EDT, L'ALFABETO DELLA MUSICA

EDT, L'ALFABETO DELLA MUSICA EDT, L'ALFABETO DELLA MUSICA TORINO USICALMENTE parlando, siamo ancora un popolo di analfabeti»: un'affermazióne quasi incredibile, almeno paradossale, proprio in questi giorni nella città del «Settembre Musica», dove auditorium, piazze e chiese sono assiepate a ogni concerto. «Eppure è proprio così», dice Enzo Peruccio fondatore e direttore della EDT, le Edizioni di Torino, una delle poche case editrici che «fa solo musica». C'è ancora una forte discrepanza tra il consumo e la conoscenza della musica, anche se è innegabile il «salto in avanti» rispetto a vent'anni fa. Il pubblico dei concerti è in continuo aumento, si vendono sempre più impianti hi-fi e compact disc, ma per i più la musica resta un «sottofondo», una «suppellettile sonora». La musica parla a tutti, ma quanti ne comprendono il linguaggio? La causa «strutturale» è ben nota,, e si fa poco per rimuoverla:. «La scuola dell'obbligo non insegna nemmeno a leggere le note». La EDT/Musica è nata nel 1975 proprio per coprire un «vuoto di mercato». Ricorda Peruccio: «La musicologia in Italia era un settore a dir poco disastrato, in confronto agli altri paesi europei. All'università le cattedre di storia della musica erano appena una decina. Nei conservatori si studiava su libri stravecchi, residuati bellici. Noi eravamo un gruppo di amici, post-sessanttottini d'avanguardia: smaltita ogni ebbrezza ideologica, pensavamo che il nuovo si dovesse costruire in concreto; chiusi i cenacoli, era tempo di dare corpo a un'editoria di servizio». Peruccio non è uno «specialista»,' la musica è per lui solo una passione II suo mestiere è da sempre l'editoria: l'ha imparato da Bolaffi. Curare cataloghi, qualunque sia la materia, è una scuola di precisione, Si im para a lavorare dietro le quinte, a mettere insieme idee e energie. Per fare la EDT ha cercato i consigli di amici esperti come Cesare Dapiho, Giorgio Pestelli, Alberto Basso, Pier Luigi Petro^ belli. La prima sfida fu la «Storia della musica», in collaborazione con la' Società italiana di musicologia: dodici volumi ognuno affidato a uno specialista. Scriveva allora Massimo Mila sul nostro giornale: «Fare storia della musica significa, secondo un'espressione di Boulez, pensare la musica» e non limitarsi a «affastellare detriti di fatti in una registrazione annalistica di documenti d'archivio». L'altra scommessa vinta dalla EDT è la «Storia dell'opera italiana», in sei volumi, a cura di Lorenzo Bianconi e Giorgio Pestelli: ne sono usciti tre e sarà completa entro il 992. Entrambe queste «grandi opere» sono già state vendute negli Stati Uniti, in Inghilterra, Francia, Germania e Spagna. «Una ventata di innovazione», sostiene con orgoglio Peruccio, perché la musica non è più separata dalla storia della società. Non ci si ferma ai singoli autori e alle loro composi¬ zioni, si esaminano i rapporti con la cultura del loro tempo, «si sfatano graduatorie e scale di valori fondate su false informazioni o sedimenti ideologici», si documenta il reale «consumo» musicale di ogni epoca e si alza il sipario sull'organizzazione del teatro d'opera, sul ruolo dell'impresario, sui diritti d'autore. Ai bei commenti si preferisce l'analisi dei dati. «Ancora oggi manca una seria politica di marketing culturale, prevale la bilancia della lottizzazione politica», osserva Peruccio, sfogliando l'«Annuario dell'opera lirica in Italia», agenda completa di titoli e cast, costi e ricavi, giudizi della critica. Il catalogo della EDT segue due altri percorsi. Ci sono i manuali, per studenti dei Conservatori e delle università. L'ultimo è quello sull' «Armonia» di Walter Piston, un classico, pubblicato con il contributo dell'Associazione De Sono. «Costano molta fatica, richiedono investimenti per i quali è necessario cercare sponsor». Un buon manuale deve contenere molti esempi musicali, richiede una cura grafica scientifica, come un testo di matematica e fisica, dove a parlare sono le formule. Poi vengono i saggi monografici dedicati a singoli autori. Tra questi, il più celebre, un successo «straordinario», è il monumentale Bach di Alberto Basso: oltre 6.000 copie vendute, di fronte a una tiratura media, per gli altri titoli, di 1.0001.500 copie. Ora sta uscendo la biografia in forma di intervista a Eliott Carter, curata da Enzo Restagno, con un'antologia di suoi scritti:, un omaggio a questo ottantenne compositore americano, riproposto da «Settembre Musica», un tentativo di far leggere anche ai non addetti ai lavori una musica già difficile da ascoltare. Proprio per raggiungere un pubblico più largo, quello che affolla auditorium e concerti, Peruccio ha varato nell'86 il «Giornale della musica», insieme all'amico-collega Allemandi, editore d'arte. Un mensile di 32 pagine, tiratura 12 mila copie, direttore responsabile Alberto Sinigaglia. L'editore cura in prima persona ogni numero: «ma non è un "organ house". Facciamo informazione e dibattito, non pubblicità». Ora l'EDT, cinque dipendenti in un'ovattata mansarda su piazza Solferino, fattura un miliardo l'anno, vende in libreria con Garzanti e nei negozi musicali con Ricordi (il 20 per cento del catalogo, ed è una percentuale in crescita). Quindici anni fa gli amici di Peruccio pensavano che una casa editrice «solo di musica» non sarebbe durata a lungo. «Abbiamo avuto li fortuna di occupare una nicchia vuota di mercato, di iniziare quasi in regime di monopolio, di incontrare un pubblico ristretto ma attento, stufo di aria fritta», dice Peruccio. E per fortuna, questa nicchia si è andata via espandendo, come dimostra anche l'aumento dei titoli di musica nel catalogo degli editori non specializzati. Gli analfabeti musicali, sia pure lentamente, stanno diminuendo. Luciano Gerita Luciano G

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