Sindone, nuova traccia
Sindone, nuova traccia Cadute due ipotesi: né pittura né impronta di unguenti Sindone, nuova traccia «Sul lino un negativo magnetico» PARIGI DAL NOSTRO INVIATO Alla fine, tutti d'accordo: sulla Sindone più si indaga, meno se ne capisce. Il simposio che si è concluso ieri e che ha radunato al Centre Chaillot-Galliera, a pochi metri dall'Etoile, almeno 200 tra studiosi e cultori del problema, rilancia parecchi interrogativi, pone inquietanti dubbi a esperti di fama, lascia insoddisfatti quanti, per mestiere, sono abituati a dare risposte concrete a quesiti sottili. Rieccoci quindi insoddisfatti e scontenti ad ammettere che il test dello scorso anno è servito a complicare ancora di più l'indecifrabile avventura del reperto, o reliquia che dir si voglia, custodito nella cappella guariniana di Torino. Con la sensazione che, se qualcosa di nuovo emergerà in futuro, lo si dovrà ai fisici, ai chimici e sempre meno agli storici, ai filologi o agli esegeti. Ossia i cultori del concreto a tu per tu con l'enigma che spazia tra fantasia e sentimento: una bella sfida. E qual è l'enigma vero? L'ha illustrato Jonh Jackson docente di fisica all'università del Colorado: la Sindone presenta un'immagine che si è formata come se fosse stata sottoposta a fiotti di radiazioni che hanno seguito un andamento anomalo rispetto alle conoscenze che abbiamo di questo fenomeno. Con parole più modeste: i raggi, anziché procedere in diverse direzioni, qui hanno un andamento parallelo. Ma c'è dell'altro: si sa che la doppia impronta sindonica rappresenta un corpo umano che ha subito torture e ha perduto parecchio sangue. Ebbene: non v'è dubbio che vi sia, sul reperto, sangue umano, intero e coagulato (lo conferma Jackson, tracce le ha rilevate il professor Baima Bollone e così altri) ma sul tessuto la traccia si è formata, a differenze del corpo, per contatto. Ossia la Sindone testimonia la presenza di due fenomeni diversi: tracce ematiche formatesi per normale contatto ciel lino con il cadavere e i contorni netti del cadavere rimasti impressi come se dal corpo si fossero sprigionati fiotti di radiazioni. Il professor Luigi Gonella, del politecnico torinese, chiarisce: «Siamo in presenza di due meccanismi che hanno originato due differenti sistemi di immagine». Bel rebus. A cui va aggiunto un nuovo modo tecnico di leggere l'immagine sindoni- ca. L'ha individuato casualmente Giovanni Riggi rivedendo il «videotape» che documentava le operazioni di prelievo dei campioni poi sottoposti al test del C14. Dice: «Un'altra osservazione di indubbio interesse emersa durante le riprese video, è che l'immagine non risulta essere come finora sostenuto, un negativo fotografico, bensì un negativo magnetico poiché, come si è potuto constatare nel filmato, il nastro magnetico propone una perfetta inversione cromatica, ma non una inversione dell'immagine. La fotografia invece inverte sia le parti cromatiche, sia la posizione». Un piccolo, ma significativo tassello in quella mappa ancor tutta da disegnare che è la Sindone. Le osservazioni di Jackson e di Gonella restringono il campo delle probabilità sulla formazione delle impronte sindoniche. Eliminano intanto l'ipotesi che si tratti di una pittura. Potrebbe essere magari la copia non dipinta di un originale dipinto?. Da escludere quasi al cento per cento: perché lo stile della immagine sindonica non ha nessuna attinenza con la pittura o l'arte medievale. Nello stesso tempo esclude che tutta l'immagine sia stata originata dal contatto del tessuto con un corpo cosparso di aloe e di mirra o di unguenti aromatici, come da anni tenta di dimostrare il pediatra siracusano Sebastiano Rodante sulla scia degli esperimenti fatti in passato da Romanese. Perché? Perché sulla reliquia torinese non sono state rinvenute sedimentazioni. C'è anche chi, senza mezzi termini non crede alla efficacia della datazione con il CI4. E' Marie Claire Van OosterwycGastuche, archeologa già consulente del museo dell'Africa Centrale del Belgio: elenca almeno una dozzina di casi in cui i laboratoristi hanno preso clamorose cantonate. Dice: «Una datazione isolata dal contesto archeologico non è sufficiente a definire l'età di un reperto». Ma i tecnici ribattono che le metodologie attuate dai tre laboratori a cui furono affidati i campioni di tessuto sindonico non ammettono dubbi. Possono i ricercatori aver manipolato i campioni? No e per lanciare accuse in tal senso occorre avere prove certe o dimostrare il contrario di quanto hanno sottoscritto i laboratoristi. Altrimenti è calunnia gratuita. Al di là della datazione, consola sapere che l'avventura continua: alla ricerca dell'uomo della Sindone. Pier Paolo Benedetto L'immagine del volto impresso sulla Sindone conservata a Torino
Persone citate: Baima Bollone, Giovanni Riggi, Gonella, Luigi Gonella, Marie Claire Van Oosterwycgastuche, Pier Paolo Benedetto
Luoghi citati: Africa Centrale, Belgio, Colorado, Jackson, Parigi, Torino
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