Il Cartello di Medellin da Tortona verso l'Europa

Il Cartello di Medellin da Tortona verso l'Europa Due giovani tenuti in ostaggio per obbligare i genitori a creare raffinerie di cocaina nell'Alessandrino Il Cartello di Medellin da Tortona verso l'Europa Un carabiniere infiltrato fra i narcotrafficanti ha però sconvolto i piani SAVONA. Per quasi due anni i narcotrafficanti del «cartello di Medellin» e di Cali, ora in guerra con il governo colombiano, hanno tenuto in ostaggio Lelio e Lia Mogliati, studenti universitari ai cui genitori, Piero e Norma Carignano, residenti a Tortona ma abitanti a Bogotà dove erano titolari di un albergo, gli uomini di Pablo Escobar e Jorge Ochoa avevano affidato il compito di costituire nell'Alessandrino e nel Savonese (Tovo San Giacomo) il più grande centro di raffinazione della cocaina proveniente da Colombia e Perù. Da qui la droga veniva smistata in Europa. Le raffinerie sono state smantellate (quasi 300 chili di cocaina sequestrati) dai carabinieri della sezione anticrimine di Genova che avevano infiltrato nell'organizzazione dei trafficanti un loro sottufficiale, «Gian Marco». Quarantatre persone sono finite in carcere e altre 15, colombiani o peruviani, sono inseguiti da mandati di cattura internazionali accompagnati da richieste di estradizione. Il tribunale di Savona, due mesi or sono, ha condannato 41 narcotrafficanti italiani e colombiani di questa organizzazione (fra questi anche Pietro e Norma Carignano, il pediatra di Voghera Giorgio Cevini e la moglie, Renata Gilona) a circa 700 anni di carcere e quasi 10 miliardi di multa (30 anni e oltre mezzo miliardo ciascuno di multa il medico e uno dei boss, Ugo Pardo Gaona). Honorio Huertas, uno degli uomini di spicco del «cartello di Medellin» coinvolto in questa vicenda, è stato arrestato dalla «Dea» a Miami (Florida), dove trattava «affari» per alcuni milioni di dollari, e le autorità statunitensi ne hanno già concesso l'estradizione. Sarà processato il 26 settembre a Savona. Con i nuovi accordi fra il governo di Bogotà e le autorità statunitensi anche gli altri boss coinvolti in questa vicenda non si sentono più al sicuro nei loro «santuari colombiani» e si scuciono le bocche dei loro uomini in carcere in Italia. Emerge così uno spaccato impressionante delle dimensioni e dei proventi del traffico di cocaina. Miliardi di dollari riciclati tramite finanziarie panamensi e banche, soprattutto svizzere; una corruzione diffusa fra le forze di polizia, società di import ed export e flotte di aerei e imbarcazioni in mano agli uomini di Pablo Escobar e Jorge Ochoa le cui immense piantagioni di cocaina sono protette da un vero esercito. I narcotrafficanti, in cambio di armi, ottengono in qualche caso anche la complicità dei guerriglieri. Gilardo Cruz, uno degli imputati di Savona, ha detto al sostituto procuratore della Repubblica, Tiziana Parenti: «Fa¬ cevo parte di un movimento della guerriglia colombiana. Poi, sono venuto in contatto con i narcotrafficanti e sono entrato nella loro organizzazzione». Pietro e Norma Carignano hanno ripetuto al magistrato: «Nostro figlio Lelio è stato sequestrato. Sua sorella è stata minacciata di morte. Inutile rivolgersi alla polizia: i boss della cocaina erano in condizione di riprenderli e ucciderli in qualsiasi momento». Ora i due fratelli sono in Italia. Gian Marco, il sottufficiale dei carabinieri dell'anticrimine, è stato ospite nelle «fazende» dei boss colombiani (fra questi Honorio Huertas) che gli avevano affidato il compito di fiduciario per l'Italia. Racconta: «I miei "soci" contavano su amicizie fra le forze di polizia, fra i doganieri e anche nell' Avianca, la compagnia di bandiera colombiana sui cui aerei era facile imbarcare grossi quantitativi di cocaina diretti in tutta l'Europa». Il giudice Parenti, che ha coordinato le indagini sul traffico internazionale di droga, afferma: «Gli uomini del "cartello di Medellin e di Cali" non si limitano a gestire il traffico della cocaina prodotta in Colombia. Hanno in mano anche la commercializzazione della droga prodotta in Perà e in altri Paesi del Centro America». Prosegue il giudice: «L'atavica miseria dei contadini colombiani costituisce un serbatoio inesauribile di mano d'opera per i trafficanti». Sono queste le condizioni che hanno permesso agli uomini di Pablo Escobar e Jorge Ochoa di «dichiarare guerra» al governo di Bogotà quando non sono più riusciti a condizionarlo con i politici e uomini al vertice delle forze armate, al loro soldo. Bruno Balbo