MOSCA di Emanuele Novazio

MOSCA MOSCA Finalmente ci si può scoprire DMOSCA ICE che alle volte passa quasi un'ora sulla panca accanto al muro. La gente, corre a prendere il metrò e lei resta lì a leggere, perché in questa stazione di coincidenza aspetta un amico che la porterà «a mangiare o a divertirsi o chissà dove», e se lui tarda lei lo aspetta e legge. E' cominciata da tre mesi e potrebbe continuare: perché aspettare non l'annoia e poi «vale la pena». Adesso legge Ghilarovski, un cronista che fra l'Ottocento e il Novecento raccontò Mosca e i moscoviti in decine di articoli e di libri: un'edizione trovata al «buchinisti» della via Pushechnaya per cinque rubli e quaranta «che non sono pochi». Domani forse cambierà, o forse non verrà. Ma domani, qui alla stazione d'angolo fra la via Gorki e piazza Puskhin, sarà lo stesso: qualche centinaio di migliaia di passeggeri in furia, un treno ogni cinquantasei secondi o alla peggio un minuto e cinque, come conferma il tabellone luminoso che segna il tempo all'imbocco della galleria. Domani, come adesso, un passeggero in transito su quindici, secondo una contabilità ufficiosa e rozza ma forse vicina alla realtà, leggerà un quotidiano o una rivista letteraria spesso vecchia di un mese e passata attraverso molte mani, in un prestito a catena che è quasi un club senza iscrizione e tasse; e uno su quarantacinque leggerà un libro, come la fragile ragazza della panca. Sarà lo stesso altrove, nelle centoquaranta stazioni di questo metrò tronfio e bizzarro che è possibile percorrere, da un capo all'altro e in ogni variazione, con i cinque kopeki del primo ingresso, una volta e basta, e dove l'altoparlante invita al mestiere e dice che «ferroviere nel metrò assicura una carriera»: soddisfacente e ben retribuita. Sarà così dovunque e domani, forse, ci sarà di nuovo il ragazzo bene educato che nella vettura per Kuznesti Most è seduto con tre garofani nel cellofan, «perché due sono pochi e quattro è proibito dal malocchio». Legge le satire di Mikail Soshenko, un grosso libro uscito quasi sessantanni fa, proibito e ripubblicato di recente, coi me fa quasi sempre per i tragit- ti di almeno quattro stazioni o quindici minuti. Ma chi conosce il metrò e Mosca assicura che la sua è un'eccezione, perché i libri sono quasi sempre più leggeri e rabitudine è piuttosto per i gialli di Semionov o dei fratelli Vajner, o forse un romanzo di Viktor Astafiev o di Rasputin, che è già più raro a meno che si tratti di studenti in attesa alle stazioni dell'Università. Spiegano che gli anni di perestroika hanno generato un lettore spregiudicato nelle esibizioni delle scelte letterarie, e il ragazzo coi garofani è di questi: con Breznev, racconta chi da anni passa almeno due ore al giorno nel metrò, moltissimi leggevano i giornali, pochissimi una rivista e quasi nessuno un libro. Perché la fedeltà al quotidiano, allora, era una specie di condizione per l'anonimato, una garanzia di mimetismo sociale e culturale, dal momento che tutti i giornali erano uguali o quasi; e confonderla significava esporsi, rendersi psicologicamente vulnerabili, insicuri. Oggi anche il metrò di Mosca consente una ragionevole discriminazione in base alle letture: i giornali non si assomigliano per niente, ormai, i settimanali sono come bandiere di tanti schieramenti, e le riviste un'insegna. Oggi leggere significa schierarsi, vuol dire definirsi, prender posizione, anche se c'è chi non lo ammette e, come lo studente che aspetta il treno per Vikhino, ultima stazione sulla linea Krasnoprenskaia, insiste che «la gente legge quel che trova nelle librerie, a Mosca, è una questione di fortuna se si trova il libro che si cerca perché quel che arriva sparisce in due ore e chi arriva in libreria con un'idea quasi sempre deve cambiarla e accontentarsi». Accanto al ragazzo coi garofani, nella vettura rivestita di fòrmica celeste, una donna anziana legge la rubrica «Orto e giardino» su «Vecemaia Moskva». Lo faceva anche quindici anni fa, dice, nessuno glielo ha mai domandato e si stupisce che qualcuno glielo chieda adesso. Prima di scendere, a Taganskaia, piega il giornale della sera prima e lo rimette nel sacchetto di cellofan inaugurato chissà quando, insieme al fazzoletto e alle patate. Emanuele Novazio

Persone citate: Breznev, Most, Semionov, Viktor Astafiev

Luoghi citati: Mosca