Un destriero come cura

Un destriero come cura Termina questa sera a Carmagnola la Mostra regionale degli equini Un destriero come cura Cavallo richiesto anche per turismo TORINO. Si chiama ippoterapia e sta dando risultati molto promettenti: è la cura dell'handicap mediante l'equitazione che, avviata da medici di avanguardia, si sta diffondendo anche in Italia. Si è parlato anche di questa nuova funzione del cavallo durante la presentazione dell'ormai tradizionale Mostra regionale equina, che si concluderà stasera a Carmagnola, abbandonando la sede della Mandria. La scelta non è stata casuale: nella cittadina della piana torinese si svolge ogni mese una fiera-mercato che si va affermando sempre più. Alla Mostra sono abbinati un concorso ippico nazionale, esibizioni di cavalieri ed una dimostrazione di mascalcìa. «Anche in Piemonte — sottolinea Paolo Taretto, presidente di sezione dell'Arap — l'allevamento del cavallo da sella è in pieno rilancio; aumentano ogni anno gli appassionati che si in¬ teressano a stalloni, fattrici e puledri». Le ragioni della ripresa di interesse verso il settore equino sono legate solo in parte al fiorire di competizioni e concorsi, di cui il più celebre è indubbiamente il Palio di Asti. Si sta invece registrando un notevole sviluppo dell'equitazione di campagna, che ha fatto moltiplicare scuderie e maneggi. Al contrario, l'allevamento classicamente inteso è poco redditizio. Anche se non mancano gli studi che indicano per il cavallo agricolo multiuso, rustico e buon pascolatore, un ruolo importante nel recupero e valorizzazione dei terreni marginali. Pertanto, mentre il settore sportivo rimane circoscritto ad un ambito altamente specializzato, per i cavalli da carne si deve ricorrere all'importazione. Nel 1988 abbiamo acquistato all'estero ben 130.000 capi. «I nostri maggiori fornitori rimangono i Paesi dell'Est europeo — dice Mario Buri, direttore dell'Associazione regionale allevatori — che riescono, grazie all'allevamento estensivo, a produrre a costi bassissimi». Forse è proprio per la mancanza di un prodotto nazionale che i consumi di carne equina in Italia rimangono relativamente bassi, attestati su poco più di un chilo annuo prò capite. Eppure si tratta di un alimento di buon valore nutritivo, ricco di glicogeno e da sempre usato come eccellente antianemico. La carne equina, infatti, si può mangiare tranquillamente cruda, nonostante i timori suscitati anche in Italia da alcuni sporadici focolai di trichinellosi, parassitosi tipica dei selvatici e dei suini allevati allo stato brado ed osservata anche nei cavalli importati. Mario Valpreda

Persone citate: Arap, Mario Buri, Mario Valpreda, Paolo Taretto

Luoghi citati: Asti, Carmagnola, Italia, Piemonte, Torino