Ma Portoghesi vuole dimettersi di Lietta Tornabuoni

Ma Portoghesi vuole dimettersi Polemico il presidente della Biennale Ma Portoghesi vuole dimettersi VENEZIA DAL NOSTRO INVIATO Alla cerimonia di presentazione della 46a Mostra del cinema, abbinata all'inaugurazione ai Giardini dell'esposizione Cocteau, il direttore Guglielmo Biraghi arriva in gran ritardo e parla per un solo minuto, si comincia un'pra più tardi del previsto. L'atmosfera tesa pare nascondere chissà quali scontri, scontenti, conflitti: e il presidente della Biennale, l'architetto professor Paolo Portoghesi, dice che vuole andarsene, lasciare. Sul serio? Oppure è una minaccia avanzata per smuovere il governo, per sollecitare la legge di rifinanziamento della Biennale di Venezia? Io non voglio sottrarmi ai due anni di presidenza che mi restano. Ma, se non arriva un segno preciso, darò le dimissioni: è meglio andarsene che arrendersi alla decadenza e al degrado. Decadenza? Fino a ora, con enorme fatica, siamo riusciti a mantenere la Biennale al livello che le spetta, e anche a fare qualcosa di più: gli eventi armonizzati intorno alla celebrazione del centenario di Jean Cocteau, ad esempio (retrospettiva dei film alla Mostra del cinema, esposizione di opere ai Giardini della Biennale d'Arte, spettacoli della Biennale Teatro), sono il segno della possibilità di affrontare un tema culturale attraverso più discipline, di rimescolare le carte della cultura, di mettere insieme le diverse anime della Biennale. Da ora in poi? Nell'anno prossimo, 1990,tutti i nodi vengono al pettine. Nodi finanziari, innanzi tutto. Dobbiamo fare nel 1990 le Mostre d'arte e del cinema, valorizzare la musica sacrificata ansiosa di riproporsi all'attenzione, presentare un progetto speciale d'architettura. Tutto questo, dovremmo farlo con cinque miliardi. Ma cinque miliardi sono sufficienti appena per la Mostra del cinema, che quest'anno s'è fatta soltanto grazie al contributo del ministero dello Spettacolo (tra l'altro deciso, sì: però i soldi ancora non sono arrivati): ma è un intervento straordinario, e l'intervento straordinario costringe a programmare nell'incertezza, obbliga a stare al gioco della clas¬ se politica che ci tiene continuamente col fiato sospeso, esponendoci poi anche come Consiglio direttivo a critiche magari giustificate. Allora? Allora, nel 1990 dovremo scegliere: o facciamo la Mostra d'arte o facciamo la Mostra del cinema. L'una, oppure l'altra: a fare tutt'e due non ci arriviamo coi soldi. E' già un dilemma da suicidio, perché sono le manifestazioni in cui s'è costruita l'immagine della Biennale: ma il Consiglio direttivo è poco disponibile a continuare a fare i salti mortali per ritrovarsi poi a fare il capro espiatorio. Nessuna speranza? Speranze ce ne sono. La legge di rifinanziamento della Biennale era già stata preparata dal ministro dei Beni Culturali Bo no Parrino. Il nuovo ministro Facchiano potrebbe presentarla in Parlamento in tempi rapidi: più rapidi, mi auguro, di quelli usati dal Comune di Venezia, che in un anno e mezzo non è riuscito a sostituire il consigliere della Biennale di propria nomina, Vittorio Strada, dimessosi ben diciotto mesi fa. L'atteggiamento dei politici è, secondo lei, specialmente negativo nei confronti della Biennale di Venezia? Oppure è un comportamento generale, un'inerzia tipica verso tutte le nostre istituzioni culturali? E' comune verso molte istituzioni culturali, è simile a quello tenuto verso i Musei italiani, che sono quasi tutti in condizioni disastrose. Contro ogni logica e vantaggio, è evidente: per far venire gli stranieri in Italia non c'è bisogno di fare l'Expo, basterebbe dimostrare che i tesori d'arte italiani sono visitabili. Ma la cultura pare diventata una insostenibile lotta clandestina di fazioni politiche: è questa la ragione essenziale del degrado. E adesso lei ne è stufo? La mia insofferenza è reale. C'è pure qualcosa di personale: sono sette anni che faccio questo mestiere, sono una persona che ama il cambiamento, quindi scalpito. Mentre la direzione d'un settore dà soddisfazioni, la presidenza della Biennale ne offre molte meno: e dover lavorare in queste condizioni avvilisce, dà mortificazione, tristezza. Lietta Tornabuoni Richard Bohringer in «Il cuoco, il ladro, sua moglie e l'amante di lei» di Greenaway oggi fuori concorso

Persone citate: Cocteau, Facchiano, Greenaway, Guglielmo Biraghi, Jean Cocteau, Paolo Portoghesi, Parrino, Richard Bohringer, Vittorio Strada

Luoghi citati: Comune Di Venezia, Italia, Venezia