FASCISMO: PARTI' COSI' di Paolo Mieli

FASCISMO: PARTI' COSI' FASCISMO: PARTI' COSI' Da movimento antipartito a modello di tutte le dittature Le origini in un'importante ricerca di Emilio Gentile TH» jMT OLTO si è scritto, B fui in Itaaa e all'esteH IH ro, su Benito Mus|B / H solini, i capi del fasi I I I scismo' * gerarchi, fflgl I I i ras locali. Si può ■ I I I dire che la storia I del Ventennio sia ■ I stata prevalenteJL ■ JhL mente ricostruita a partire dal personaggio o dai personaggi che la dominarono. Quasi che il partito in cui detti personaggi avevano deciso di riunirsi fosse stata una realtà del tutto trascurabile, un apparato composto da uomini dediti solo ad eseguire gli ordini del Duce. E che, di conseguenza, gli storici abbiano considerato superfluo occuparsene. A colmare questa lacuna giunge adesso un ottimo studio di Emilio Gentile, già autore di apprezzate ricerche sulle origini dell'ideologia fascista e sul mito dello Stato nuovo. Studio dedicato appunto al partito di Mussolini. L'opera è prevista in tre volumi («Movimento e milizia, 1919-1922»; «L'asse del regime, 1922-1930»; «Il grande pedagogo, 1931-1943») cu cui è uscito il primo, quello dedicato agli anni dalla fondazione dei Fasci di combattimento alla marcia su Roma. (Laterza, pp.701, L.47.000) La più importante tesi di Gentile è che quello fascista è stato il primo partito moderno che «ha portato il pensiero mi¬ tico al potere», istituzionalizzandolo, come forma superiore di coscienza politica per l'uomo e per le masse, in un regime a partito unico. Un partito milizia che ebbe un ruolo d'avanguardia nell'elaborazione e nell'attuazione di uno dei primi esperimenti di dominio totalitario. E che in quanto tale indicò la via ad altre importanti formazioni politiche di questo secolo. Di destra e di sinistra. Il socialista Mussolini E' molto interessante la parte iniziale del libro in cui Gentile ricorda come Mussolini non avesse intenzione di dar vita ad un partito quando, nel marzo del '19, fondò i Fasci di combattimento. E come l'idea di fondare invece un movimento, un «antipartito», risalisse al novembre del 1914, quand'era stato espulso dal psi ed aveva avviato una polemica contro il partito in sé, visto come una sorta di prigione per l'individuo libero, un'organizzazione di politicanti che sfruttavano la credulità delle masse ed erano interessati soltanto alla conservazione del loro potere. Del resto gran parte della cultura politica dell'epoca era ostile ai partiti in quanto tali. Croce non li considerava essenziali; Salvemini addirittura li additava come un ostacolo allo sviluppo della democrazia; i riformisti Bissolati e Bonomi ritenevano che l'espansione sindacale li avrebbe ridotti a rami secchi; i sindacalisti rivoluzionari li giudicavano uno strumento dei «professionisti della politica» per sovrapporsi alla coscienza rivoluzionaria dei lavoratori. Mussolini dapprincipio aveva condiviso la polemica sindacalista contro il partito, poi da socialista cambiò idea e ne divenne un fautore, per tornare a criticarlo, come s'è detto, dopo essere stato espulso dal psi e decidersi infine a favore della forma partito solo in un secondo momento dopo aver fondato i Fasci. In quegli anni tra il 1910 e il 1920, Mussolini, secondo l'attenta ricostruzione di Gentile, ha un atteggiamento che oscilla fra l'idealizzazione del partito quale portatore di una «nuova civiltà» e la banalizzazione della sua funzione a quella di strumento passivo, quasi personale, nelle mani dei dirigenti o del capo. Nel partito fascista porterà ambedue queste concezioni. Ed è merito di Gentile l'aver messo in luce come esse si siano articolate tra di loro dando vita ad un mix che fu in grado di essere in qualche circostanza autonomo, addirittura in contrasto con lo stesso Mussolini. Nel senso che, pur se si deve tener sempre presente che il partito fascista non sarebbe sopravvissuto all'uscita di scena di Mussolini, si può dire che in una certa, non indifferente, misura tale partito riuscì a vivere di una linfa propria. Esempio di ciò è quel che accadde nell'estate del '21 quando Mussolini volle il «patto di pacificazione» con i socialisti ed esortò il fascismo a «rimettere la spada nel fodero, perché, salvo che in alcune zone, ha ottenuto completa vittoria ed è inutile incrudelire sul nemico già disfatto». Da Bologna, Mantova, Modena, dal Polesine e da Firenze fu la rivolta di chi non voleva deporre le armi e rinunciare alla violenza squadrista. Gli stessi dirigenti milanesi si divisero su questa decisione, per imporre la quale Mussolini dovette faticare non poco e ricorrere persino alla minaccia di dimettersi. Compromesso per il potere Dietro la questione del patto di pacificazione c'era dell'altro: era in gioco appunto cosa dovesse essere il fascismo, se un docile, malleabile strumento nelle mani di un uomo che per conquistare il potere avrebbe potuto servirsene a sua discrezione o un'entità autonoma e indipendente. Per certi aspetti indipendente anche da quella personalità in assenza della quale, com'è convinzione di tutti gli studiosi, non non sarebbe riuscita a sopravvivere. Tutto si risolse in un compromesso. Ma ne uscì sancita l'indipendenza del partito. Che tipo di indipendenza? La capacità di imporsi a Mussolini, di farlo almeno parzialmente recedere da mosse avventate o incoraggiarlo, comme accadde per la marcia su Roma, a una maggior risolutezza. In altre parole il partito fu il luogo dov'era depositata la quintessenza della politica e dei miti del fascismo, pronto a scaraventarsi su Mussolini nel caso giu- dicasse che si stesse allontanando dai principii costitutivi, a trattenerlo quando correva il pericolo di trasformarsi in uno dei tanti politicanti del primo dopoguerra, a pungolarlo quando era il momento di cogliere una grande oaccsione. E, dopo la lettura del libro di Gentile, si può dire che almeno in quella fase che precedette la presa del potere, il partito ebbe un ruolo tutt'altro che irrilevante. Anche nell'impostare, ergendosi a custode di un'idea totalitaria dello Stato, come avrebbe dovuto essere la stagione successiva. Paolo Mieli Benito Mussolini

Luoghi citati: Bologna, Firenze, Mantova, Modena, Roma