«E' mio figlio»

«E' mio figlio» «E' mio figlio» // superstite riconosciuto in tv PARMA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE «E' Luigi, è lui. Guarda, i capelli con i riccioli dietro la nuca, il petto, il mento sono i suoi...». Alle 22,30 di lunedì si riaccende la speranza nell'appartamento di Parma dove abita la famiglia Capalbo. Le immagini del telegiornale della notte mostrano un volto tumefatto, irriconoscibile ai più ma non ai familiari di Luigi, 22 anni, l'unico superstite dello schianto dell'Avana. Quel volto martoriato non è sconosciuto per la sorella Sara, 19 anni, non per il babbo Rocco, 55 anni, ex carabiniere del nucleo investigativo, né per la mamma Bruna. All'improvviso il dramma di un figlio dato per morto lascia spazio a una speranza. Dramma che la famiglia Capalbo ha vissuto nel chiuso di quattro stanze, con le notizie che si accavallavano al telefono, alla radio, in televisione. Era cominciato tutto alle 6,30 di lunedì. La signora Bruna, in ansia per il programmato arrivo del figlio, accende la radio. Il primo notiziario le dà un colpo al cuore: il charter da Cu¬ ba è precipitato. «Ancora però non sapevamo se si trattava dell'aereo su cui viaggiava Luigi, speravamo di no», racconta la donna. Poi la conferma arriva dal telefono. All'altro capo del filo c'è il fratello di Rocco Capalbo, Ferdinando, impresario edile emigrato a Vancouver in Canada. «Luigi mi ha chiamato domenica — dice con voce concitata — mi ha detto che avrebbe preso quell'aereo...». Per il signor Rocco è un colpo durissimo, uno choc. Poi lo spiraglio. Ma ieri, con le valigie pronte, pronto per partire alla volta dell'Avana, aveva ancora sul viso i segni dell'angoscia. «Finché non lo vedo non sono certo che sia davvero il mio Luigi», mormorava lasciando la sua casa diretto alla Malpensa. Eppure era già arrivata la conferma della Farnesina: «L'unico superstite è Luigi Capalbo», ha comunicato verso le tre del mattino un funzionario del ministero degli Esteri. Una breve frase che ha riacceso le speranze di una famiglia già rassegnata. Dopo la telefonata da Van¬ couver, infatti, i Capalbo avevano smesso di sperare. C'era, è vero, un ultimo appiglio: la sorte di un unico sopravvissuto in gravi condizioni. Ma i comunicati della Farnesina e dei telegiornali lo descrivevano come un uomo dall'apparente età di quarant'anni, troppi per identificarlo con un ragazzo di 22. Nel pomeriggio la possibilità che fosse vivo sembrava essere sfumata. Rocco Capalbo e la moglie Bruna si erano ritirati nella loro stanza, chiedendo di non essere disturbati. Al telefono rimaneva la figlia Sara con amici e parenti. Alle 19 ha chiamato un amico di famiglia, dalla Calabria, dicendo che stava tentando di costruire un ponte radio con Cuba grazie ad alcuni radioamatori. Cominciava così una serie di chiamate, di tentativi, di ricerche della frequenza utile. Finalmente arrivava il collegamento con L'Avana. Nella capitale qualcuno si dava da fare per saperne di più sulla sorte di Luigi che a quell'ora, a Parma, ancora credevano morto. All'aeroporto «José Marti» venivano rintracciati due amici italiani con i quali all'Avana Luigi aveva trascorso qualche giorno. Questi si recano all'ospedale e riconoscono il compagno di vacanze. Sono quasi le 23, la tv ha già trasmesso la notizia che il sopravvissuto si chiama Luigi Capalbo. Al telefono l'amico calabrese fa rimbalzare a Parma la conferma da Cuba: «Sono andati all'ospedale e l'hanno riconosciuto. "Luigi", gli hanno detto, e lui ha mosso la mano perché aveva capito». Ieri il viaggio della speranza dei coniugi Capalbo, partiti dalla Malpensa alle 16,30 e arrivati nella notte all'Avana. Luigi era partito il 21 agosto con tre amici, suoi compagni di squadra nel «Baseball Colorno»: Ezio e Daniele Gandini e Marco Ollari, tutti morti nello schianto. Ora l'unico superstite del disastro è ricoverato in un ospedale dell'Avana, con ustioni di secondo e terzo grado su tutto il corpo, trauma cranico con commozione cerebrale e duplice frattura del femore sinistro. I medici lasciano poche speranze. Il primario del reparto ustionati, Luis Alberto Cuza, ha precisato che «il paziente si sta stabilizzando dopo la fase di choc»: i segnali vitali, polso, respirazione, stanno tornando normali. Ma Luigi non parla ancora, respira solo grazie ad un apparecchio di ventilazione polmonare. I medici temono le complicazioni che possono sopravvenire negli ustionati anche dopo i primi sette giorni dall'incidente. Valerio Varesi Luigi Capalbo, 22 anni, è nel reparto ustionati di un ospedale dell'Avana Dai medici poche speranze