata da un catalogo edito da Allemandi, a cura di Dario Succi, con scritti dello stesso Succi, di Annalia Delneri e Maurizio Zecchini: sancisce finalmente la riscoperta di un uomo che fu vero «pittore», poeta cioè per immagini, e personale, finissimo evocatore della realtà in cui viveva. E' chiaro che sia per Canaletto che per Marieschi l'ispirazione principale venne da Venezia, dalla secolare malìa dei canali e delle calli, dall'inconfondibile, amica presenza delle gondole e dei pescatori. Se Canaletto, cerca di renderci la città in senso analitico ed obbiettivo, con lucido, illuministico distacco, Marieschi al contrario predilige il momento soggettivo ed interpretativo, le atmosfere, le vibrazioni luminose su questo o quel palazzo (rese con piccoli grumi di colore), gli angoli pittoreschi un pò ignorati, la presenza calda, animata e vivificante della gente. Ciò porta anche alle fantasiose deformazioni ottiche delle sue vedute, quella curiosa «dilatazione a grandangolo» più volte richiamata da Succi in catalogo, così estranea al rigore prospettico di Canaletto, che testimonia della sua giovanile familiarità con le scenografie teatrali e gli effimeri apparati per le feste: cui bisogna aggiungere il vivo interesse per la febbrile fantasia e le pittoresche invenzioni paesistiche del grande bellunese Marco Ricci (1676-1736), sensibile soprattutto nei mirabili «Capricci» di cui Marieschi fu impareggiabile creatore. Le appassionate ricerche di Succi, che troveranno il loro legittimo esito nel catalogo generale dell'opera di Marieschi in corso di stampa presso Allemandi, ci trasmettono l'immagine viva di un caposcuola: fu fantasioso e un po' stravagante, quasi ricostruendosi Venezia a propria immagine e somiglianza, ebbe strette relazioni con i grandi collezionisti del suo tempo, «in primis» il feldmaresciallo Von Schulenburg, e fu spesso autore di capolavori. Valga per tutti la straordinaria Veduta di Rialto con la Riva del Ferro di Leningrado, chiusa a sinistra dall'allungato profilo del Ponte, con la prospettiva volutamente distorta e movimentata oltre misura dalle colorate macchiette dei personaggi: alcuni lavorano, altri oziano, altri ancora si azzuffano con gesti teatrali, come i due gondolieri al centro che si fanno platealmente largo a colpi di remo, in un Canal Grande già allora intasato dal traffico. Marieschi ritorna così ad essere un punto nodale del vedutismo veneziano che tramonterà, ai massimi livelli, con la morte di Francesco Guardi nel 1793. Alberto Cottino (Minti. ■ ■ i ■' . :Mb¥Jb&2 ijUMnllwn^ •• Uh 'acquaforte di Michele Maneschi

Luoghi citati: Gorizia, Leningrado, Rialto, Venezia