LO ZOO FILOSOFO DELLA DE RIVA

LO ZOO FILOSOFO DELLA DE RIVA LO ZOO FILOSOFO DELLA DE RIVA SYLVANA de Riva è una signora in età che l'anno scorso si mise in luce con un romanzo, «Profili» (Bompiani), che fu giudicato di stampo ottocentesco ma che piacque, e infatti metteva in luce notevoli qualità. Fu una specie di caso letterario perché non accade spesso di vedere un esordiente coi capelli grigi anche se gli esordienti giovani veramente sono oramai rari come le mosche. In quel romanzo i personaggi erano vivi e la vicenda condotta con mano vigorosa e molto abile. Soprattutto si capiva che l'autrice marciava per una strada propria in barba alle mode e alle inquinanti ondate dell'immaginario narrativo, sollecitato da ogni parte. Raccontava alla maniera di una volta? Pazienza: certe strade non muoiono mai del tutto e in ogni caso uno scrittore deve prima di tutto fare i conti con se stesso. Adesso Sylvana de Riva pub¬ blica tre racconti in un libro che prende il titolo da uno di essi, «L'agonia del sole», e che conferma un'indipendenza che è vera e propria originalità. Si tratta di tre racconti su animali di una quarantina di pagine , l'uno, che ribadiscono quel suo modo di raccontare tradizionale ma che trovano proprio a contatto con la nuova materia una tal quale novità di stile e di impostazione, essendo gli animali, per loro stessi e per la particolare natura del loro vivere al margine del mondo degli uomini, qualcosa di diverso o di speciale rispetto alla normale materia del narrare. Con questo, non che anche gli animali non rientrino nel mondo di sempre e in un'antichissima visione delle cose. Di animalisti celebri sono piene le letterature classiche. Ma basta poco, oggi trattando di un animale, per alludere a una certa condizione umana, e con più forza e credibilità di un tempo, trovandosi l'uomo in particolari condizioni di precarietà. E ciò avviene col primo dei racconti. «Una casa per cuccia», che tratta di un cane bastardo dal destino non proprio felice, tuttavia non sventurato, che passando da un padrone all'altro, perduto, respinto o seminato per strada, trova finalmente una casa dopo avere messo una zampa in una micidiale tagliola. Zoppo, diviene una specie di cane filosofo, e forse qualcosa di moralistico in senso infantile (questi racconti, questo soprattutto, e l'ultimo, che tratta di un cavallo, sarebbero ottime letture per ragazzi) traspare da tutta la storia, che è un po' la storia trasposta di uh «senza fa-; miglia» del secolo scorso scaraventato in mezzo alle automobili (e la parte migliore è proprio quella dell'area di servizio in autostrada, dove il nostro cagnetta dai molti nomi deve bere e mangiare). La seconda storia, «L'agonia del sole», riguarda un toro e mostra una specialistica conoscenza dell'universo ispanotaurino, anche in senso linguistico, ed è meno efficace della prima avendo perduto in linearità (la linearità sembra essere uno dei punti di forga della De Riva); mentre l'ultima, su un cavallo, «Cavallo di nome», ritrova il binario dominante e fa il paio con la prima, toccando momenti felici persino colromantico finale, un po' scontato, sulla morte del cavallo e del ragazzo. Se la nostra anagrafe animalesca non soffre lacune, l'ultimo bel cane della nostra narrativa è appartenuto al compianto Cassola («L'uomo e il cane», 1977), che però professava un'opposta idea della narrativa. Non importa, i cani e le belle pagine si salvano egualmente. La De Riva ha avuto mano felice in questo mondo che non fa rimpiangere quello dell'uomo. Claudio Marabini Sylvana de Riva L'agonia del sole Bompiani pp. 119, L. 22.000

Persone citate: Cassola, Claudio Marabini