Traffico d'armi, il Sismi sapeva

Traffico d'armi, il Sismi sapeva Altri otto mandati di comparizione per il materiale bellico venduto a Iran e Iraq Traffico d'armi, il Sismi sapeva Indagini sull'ambasciatore a Strasburgo VENEZIA. Il giudice istruttore Felice Casson ha inviato otto mandati di comparizione nell'ambito dell'inchiesta sulla cessione di armi a Iran e Iraq, Paesi per i quali vige l'embargo. I provvedimenti riguardano quattro alti ufficiali dello Stato Maggiore, tre funzionari del Sismi e un mandato ha raggiunto perfino Strasburgo, sede del Parlamento europeo: destinatario l'ambasciatore plenipotenziario della Farnesina Umberto Toffano. L'accusa è di aver permesso, nelle loro vesti di componenti del Comitato speciale interministeriale, la «triangolazione» di armi destinate a Francia, Malaysia e Portogallo, verso i due Paesi in guerra. L'inchiesta nel suo complesso si occupa'di una partita di missili, granate e spolette per una cifra che sfiora i duecento miliardi di lire. Ora, i nuovi mandati di comparizione riguardano, dunque, oltre al diplomatico, il presidente di quel Comitato speciale, gli alti ufficiali Carlo Blandino Vittorio Zardo, Ezio Pagani e Paolo Mossenta, e i tre funzionari del Sismi Emilio Battiati, Emilio Migliozzi e Giuseppe Grignolo. Ci sono ben otto sedute del Comitato messe sotto inchiesta, dal giugno del 1984 al maggio del 1987. Le aziende produttrici delle armi interessate a quelle sedute sono le Erber di Torino e la Re- mie di Rosa di Vicenza, di uno stesso proprietario, Ermanno Bertoldo e dèlia moglie Cristina Coda. Secondo il magistrato, una conferma che quelle armi si sapevano destinate non ai tre Paesi ufficiali viene dal fatto che — come scrive lo stesso giudice — «il materiale d'armamento di vario calibro indicato nei varbali delle sedute citate non poteva essere utilizzato direttamente in quei Paesi perché sprovvisti delle relative armi». C'è anche un altro aspetto della vicenda che inquieta Casson: il fatto che di questa circostanza non siano stati informati gli altri membri del Comitato, tredici persone, che il magistrato ha dunque prosciolto per es¬ sere state «indotte in errore». Il Comitato è l'organo collegiale perfetto che esprime pareri obbligatori e all'unanimità prima dell'intervento del ministro del Commercio con l'estero. Ed è dovere dei rappresentanti dei ministeri degli Affari esteri, della Difesa e del Sismi, all'interno del Comitato, accertare e riferire agli altri membri (Interno, Finanze, Industria, Sisde). Il giudice istruttore ne ha avuto conferma dallo stesso ministro delle Finanze Rino Formica, autore quando era al Commercio con l'estero della circolare dell'86 che disponeva questo accertamento minuzioso per ciascuna richiesta di esportazione di armi avanzata dalle imprese italiane. Questo non è che un nuovo capitolo dell'inchiesta che l'Ufficio istruzione veneziano aveva avviato due anni fa e che riguarda ormai sette industrie che fabbricano armi: la Erber e la Remie, e inoltre la Consar e la Sea S.r.l., filiali torinesi della Luchaire che è un'impresa di Stato francese, direttore e amministratore Mario Appiano; la stessa Luchaire, amministrata da Daniel Devvavrin e diretta da Guy de Narbonne, infine, per una vecchia partita di spolette, la Junghans di Venezia e i suoi dirigenti Giovanni Maria Valli, Carlo Brandolini d'Adda e Carlo Facchinetti. Alcuni dirigenti e proprietari di quelle im¬ prese erano stati anche arrestati. Ma i primi nomi importanti toccati dall'inchiesta arrivano appena nel giugno scorso: si può dire l'intero vertice della Banca Nazionale del Lavoro, il presidente Nerio Nesi in testa,, e poi i due direttori centrali che si sono alternati negli ultimi anni, Giacomo Pedde e il suo predecessore Luigi Carini, il responsabile dell'Ufficio pubbliche relazioni - Rapporti con l'estero per la sede di Torino, Bruno Ginella, il responsabile dell'ufficio estero sempre di Torino, Piero Stampi. Anche per tutti loro — a giugno — mandati di comparizione, indiziati di avere partecipato all'esportazione di armi verso l'Iran rilasciando garanzie di rimborsi e di buona esecuzione del contratto, aperture di credito, oltre ad altre operazioni finanziarie bancarie e commerciali «indispensabili — dice il mandato — ai fini dell'adempimento e dell'esecuzione del contratto di compravendita di materiale bellico che si sapeva essere illecito, risultando quale destinatario finale effettivo uno Stato diverso, l'Iran». Tanto più che avevano beneficiato di quella copertura tre banche iraniane, la Bank Sepah Iran con sede in Roma, la Bank Melli Iran con sede in Londra e Hong Kong, e la Vezarat Defa Iri con sede in Teheran. Mario Lollo