I giornali inglesi droga libera di Mario Ciriello
I giornali inglesi: droga libera I giornali inglesi: droga libera «Ilproibizionismo è destinato alfallimento» LONDRA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Il ministro degli Interni Douglas Hurd ha sfoderato parole di fuoco. La legalizzazione delle droghe? «E' una proposta fatua, pericolosa. Difenderebbe, in tutta l'Inghilterra, morbi fisici e morali, sarebbe causa di squallore e di abiezione». L'attacco lanciato ieri da Hurd, a un convegno conservatore, a Derby, era in realtà un contrattacco. Obiettivo? La stampa, che ha accolto freddamente la «crociata» del presidente Bush ed esorta le autorità in tutti i Paesi a depenalizzare l'uso di tutte le droghe. All'estero, ha fatto impressione l'articolo di fondo sull'Economist, della settimana passata. L'alta reputazione della rivista, la vistosità dell'editoriale, il suo tagliente linguaggio hanno colpito i lettori d'Oltremanica e d'Oltreatlantico. Ma non era una battaglia solitaria, quella dell'Economist. Vi sono eccezioni, ovviamente, ma la schiera degli organi pro-legalizzazione è impressionante: e include l'Independent, il Times, perfino il Financial Times. Anche il brillante settimanale Spectator sembra favorire questa soluzione. In un altro Paese, una bordata tanto fragorosa avrebbe attizzato polemiche furibonde. Non qui, dove l'influenza della stampa è blanda e si manifesta, nel tempo, più con le sue informazioni che con le sue opinioni. (In questa nazione anti-intellettuale, i giornalisti hanno uno status modesto, non godono né degli ossequi né dei privilegi elargiti ai colleghi euroamericani. Ed e uno status che non desiderano mutare, perché dà loro indipendenza verso il potere in tutte le sue forme). La stampa spara, dunque: e, a difesa della propria tesi, ricorda che, da quasi vent'anni, tutti i presidenti americani hanno dichiarato guerra alla droga. Una guerra unwinnable, che non si può vincere. Una «missione impossibile», come l'ha definita l'Economist, che sostiene: «Fin quando la gente spenderà soldi per un fremito di piacere, il proibizionismo non avrà effetto... E un qualsiasi proibizionismo, con il suo inevitabile fallimento, è destinato a rendere ancora più proficuo per i criminali e più pericoloso per i clienti quello che già è un traffico nocivo». Cosa propone l'Economist? «Si abroghino le leggi che vietano il commercio della droga; le si sostituisca con controlli, con tasse, con disincentivi. Fino a quando non s'imboccherà questa strada, il massacro negli Stati Uniti e la distruzione della Colombia continueranno. Sarà poi la volta dell'Europa». Nel suo articolo di fondo, l'Independent afferma che la strategia pro-depenalizzazione raccoglie consensi sempre più vasti, ovunque. Cita le conclusioni di un recente studio del Cato Institute di Washington, secondo cui «è il proibizionismo che criminalizza i consumatori», e dichiara: «E' giunto il momento per l'amministrazione Bush e gli altri governi occidentali di prendere in esame qualche forma di vendita legittima delle droghe, vendita che priverebbe gli spacciatori del loro mercato e costringerebbe i tossicomani a sottoporsi a terapie». Il Financial Times loda le intenzioni di Bush, ma giudica con ironia il divario tra l'incandescente «retorica» e gli smilzi stanziamenti: «Il presidente tenta di spegnere con un innaf¬ fiatoio l'incendio di una foresta». E la «questione morale»? Fino a qual punto è lecito criminalizzare un consumatore? A giudizio del Financial Times, «neppure l'attuale isterismo tollererà un prezzo troppo alto»; prima o poi, «le conseguenze per le libertà personali diverranno chiare». Non basta. La droga perde terreno negli Usa, la borghesia s'è impaurita, 11 consumo è circoscritto sempre più ai ceti poveri. Nell'85, 12 milioni di americani usarono cocaina, 29 milioni marijuana e hashish, 37 milioni droghe «illecite» di ogni tipo. Nell'88, le cifre erano scese a 8 milioni, a 21, a 28. Oltre alle proprie opinioni, i giornali offrono i pareri, pro-legalizzazione, di illustri americani. Il Times, ad esempio, pubblica su mezza pagina un articolo di Peter Bourne, special assistant di Carter nella lotta contro la droga. Si legittimi la droga, ovunque, sostiene Bourne, nei Paesi produttori e nei Paesi consumatori: e si crei negli Usa una struttura medicosociale per educare ed assistere i tossicomani, invece di punirli. Mario Ciriello
Persone citate: Bourne, Bush, Douglas Hurd, Hurd, Peter Bourne
Luoghi citati: Colombia, Europa, Inghilterra, Londra, Stati Uniti, Usa, Washington
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